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Il Garante per la protezione dei dati personali, comunemente detto “Garante Privacy”, è stato istituito nel 1996 con compiti di vigilanza sul trattamento dei dati personali. In Italia esiste il decreto legislativo n. 196/2003, cosiddetto “codice della privacy”, che disciplina i diritti dei cittadini e degli utenti nelle attività inerenti alla conservazione e trattamento dei dati personali, nelle varie tipologie di dato, dal più al meno sensibile.
Recentemente il c.d. codice della privacy è stato oggetto di una modifica ad opera del decreto legislativo n. 101/2018. Il Garante viene definito come una autorità di controllo indipendente e come addetto a sorvegliare l’applicazione della normativa di riferimento e ad agevolare la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione europea. A tal proposito è importante la recente normativa eurounionale di cui al reg. UE 2016/679.
La privacy è direttamente connettibile con la fondamentale dimensione costituzionale della libertà personale di cui all’art. 13 della Carta costituzionale italiana. L’art. 13 al primo comma sancisce che la libertà personale è inviolabile. Al secondo comma che non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione) e nei soli casi e modi previsti dalla legge (riserva di legge). Soltanto in casi di necessità ed urgenza – indicati tassativamente dalla legge – l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti di carattere provvisorio, i quali devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria. Se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore – ci dice la Costituzione – si intendono revocati e restano assolutamente inefficaci.
Questo articolo 13 ha una radice storica importante nel principio di habeascorpus, tracciato nella Magna Carta inglese di Giovanni senza terra. Quest’ultima nel 1215 sanciva che “Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, multato, messo fuori legge, esiliato o molestato in alcun modo, né noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo di farlo ad altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del regno”.
La privacy a livello costituzionale italiano odierno, invero, è strettamente connessa alla dimensione della tutela forte del domicilio, di cui all’art. 14 della Carta costituzionale. Quest’ultimo sancisce che il domicilio è inviolabile, e che non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge, secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Anche la questione della tutela della privacy attraverso la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza, nonché della comunicazione in generale, è direttamente coinvolta all’interno della sfera della privacy. L’art. 15 della Costituzione italiana sancisce che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili, e che la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Privacy è intimità, privacy è libertà, privacy è personalità. E la libera intimità personale è un crinale molto delicato.