Da studente ad insegnante. Giuseppe, come tanti altri, ha provato a saltare il fosso riuscendo, da un annetto, a diventare finalmente di ruolo. Una storia a lieto fine e senza ostacoli, direte voi. Non proprio, perché il trentenne Giuseppe Lomuscio è stato costretto a lasciare la Puglia per conseguire una cattedra a Pavia. Lontano, penserete ancora. Niente di più sbagliato, perché il prof. Lomuscio sperimenta la distanza quotidianamente, in ogni lezione, ad ogni esposizione fonetica ed iconografica della materia che traduce per i suoi alunni: il cinese. Odysseo, nella beata ignoranza poliglotta di chi vi scrive, ha chiesto a Giuseppe di descrivere derive e soddisfazioni di una mission sempre più in ascesa nei programmi ministeriali italiani.

Ciao Giuseppe. Da dove nasce la passione per l’insegnamento del cinese?

La passione per il cinese nasce, in realtà, da una passione ben più vasta che è quella per le lingue straniere: ai tempi dell’Università, durante la preparazione di un esame di linguistica storica e glottologia, mi imbattei nelle parole di Wilhelm Von Humboldt secondo cui la diversità delle lingue non è una diversità di suoni e segni, ma delle stesse visioni del mondo. Credo che nelle parole di Humboldt si possa trovare la risposta alla tua domanda: la passione per il cinese nasce dalla necessità, sentita, di conoscere il mondo con altri occhi, quelli di un popolo tanto lontano quanto vicino che è entrato nella nostra quotidianità. Allo stesso tempo, trovo che insegnare sia uno dei lavori più belli del mondo, non certamente il meglio pagato, ma senza dubbio uno dei più avvincenti e sfidanti benché all’occhio dei più, e forse per “colpa” di luoghi comuni imperanti e cattivi esempi della categoria, è un lavoro comodo per professionisti mediocri. Io, quando sono con i miei alunni, sento di avere di fronte a me delle tele bianche, ciascuna diversa dalle altre, sulle quali dipingere idee, espressioni e scegliere colori. Insegnare mi diverte e, a dir la verità, i miei alunni si sono sempre divertiti con me, raggiungendo ottimi risultati, amandomi e odiandomi.

Quali difficoltà potrebbero incontrare gli studenti nell’approcciarsi ad una lingua orientale?

Il cinese è una lingua completamente “altra” rispetto alle lingue europee a cui buona parte dei ragazzi è abituata. Una delle più grandi difficoltà risiede nella parte fonetica, sia per la presenza di suoni piuttosto difficili da articolare per noi italiani, sia per la presenza dei toni che complica le cose non solo nella produzione ma anche nella ricezione orale. A questo vanno aggiunti i caratteri, perché il cinese non è una lingua alfabetica bensì ideografica: gli studenti mettono a dura prova le proprie capacità mnemoniche e devono gestire la grande quantità di tempo richiesta dal cinese, con lo studio di tutte le altre discipline. Insomma, bisogna essere coraggiosi!

Grazie ad un concorso pubblico dello scorso novembre, sei diventato docente di ruolo di cinese, il primo in Puglia. Che genere di accoglienza riserva, secondo te, la nostra terra ad uno slang così, apparentemente, lontano?

La Puglia è, senza dubbio, meno “aperta” all’insegnamento di una lingua “non tradizionale” di quanto lo siano altre regioni come la Campania, il Veneto o la Lombardia dove l’insegnamento del cinese nella scuola, non solo nella secondaria, ma anche nella primaria, è stato avviato circa 10 anni fa. Mi spiace dirlo, ma buona parte della resistenza all’insegnamento di questa lingua proviene da colleghi docenti di altre lingue straniere che temono un eccessivo “successo” del cinese a scapito di altre lingue.

Dopo una breve esperienza al Liceo Linguistico De Sanctis di Trani, sei stato costretto ad accettare una cattedra a Pavia. Deluso o contento della gavetta?

In questi quattro anni di insegnamento al Liceo Linguistico De Sanctis di Trani sono molto cresciuto: ho incontrato splendidi alunni, colleghi preparatissimi da cui ho imparato davvero tanto e una dirigenza dinamica che mi ha dato molta fiducia. Ho stretto profondi legami d’amicizia e mi sono lanciato in molti progetti. Il concorso è stato veramente duro, eravamo circa 90 partecipanti e soltanto poco più di 20 candidati hanno superato le prove: è stato un anno faticoso perché la mattina ero a scuola, il pomeriggio ero impegnato nella preparazione delle lezioni, nella correzione dei compiti o nei numerosi incontri a scolastici, la sera studiavo fino a tardi per il concorso e spesso anche un paio d’ore all’alba prima delle lezioni. Lasciare Trani e la Puglia mi ha rattristato moltissimo ma, al contempo, sono felice per aver raggiunto un traguardo così importante. Finita una gavetta, ne inizia un’altra!

Attualmente, in Puglia, il cinese è curriculare solo a Trani, Maglie e Taranto. Che consiglio ti sentiresti di dare alla ministra Fedeli per implementare la conoscenza del mandarino?

La Legge 107/2015, quella de “La Buona Scuola”, ha molte storture e, a mio parere, andrebbe quasi stravolta in alcuni punti, tuttavia assegna un ruolo importante alle lingue straniere. Negli anni passati sono stati organizzati alcuni convegni al MIUR sulla didattica del cinese nella scuola secondaria di secondo grado, ma l’investimento è stato piuttosto misero. I quadri orari andrebbero rivisti e potenziati a favore delle lingue straniere, sia europee che extraeuropee. Sarebbe opportuno anche lavorare per la mobilità dei nostri studenti in Cina: in alcune scuole esistono partenariati e gemellaggi, ma è difficile portare avanti in maniera solida scambi e gemellaggi senza alcun supporto, soprattutto finanziario, da parte del MIUR.

Progetti futuri?

Le idee e i progetti sono tanti, ma adesso voglio concentrarmi su questa nuova esperienza e sui nuovi alunni da portare, già quest’anno, agli Esami di Stato.

Una promessa, però, possiamo strappartela? Che ne dici di aiutare, di tanto in tanto, i lettori di Odysseo ad entrare in quella “visione altra” che, stando alle parole di Von Humboldt, la conoscenza del cinese riserva?

Beh, questa è una domanda a cui è difficile rispondere di no. In effetti, avevo già intrapreso una mia collaborazione con Odysseo, ma poi sono stato assorbito dagli impegni di studio. Facciamo così: prometto che tornerò a farmi vivo!


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.