La medicina non è il giornalismo e non lo sono i post di qualche social.

Sono solo parole. E non cambieranno nulla. C’è un vuoto da colmare, forse non ce ne siamo ancora resi conto: è come se occorresse sangue e il sangue diventasse la colla che unisce le coscienze sulla consapevolezza del dolore.

Noemi è tutte le ragazze del mondo. La sua morte è una dichiarazione di guerra morale e sociale alla civiltà del 2017.

Ve ne rendete conto? Cos’altro dovrà accadere perché lo stato di malessere generale che ha infettato noi uomini, sia considerato alla stregua di un reato contro la morale?

Il codice penale e tutte le altre norme non possono più garantire l’incolumità di noi popolo.
Chi deve legiferare e provvedere ai precetti e alle sanzioni come alle pene, ha un lieve pallore in volto… Ogni vittima potrebbe essere una figlia, un figlio, un fratello o una sorella.
Si sprecano parole. Si chiudono manette e si aprono le celle Delle carceri. Resta tuttavia il presagio che l’insensatezza e la follia si trasmettano come un virus da uomo a donna.
Cosa accade? Ci si azzuffa per una parola di troppo, per un parcheggio rubato, per una parola fraintesa, per rancori immaturi.

La medicina non è il giornalismo e non lo sono i post di qualche social.

Si combatte con le lacrime non con una poesia incollata.

E non ha pietà nessun dio, ne sono sicuro, sicuramente uno riderà di noi, della nostra capacità di essere bravi agnelli sacrificali.

Ha ucciso un qualcosa che fa di noi uomini i mammiferi più pericolosi del genere umano: l’insoddisfazione, la frustrazione, il malessere.

Ha ucciso una comunanza di persone che non riesce a convivere né ad accettarsi per ciò che è.

Ha ucciso il bisogno dell’uomo di prevalere.

Ha ucciso ciò che teniamo buono sinché possiamo.

Nessun dio ci ha abbandonato, noi gli abbiamo voltato le spalle perché non vedesse le cose di cui siamo capaci.

Ed è un dio anche il “libero arbitrio”.