
Attualità del “De vita beata”
Pare che molti cerchino o ricerchino una felicità, altri “la” felicità. Ne’ “La vita felice” di Lucio Anneo Seneca, il “De vita beata”, VII libro dei Dialoghi di Seneca, potremmo trovare un interessante spazio interiore nel quale confrontarci, per poi sperimentarci.
Lucio Anneo Seneca, un autore certamente non contemporaneo, come noto, morto nel 65 d.C. nella grandiosa Roma, riesce a parlare ad ogni generazione, in ogni tempo. Nell’opera “De vita beata” l’Autore ci dà l’opportunità di riflettere sulla ricerca della felicità senza atteggiamenti eclatanti ma nella semplicità della quotidianità. Seneca in questo spazio senza tempo che è la lettura ci fa riflettere sulla ricerca della felicità attraverso l’individuazione e l’esercizio costante delle virtù, nonché attraverso il dominio delle passioni affinché sia l’essere umano a dominare i piaceri, ad esempio, e non i piaceri a dominare l’essere umano.
Non voglio proporvi quest’opera di Seneca affinché la pensiate come lui, anzi, io mi sforzo sempre di tenere viva la libertà e di contribuire a rendere vivido il pluralismo nella concretezza quotidiana del confronto con le altre menti, distinte dalla mia e altrettanto uniche e irripetibili in ogni “qui ed ora” del vivere.
Voglio semplicemente consigliarvi di leggere Seneca, in modo critico, per confrontarvi – come ho avuto il piacere di fare io – con la visione di questo Autore. Voglio invitarvi in particolare a leggere “La vita felice” per meditare su come ciascuno di noi ricerca la felicità, su come ciascuno di noi ha il proprio eventuale approccio virtuoso alla vita, e su come ognuno di noi riesce o non riesce a dominare le varie situazioni nelle relazioni con le altre persone.
La lettura de’ “La vita felice” di Seneca è uno tra i tanti strumenti culturali per provare ad essere motori dialettici di autocoscienza sulla nostra visione del mondo, e quindi sulla nostra ricerca della felicità, sul nostro esercizio delle virtù.
Ciascuno, d’altronde, è libero di non ricercarla questa felicità: ne prendiamo atto e accogliamo le visioni di tutti.
Questo scritto senechiano è un’opera che ho letto una prima volta durante gli anni del liceo, una seconda volta alcuni anni fa, e ho voluto rileggerla una terza volta di recente, durante il periodo del c.d. lockdown per il COVID-19, anche per scrivere un pezzo intitolato “Dalle virtù ad una riedificazione personale e sociale: afungibilismo e sussidiarietà orizzontale”. In quel pezzo uscito nell’aprile 2020 su “Persona e Danno” ho invero citato un passo del “De vita beata”, riportando un appunto che avevo ideato qualche anno fa sempre a proposito dell’opera senechiana. La penna senechiana mai ha smesso di parlare al mio animo.
Ogni consiglio sul perseguimento degli equilibri interiori e socio-comportamentali può essere utile soltanto qualora quel consiglio riesca, anche attraverso i secoli e i millenni, a tener conto delle imprevedibili evoluzioni personali, storiche e sociali dell’essere umano nella personale ricerca della felicità. Ogni consiglio e ogni visione ha una valenza “per tutti” se l’animo che li dispensa dimostra pragmaticamente la capacità di non imporre la propria egoriferita esperienza, ed anzi di far respirare le esperienze di tutte e tutti attraverso l’esercizio liberale delle diverse coscienze.
Io ho una visione liberale, pluralista e accolgo le varie idee e concezioni di virtù, prendendone atto per dialogare e arricchire con l’esperienza la mia visione e, conseguentemente, la mia azione nella società.
Il mio invito, psicolibertario e sociodisalienazionista, è di confrontarci con Seneca per la capacità di argomentazione che quest’Autore ha dimostrato e dimostra di avere ancora agli occhi della contemporaneità. Attraverso lo spettro cronospaziale dei millenni, sulla cresta dell’onda della traditioletteraria, la sua opera e il suo genio sono pervenuti a noi, posteri e azionisti nel secolo che corre e scorre in divenire.
Nel video Luigi Trisolino parla del perché leggere Seneca