
Nel mondo c’è un grande bisogno di maternità: è nel volto dell’Altro l’etica della transumanza perché è allora che la navata del cuore si fa ventre di accoglienza oltre la differenza, contro l’indifferenza
Avviene così l’incontro sulla strada della Storia che deve incrociare l’umanità.
Lo ribadisce Papa Francesco, l’ha più volte affermato Don Tonino Bello, il “Monsignore ragazzino” descritto in maniera capillare e profonda dal prezioso Renato Brucoli, editore, giornalista pubblicista ma soprattutto suo fidato amico e collaboratore durante l’episcopato e dopo diffondendo la sua Testimonianza.
Oggi la strada del Natale ha un solo nome, Maria che “viveva sulla terra. Non sulle nuvole… I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose terrene. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava.”
Maria, innamorata della vita e capace di attesa e di accoglienza.
Maria, donna feriale e donna del terzo giorno.
In queste pagine Don Tonino, attraverso frammenti di memoria, continua a scalpitare, a interrogare, a sconvolgere ogni forma di schema e ogni certezza.
Il grande amore per la sua terra dove le cicale ancora fanno sognare al sole d’agosto e la rabbia per la terramara dell’alta Murgia, impastata di roccia e bestemmia.
Bisogna scegliere se vivere nella smemoratezza o farsi luogo di consapevolezza contro ogni forma di militarizzazione, di inquinamento.
La bellezza non è fatta di baratti e neppure di compromessi, nelle sue viscere il richiamo forte del primigenio invita a una concretezza contro ogni periferia di solitudini.
I poveri, gli ultimi, tutti coloro che vivono “lo sfratto dell’amore e dell’attenzione” sulla propria pelle, che trascorrono la notte all’addiaccio sotto il profilo silente delle stelle, richiedono prossimità e condivisione.
Don Tonino ha proposto l’immagine di una Chiesa “contemplattiva”, fatta di ascolto e partecipazione, di un impegno che fruga ogni corrispondenza, di angosce al fianco dei più smarriti “fino a sentire l’anima a brani”.
L’alba non solo deve disturbare il sonno ma svegliare intimamente la coscienza attraversando le ore col sorriso di chi si mette in gioco fino all’ultima fibra, “servo della Parola e signore delle parole”, mettendo da parte le titubanze, spostando le virgole, rigenerando la forza con l’anticipazione.
L’economia della salvezza passa necessariamente dal coraggio dei passi, dalla strenua difesa dei diritti civili e della dignità umana, dall’affaccio sulla speranza che deve accompagnare l’esempio, gli sguardi più profondi, più acuti.
Brucoli è parola integrale della sua Parola, è l’anima che non resta sulla soglia ma va a fondo stipando emozioni e comunicando la lieta notizia: per non essere soli bisogna spalancare gli spazi, sentire il cuore consumarsi, esprimere la gratitudine articolando l’amore.
La storia della salvezza si disegna sui pianerottoli dei condomini, nei volti concreti delle persone, nel farsi dono, nell’abbraccio chiaro senza mimetismi.
Don Tonino non si è rannicchiato, non si è piegato, è stato scomodo nella sua Verità, riconoscendo il Fratello, senza rifuggire dall’umanità infettata dall’emergenza di sopravvivere in mezzo alla guerra.
Come se di ciascuno fossimo madre, si è prodigato per i profughi albanesi giunti nel porto di Bari sulla Vlora, “la nave dolce appesantita da un indicibile carico di amarezza”.
“Sai, Renato, c’è stato un momento in cui ho visto meglio: non quella turba indistinta ma i volti dei giovani albanesi, uno per uno. Anzi non proprio loro ma le madri gravide al posto dei figli sul molo. E ho pensato: chissà quante carezze su quei ventri turgidi, quante tenerezze a levigarne la rotondità, quanti baci a benedire l’attesa…”
La scoperta dell’Altro: quale profezia più vera?
La teologia dovrebbe arricchirsi della riflessione su Dio madre.
E, se ogni uomo è un universo, non si può fare a meno della parresia, del parlar chiaro senza tentennamenti e senza paura.
Don Tonino ci ha insegnato che il linguaggio delle cose pulite, di quelle belle, bellissime è fatto di parola di fuoco, viva, solidale, pacifica.
Sono gli occhi immensi dei bambini a finanziare i valori umani e ad alimentare il companatico di tenerezza e giustizia. Gli adulti dovrebbero raccogliere gli scampoli della loro innocenza e trarne spezzoni di limpidezza.
La fede va manifestata e il cuore non deve essere una città al buio ma un cielo intessuto di luce che non si eclissa.
Don Tonino ci ha raccontato una vita fatta di cose essenziali, di pietre ruvide da accarezzare, di vestigia del passato da custodire, di incanti da fecondare.
Il sacramento della Presenza supera la soglia del verbalismo e si traduce in azioni fino allo struggimento.
In fondo l’Amore è Impegno, anche a caro prezzo. È crepuscolo di civiltà, è scala fra cielo e terra, è appartenenza.
Insieme è l’avverbio della comunione: bisogna ripartire di qua, dal sogno di una famiglia umana coesa e solidale nella speranza di abbandonare per sempre i sottani umidi e malsani della disperazione.