Regolato dal dl Gelli-Bianco del 2017, il diritto alla salute ed alla sicurezza delle cure è vexata quaestio nel delicato rapporto fra personale sanitario e paziente. A parlarcene è l’avvocato Nicola Fucci, specialista in diritto sanitario., consulente legale AOGOI e CIMO.FESMED.
Salve, Avvocato. Perché il tema della responsabilità sanitaria continua a destare così tanta attenzione e preoccupazione?
La responsabilità sanitaria, sia in ambito giuridico che bioetico, è argomento sempre attuale ed in continua evoluzione, nel quale si fronteggiano costantemente l’esigenza di tutelare i diritti e gli interessi costituzionalmente garantiti del paziente (quali la vita, l’integrità psico-fisica, etc.) e le sempre più complesse implicazioni sociali ed economiche, prima ancora che giuridiche, che l’aumento esponenziale del contenzioso riverbera sul sistema sanitario nel suo complesso.
Basti considerare, sul piano sociale, quanto sia mutato (o meglio, involuto) negli anni il rapporto tra il paziente ed il medico, un tempo improntato alla massima fiducia (cd. alleanza terapeutica), sicché la guarigione comportava sincera gratitudine nei confronti del sanitario, mentre l’evento infausto veniva imputato al triste evolversi della malattia. Con il passare degli anni, il progresso della scienza e delle cure ha elevato a tal punto le aspettative di guarigione che l’insuccesso della terapia medica non viene più accettato e comporta, nel comune sentire, l’automatica presunzione che qualche errore sia stato necessariamente commesso e, dunque, un responsabile debba sempre e comunque esserci.
Paradossalmente, l’emergenza pandemica sembrava aver portato con sé un rinnovato e tanto auspicato sentimento di fiducia, nei confronti dei medici, anzitutto, a cui abbiamo affidato le nostre vite. Ma questo inaspettato senso di solidarietà e di gratitudine si è prontamente scontrato con la dura realtà… ed è così che i nostri sanitari, dapprima considerati “Eroi” quando durante le fasi iniziali della pandemia sacrificavano sé stessi combattendo in prima linea questo terribile male, si sono tramutati poi in “Untori”, responsabili per la diffusione del contagio e, conseguentemente, colpiti da richieste risarcitorie.
È questo che ha portato alla esplosione della cd. medicina difensiva?
Proprio così. In questo contesto, alla crescita delle conoscenze nella scienza medica e del conseguente miglioramento delle prospettive di guarigione si è accompagnato l’aumento esponenziale del contenzioso da medical malpractice e la sempre più preoccupante espansione del fenomeno della c.d. medicina difensiva, nella sua duplice dimensione sia attiva che passiva. In particolare, nel caso della cd. medicina difensiva attiva, il sanitario è portato ad eccedere nella prescrizione di esami ed accertamenti diagnostici non per effettiva necessità, ma per il sol timore di incorrere in future ed indesiderate richieste risarcitorie da parte dei pazienti assistiti; si stima che tale eccesso di prescrizioni comporterebbe una spesa che oscilla tra i 12 e i 14 miliardi di euro all’anno, cifre che fanno temere per la stessa tenuta del Sistema Sanitario Nazionale, ma soprattutto ingenti risorse che vengono sottratte alla possibilità di assumere personale, di realizzare nuove strutture e acquistare nuovi dispositivi medici. Ma desta ancor più preoccupazione la cd. medicina difensiva passiva, che induce il sanitario ad astenersi dall’intervenire (soprattutto nelle situazioni di maggiore difficoltà e rischio), sempre per paura di incorrere in ipotesi di responsabilità da MedMal. È evidente dunque come, in entrambi i casi, la medicina difensiva riverberi gravi conseguenze per il Sistema Sanitario, per quanto concerne la quantità e soprattutto la qualità delle prestazioni erogate.
Nell’ambito della responsabilità sanitaria, quali sostanziali novità introduce la Legge 24/2017, meglio nota come Legge Gelli – Bianco?
