DI CHIARA ZACCARDI
Forse perché l’amore val di più di un’intera parola che frana addosso con tutta la sua verità.
Forse perché a volte può sembrare marcio anche se non lo è. L’amore deve seguire la sua natura e liberarsi da ogni pregiudizio.
Non è mai uno scherzo seppur nell’attimo dell’indecisione. Non è mai uno sbaglio seppur tende a scivolare fuori come un trauma.
Non è mai uno strappo anche se scortica la pelle viva del cuore scrutando dentro le differenze a cercare somiglianze.
L’amore è il tutto che avvicina due corpi e due anime.
Mi piace introdurre così l’interessantissimo romanzo “Il mio tutto” edito da Bibliotheka Edizioni e scritto da Chiara Zaccardi, laureata in Giornalismo e cultura editoriale con diverse pubblicazioni in attivo.
La storia si apre con un atto di bullismo ai danni di Davide (protagonista) da parte di alcuni compagni di classe nel bagno della scuola. Mentre il sangue sgorga e sulle facce degli altri c’è un misto di shock e preoccupazione, a sbiancare è Christian Montecchi (coprotagonista), «il ragazzo più popolare dell’istituto, il più famoso per i suoi trofei di nuoto, il più corteggiato per il suo aspetto, il più ammirato per i suoi voti. Il ragazzo perfetto, che tutti vorrebbero frequentare».
Davide Leoni si è trasferito da un’altra scuola ed è un anno più piccolo. È un tipo un po’ strano, che indossa jeans neri strappati sulle ginocchia, All Star basse e consumate e maglie dalle linee psichedeliche. Ha capelli castano scuri mossi e spettinati e una grande passione per il disegno.
Sa di essere gay e non si vergogna di mostrarlo agli altri anche se la notizia in famiglia ha scatenato l’inferno.
L’unico con cui ha qualche contatto in casa è il gemello Giorgio, uno che «al sabato sera si mette la giacca e le scarpe buone di papà. Non è ancora maggiorenne e si concia come un impiegato di borsa. Tiene i capelli corti e ordinati. Ascolta musica classica e i successi italiani che piacciono ai miei. Non beve mai alcolici e non fuma.» Intelligente, bravissimo a scuola, insomma il suo opposto. Giorgio lo considera «una specie di subnormale danneggiato» e ciò gli fa male.
L’autrice è molto brava nella caratterizzazione dei personaggi delineando ben bene anche la loro interiorità che emerge pian piano nella narrazione dei fatti.
Gli sguardi di Davide e Christian si incrociano sin da subito. Per Davide è amore a prima vista, per Christian, dichiaratamente etero, una specie di smania inspiegabile.
Può essere l’amore un supplizio per l’inferno? Può annientare tutte le certezze e aggredire e sciorinare silenzi fino a far male? Fino a calpestare l’altrui dignità pur di negarsi?
Il percorso verso l’autoaccettazione è un labirinto intricato soprattutto quando agli occhi della gente l’immagine di sé è completamente diversa.
Davide è mingherlino ma la sua tempesta di emozioni è una cancrena da cui filtrano spiragli di luce accecante, la stessa che non sa neppure di possedere. Per il padre la pittura è roba da donne e dovrebbe sempre star zitto in sua presenza, eppure le sue mani sono capaci di tirar fuori schizzi di ammaliante bellezza.
L’arte è un salvagente quando il resto del mondo rema contro. Non ci si innamora mai per caso, accade per lasciarsi stupire, per proiettarsi oltre i toni scuri in un grido liberatorio.
L’amore è un tumulto in divenire, una connessione da cercare continuamente, una nuova partenza, una sfida in un caos completo.
Christian, sempre più inquieto e impaziente, fruga dentro di sé e avverte una profonda inquietudine. Davide è una risposta da cercare, uno da svilire con la sua cricca di amici idioti e abbracciare al contempo. È il desiderio che si fa strada, che lo fa ansimare e restare secco dalla paura, è un istante fulmineo che gli infiamma il cuore e la testa. È il bacio più veloce, più affamato che lo fa sussultare dalla sorpresa.
L’amore, quello vero, non è un brusio che si può mettere a tacere, scioglie i muscoli e fa formicolare il corpo, è l’imbarazzo di esporsi soffiando fuori tutta l’amarezza.
Fra i vari tira e molla il traffico dei pensieri conduce solo da una parte: i lividi più grandi sono quelli di chi vuole nascondere la propria inclinazione ma è l’attimo in cui si resta senza fiato che dà sostanza ai sentimenti riconoscendoli.
Il cuore è un gran maestro e non sbaglia un colpo. Gli occhi piantati negli occhi, l’amore fatto come se fosse la prima volta, la musica che dà ritmo all’attesa, la perplessità di lasciarsi andare e tornare a ridere contro tutto e tutti.
L’amore è l’anticipo delle carezze e dei baci sognati, senza compromessi, senza fare scandalo, in un modo totale.
L’autrice c’insegna che le cose belle hanno bisogno di occhi pronti per guardarle. L’omosessualità non è una malattia e neppure un’agonia. Certo, il pregiudizio uccide, traumatizza, allontana e in ogni incontro, se la vita esplode, deve farlo con meraviglia e stupore.
La scelta più semplice è quella di accettare perché nessuno abbia paura di non essere abbastanza e di non essere accolto per quello che è.
Yūgen è la parola giapponese da prendere in prestito: è la sensazione che proviamo quando ci sentiamo in comunione con l’universo e prendiamo consapevolezza del mistero del mondo che ci circonda.
Come l’amore che non sgualcisce mai quando ha il sapore dell’eternità. Qualunque esso sia!