
Avrei voluto una gioventù più serena e equilibrata…
I festini da paura: con i miei amici “di sballo”, arrivati al sabato pomeriggio, ci organizzavamo per il rave della sera. Quindi facevamo rifornimento della nostra cassa di birra e delle nostre immancabili bottiglie di vodka, per risparmiare e non acquistarle nel locale, perché ovviamente a noi piaceva esagerare e per poter affrontare sia la serata che l’hangover mattutino.
Di solito questa era la spesa delle bevande per 4 persone e le bevande erano messe dietro il cofano, nel frigorifero che di solito si porta al mare, e ci mettevamo il ghiaccio per tenerle fresche.
Ovviamente, già dal pomeriggio, durante la spesa, eravamo già brilli; tra qualche spinello e qualche birra doppio malto, eravamo già belli euforici.
Quindi, dopo la doccia ed essendo usciti, eravamo pronti per la serata. Il nostro primo pensiero, appena riuniti, era fare qualche striscia di cocaina. Noi lo chiamavamo “u rpegh”, sì, perché essendo già sballati dal pomeriggio e dovendo affrontare la strada per arrivare al rave, dovevamo abbassare lo sballo dell’alcol pomeridiano. Quindi, dopo una bella striscia a testa e qualche fermata in qualche bar del paese per qualche cocktail, eravamo pronti per andare a ballare.
Appena arrivati nel posto dove si svolgeva il rave, eravamo pronti per un’altra striscia di cocaina. Poi aprivamo il cofano e prendevamo qualche birra, sempre per stabilizzare lo sballo: né troppo tesi né troppo fiacchi.
Appena entrati in serata, verso mezzanotte, andavamo alla ricerca della nostra dose di MD (droga sintetica che fa ballare). Quindi, appena sciolta in acqua, si passava a giro tra il nostro gruppo.
Appena presa, entravi in un altro mondo: più era forte la musica, più stavi bene; l’unica cosa che volevi era ballare e bere senza fermarti.
A metà serata, verso le 4:00 o le 5:00, era l’ora di provare la ketamina (sempre droga sintetica da inalare tramite il naso) per amplificare lo sballo di tutto quello assunto fino a quel momento.
E quindi, dopo la nostra striscia, e con le nostre bottiglie in auto a nostra disposizione, eravamo pronti per l’hangover mattutino. Eravamo a palla, praticamente. Il sole sorgeva e così, fino alle 14:00 della domenica, continuavamo a ballare sotto le casse.
Al momento del rientro, eravamo inguardabili, fatti fino all’estremo. La nostra unica preoccupazione era che dovevamo tornare dalle nostre famiglie in quelle condizioni. Ovviamente, prima di uscire, trovavamo scuse del tipo “dormo da un amico, torno tardi, non mi aspettate”, e di solito spegnevamo i telefoni, perché in caso di qualche chiamata di un familiare, non eravamo in grado di rispondere; eravamo troppo alterati dalle sostanze. Poi c’era il problema del ritorno di chi doveva guidare: in quelle condizioni eravamo un pericolo.
Questi erano i nostri sabati, noi li chiamavamo i rave da paura.
Oggi, ormai ho 40 anni e ne sono fuori grazie a un lavoro psicologico durato anni. Da sobrio penso a quanto siamo stati ingenui, quante volte abbiamo rischiato la vita, quanto tempo abbiamo sprecato. Potevamo goderci la gioventù divertendoci in modo più sobrio e normale. Invece, abbiamo preferito rovinarci e dare preoccupazione ai nostri familiari. Tutto parte dal provare, e poi senza rendersene conto entri in un vortice senza fine, fino a quando non si tocca il fondo.
Grazie a Dio, oggi sono risalito e ho abbracciato uno stile di vita sobrio.
Però, con il rimpianto che avrei voluto una gioventù più serena e equilibrata…
Siamo noi padroni del nostro destino.
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