La Legge, che troppo spesso viene erroneamente “ridotta” ad una riforma sulla responsabilità sanitaria, affronta probabilmente in maniera mai così approfondita una molteplicità di temi essenziali e ben più ampi, quali la gestione del rischio clinico a livello nazionale e regionale, le Linee Guida elaborate dalle società scientifiche, la natura della responsabilità della struttura e del professionista, la conciliazione obbligatoria, le tutele e gli obblighi assicurativi (dall’azione diretta alla clausola cd. “claims made”), l’istituzione del Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, la disciplina normativa relativa alla nomina dei consulenti dei Tribunali.
Proprio nel dichiarato intento di arginare la medicina difensiva, la Legge n.24 del 2017 ridisegna sensibilmente i contorni della responsabilità in ambito sanitario, cercando, da un lato, di ridurre l’area della responsabilità civile del medico e di alleggerirne la posizione processuale e, dall’altro, di porre la struttura sanitaria come riferimento diretto ed immediato di tutte le richieste risarcitorie, obbligata a rispondere per tutti gli eventuali danni cagionati ai pazienti dal personale e dai professionisti di cui a qualunque titolo si avvalga.
Sotto il profilo penale, attraverso l’introduzione di una nuova disposizione nel codice penale (art.590-sexies c.p.), viene “ridisegnata” la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario: viene eliminata e superata la graduazione della colpa (lieve o grave), mentre le ipotesi di esclusione della responsabilità restano limitate alla sola condotta imperita; diversamente, il sanitario continuerà a rispondere per negligenza ed imprudenza.
Infine, attraverso l’introduzione di nuovi istituti (quali il Fondo di Garanzia, la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, l’azione diretta nei confronti della compagnia assicurativa, etc.) viene a delinearsi un sistema nel quale, nonostante la limitazione della responsabilità penale dei sanitari e l’alleggerimento della loro posizione processuale nei giudizi di risarcimento danni, la tutela risarcitoria per i danneggiati dall’attività sanitaria può dirsi per vari aspetti certamente ampliata.
Cosa si intende, esattamente, per “risk management”?
Una delle novità più rilevanti della Legge, spesso erroneamente sottovalutata, risiede proprio nell’art.1, ai sensi del quale: “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività”. In altre parole, viene ad ampliarsi la portata del Diritto alla Salute (come sancito dall’art.32 della Costituzione), oggi da intendersi non solo come “diritto alle cure”, ma anche e soprattutto come “diritto a ricevere cure sicure”.
E sempre a proposito di sicurezza delle cure, la Legge chiarisce espressamente che essa si persegue mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative. È questo, dunque, che deve correttamente intendersi per “risk management”, la cui rigorosa osservanza è oggi imposta dalla Legge anche attraverso la creazione di un vero e proprio sistema di gestione del rischio clinico, articolato su tre livelli (aziendale, regionale e nazionale), che rappresenta senza dubbio la migliore risposta alla necessità di ridurre gli eventi avversi, i loro costi e il nocumento del contenzioso medico-legale.
Volendo trarne un bilancio?
Trarre un bilancio a distanza di ormai oltre cinque anni dall’entrata in vigore della Legge è, in realtà, piuttosto complesso, anche in ragione del fatto che una fondamentale parte della stessa, quella relativa agli obblighi assicurativi, ancor oggi non è entrata in vigore.
Come è normale che sia, nell’ambito di un provvedimento ampio e complesso, frutto di una dialettica sempre viva tra tutte le parti interessate, vi sono aspetti positivi e altri meno convincenti. Resta ferma l’improcrastinabile necessità di ricreare gradualmente un clima di maggior serenità e di fiducia nel rapporto tra il sanitario e il paziente, con l’auspicio che la nostra attenzione possa ben presto spostarsi dal concetto accusatorio di responsabilità sanitaria, a quello più solidale di sanità responsabile.