
…le vignette le lasciamo ad altri.
Lo sa bene “Charlie Hebdo”, il periodico satirico francese che nelle ultime ore si sta facendo un gran pubblicità. “Charlie Hebdo” è tristemente noto ormai a tutti, dopo i tragici eventi dell’attentato terroristico del gennaio 2015. Persero la vita 12 persone.
In quei giorni tutto il mondo si è immedesimato con i loro stati d’animo, profili facebook e monumenti nazionali che riportavano i colori della bandiera francese all’unico grido di “je suis Charlie“.
Oggi il giornale prende le sembianze di Charlie Brown e trasmette tutta l’ingenuità e la signorilità di un bambino di nove anni. Schulz lo rappresenta come un bimbo perdente e un testardo, che combina un pasticcio dopo un altro, vignetta dopo vignetta e tace solo quando ormai è troppo tardi.
Si può dare la colpa alla mafia o alla natura, indagare sulle colpe e parlarne ore ai telegiornali, ma non si può strumentalizzare l’accaduto per meri motivi di pubblicità.
Se è vero che la stampa come la satira devono far parlare secondo il motto “purché se ne parli”, è anche vero che vi sono alcune vicende per le quali il silenzio non è solo forma di rispetto, ma è doveroso! Ricambiare il cordoglio ricevuto è d’obbligo.
Le vittime del terremoto non chiedono nulla, né nomi di mafiosi, né ridicoli disegni. Solo silenzio e rispetto. Lo chiede la loro memoria, lo chiedono i sopravvissuti che cercano di andare avanti.
E ai sopravvissuti, anche loro feriti nella dignità proprio nel momento in cui sono più vulnerabili, vogliono solo voltare pagina e non imprimersi queste vignette ridicole.
Belle immagini per voltar pagina ne abbiamo qui a casa nostra, altro che fumetti. L’immagine è quella di un portiere della nazionale, che nella bolgia del San Nicola di Bari, zittisce i fischi dei soliti idioti durante l’inno nazionale avversario con un applauso, seguito dai compagni di squadra prima e dallo stadio intero dopo.
Gigi Buffon, non un disegno, ma un uomo in carne ed ossa, pronto a dare l’esempio come padre, come capitano, come italiano.
Abbiamo onorato i nostri avversari, guarda caso i francesi. Abbiamo perso, a casa nostra. Quello, però, è sport. La lezione di vita, l’abbiamo data noi!