A 33 anni dalla operazione Al-Anfal

I mesi di marzo e aprile sono due mesi dolorosi e tristi per la popolazione curda, in particolare per i curdi del Kurdistan dell’Iraq.

Infatti, tra marzo e aprile del 1987, 182.000 curdi (donne, bambini, uomini, malati e disabili) furono deportati, messi in fila, fucilati e sepolti nell’immenso deserto tra l’Iraq e l’Arabia Saudita, con l’obiettivo di sterminare la popolazione curda in Iraq. Questo genocidio fu chiamato operazione Al-Anfal.

La famigerata operazione Al-Anfal prende strumentalmente il nome da una Sura del Corano. Al-Anfal significa letteralmente il bottino (di guerra).  Fu condotta personalmente dell’assassino e criminale Ali Hassan al-Majid, cugino di Saddam Hussein, che soprannominato Ali il chimico, colui che ordinò di bombardare la cittadina di Halabja con le armi chimiche nel marzo 1988.

Il conflitto politico culturale tra i governi della Turchia, dell’Iran, dell’Iraq e della Siria e la minoranza curda nel Paese ha una lunga storia alle spalle. La questione curda, per quanto ben caratterizzata e definita, non risulta del tutto comprensibile se astratta dal contesto nel quale si è sviluppata: quello della storia del Medioriente. Un legame che si è rinsaldato nello scorrere degli avvenimenti del secolo scorso: l’evoluzione dal sistema coloniale all’imperialismo moderno, la scoperta e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, le due guerre mondiali, i conflitti locali e la ‘guerra fredda’. Queste sono solo alcune delle problematiche che hanno fatto sì che la questione curda si possa considerare assai vicina alle vicende della storia europea.

Negli ultimi 30 anni i partiti curdi hanno indirizzato i loro sforzi di lotta, sia armata sia politica, non più, soltanto, contro le potenze, contro i singoli regimi repressivi dell’Iran, della Turchia, della Siria e prima dell’Iraq. La lotta per l’indipendenza ha assunto i connotati propri delle lotte di liberazione in corso anche in altri Paesi nel mondo, da parte delle minoranze oppresse.

Ma questa affermazione è solo in apparenza semplice: in realtà, spesso, per i curdi, è addirittura difficile individuare il proprio vero nemico, e questo dipende da numerosi fattori: ad esempio, il più delle volte, Paesi lontani dal Kurdistan, ma presenti sulla scena internazionale, formalmente approvano e sostengono l’indipendenza dei curdi, ma in sostanza appoggiano la politica repressiva dei singoli governi, spesso con aiuti economici ai vari regimi, nascondendo così le consuete dinamiche dell’imperialismo dietro un intervento indiretto, ma ugualmente efficace.

Non dimentichiamo che Il Kurdistan è ricchissimo di risorse naturali, in particolare il petrolio. Nel Kurdistan dell’Iraq viene estratto il 65% del petrolio iracheno, nella parte del Kurdistan turco c’è ferro, gas naturale, oro, carbone, alluminio, nel Kurdistan iraniano viene estratto il 35% del petrolio che esporta l’Iran. La zona è molto fertile per l’agricoltura e per l’allevamento del bestiame.

È per questo che gli Stati che governano il Kurdistan hanno praticato e tuttora praticano una politica coloniale di sfruttamento.

di Shorsh Surme


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Shorsh A. Surme è nato nel 1961 a Arbil, nel Kurdistan dell’Irak. Figlio di Aziz Surme, dirigente del Partito Democratico del Kurdistan negli anni Sessanta e Settanta, ha vissuto in patria il destino delle famiglie dei perseguitati politici. Diciotto anni fa si è trasferito in Italia, dove oggi lavora come giornalista per diverse testate nazionali. Prima responsabile culturale, poi, fino al 1998, presidente della Comunità curda in Italia, si è sempre impegnato per la diffusione della cultura del suo popolo in Italia ed è stato il direttore del periodico curdo «Hetaw». Fondatore dell’Associazione per i diritti del popolo curdo, è membro della Kurdish Cultural Society e della Kurdistan Translators Society.