Se fosse candidato all’Oscar, ”Il Primo Natale”, il nuovo film di Ficarra e Picone, concorrerebbe nella categoria ”Sceneggiatura Non Originale”.

La trama, infatti, al medio cultore cinefilo italiano, non può non ricordare ” Non ci resta che piangere” di Roberto Benigni e Massimo Troisi. La scopa napoletana insegnata a Leonardo Da Vinci viene qui sostituita da una tombolata con i numeri romani, giochi natalizi vinti, chiaramente dall’Erode, Massimo Popolizio, risorto Mussolini in ”Sono tornato!”

Diretta dagli stessi  Ficarra e Picone, prodotta da Ezio Greggio e da Tramp Ltd., e distribuita da Medusa Film, la pellicola sembra nascere senza pretese, facendo da contraltare ad un Bambin Gesù cercato con insistenza, come refurtiva di un ladro da quattro soldi, o come massima aspirazione spirituale di un miracolo umanizzato dalla vis comica e mai volgare dei protagonisti, attenti, come sempre, a restare in equilibrio sul fil rouge del sacro e profano, netta separazione fra le brutture quotidiane e l’Anno Zero, in una Palestina anacronisticamente tormentata.

Una sedizione da guidare, tradimenti leciti e in buona fede, quella di un sacerdote, Valentino, alle prese con un presepe vivente testimoniato in prima persona, e quella di un manigoldo, Salvo, folgorato sulla via di Damasco da ottimi propositi e machiavelliche propaggini.

”Il Primo Natale” ha la leggerezza della profondità, apparentemente un passo indietro rispetto a ”Il 7 e l’8”, ”La Matassa”, ”Anche se è Amore non si vede”, ”Andiamo a quel paese” e ”L’ora legale”, ma, dopo un’attenta analisi, piacevole e progressivo intrattenimento di una commedia da fruire con tutta la famiglia.

In fondo, il Cinema è anche questo: l’utopica spensieratezza di un viaggio interiore la cui direzione è indicata dalle star o, per meglio dire, da una Stella Cometa!


Articolo precedenteVerecùndia
Articolo successivoCome se di ciascuno fossimo madre: un ricordo di don Tonino Bello
Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.