Ricco, esuberante, a tratti sconcertante. Perché Donald Trump ha sconvolto il mondo diventando presidente degli Stati Uniti?

È più di un anno che sulla scena internazionale, ogni tg dedica almeno un servizio a Donald Trump, vincitore contro tutto e tutti della poltrona più ambita del pianeta.

Già dalle prime apparizioni nessuno gli avrebbe dato una sola chance di vittoria: quando dichiarava di voler alzare muri al confine tra Messico e Stati Uniti, di voler negare il visto di entrata ai musulmani che lo richiedevano perché ritenuti possibili terroristi, di volere un’America “di nuovo grande”. Tutto senza considerare che storicamente gli USA sono grandi, volendo glissare elegantemente sul periodo schiavista, grazie alle migrazioni di massa.

Qui da noi il primo accostamento quasi naturale è stato con Silvio Berlusconi e le elezioni del 1994. Ma mentre l’ex premier aveva dalla sua la forza di Publitalia, le reti Mediaset (allora Finivest) che spingevano per lui e un partito fatto apposta per lui e tutta una serie di giornali di proprietà che lo appoggiavano più o meno apertamente, Trump no. Ha avuto contro persino il suo partito, i giornali tra cui spiccano il New York Times e il Washington Post, le televisioni e persino le star di Hollywood. Ma ha vinto comunque.

Trump ha incanalato la rabbia degli americani medi contro Washington. Battendo sulla loro ansia per il presente e la paura del futuro. Ha parlato alla pancia e al dolore di chi lavora duramente nei campi di grano del Midwest, per poi fare i conti con la crisi economica che ancora attanaglia la classe media di imprenditori agricoli e operai di industrie delocalizzate. Così facendo, ha rivoltato come un calzino ogni convenzione comunicativa, facendo propri i proclami che sono stati di Orban in Ungheria, Le Pen in Francia e Salvini in Italia (gli immigrati), ma anche di Grillo (la presunta corruzione della classe politica – ha promesso di far arrestare Hillary Clinton) e di altri leader di partiti non convenzionali che si moltiplicano in tutta Europa.

Gli esperti pensavano che il reality show di Trump, la sua retorica volgare, i discorsi pieni di falsità e insulti lanciati in quasi tutti i settori della società americana – senza distinzione fra latinos, afro-americani, eroi di guerra, donne e musulmani – lo avrebbero squalificato dalla corsa alla presidenza.

Invece Trump ha battezzato la sua campagna come una moderna rivolta degli americani dimenticati, simile alla “maggioranza silenziosa” di Richard Nixon alla fine del 1960, sostenendo che il popolo è stato affamato di cambiamento e che solo lui poteva “prosciugare la palude” spazzando via la corruzione che regnerebbe sovrana a Washington.

Ha detto che avrebbe “cambiato la carnagione” della mappa elettorale – portando, con la sua retorica anti-commerciale, gli stati democratici del Midwest industriale nella colonna repubblicana. Fatto.
Ha detto che poteva insegnare ai repubblicani come battere la loro nemesi, i Clinton. Fatto.
Ha detto che i sondaggi avevano torto e che avrebbe tirato fuori una sorpresa da far impallidire il sondaggio sulla Brexit. E aveva ragione.

Si teme che le nuove regole comunicative e politiche di Donald Trump possano inaugurare un periodo di turbolenze globali e d’incertezza: per la Nato, per i mercati esteri e per gli americani che sono rimasti disgustati dal suo comportamento durante la campagna elettorale, e che guardano al futuro con profonda ansia.

Di certo la vittoria gli è stata resa più semplice dall’altra metà del mondo americano, il Partito Democratico, che ha contrapposto una donna che da 20 anni è sulla scena politica e che è stata al centro di numerosi scandali. Una donna forte, certo, ma agli occhi degli elettori sempre perdente: contro suo marito prima, contro Obama e ora con Trump. Simbolo di un establishment che Trump è stato pronto ad accusare di ogni malefatta possibile, pur di incarnare il modello di “nuovo che avanza”.

La domanda, ora che diventerà l’uomo più potente del mondo, con camera e senato a maggioranza repubblicana (dettaglio non trascurabile), è se Trump proverà a riscrivere le regole e le convenzioni del governo americano e del sistema internazionale, proprio come fondamentalmente ha riscritto le regole delle elezioni presidenziali americane.


4 COMMENTI

  1. Condivido il tuo giudizio su Trump, del resto applicabile ai successi elettorali in Europa delle destre xenofobe e nazionaliste. Però è arrivato il momento di fare un passo avanti e di non subire gli eventi.
    Anzi due, prima serve sperare che il Trump presidente sia più diverso possibile dal Trump candidato; su questo sono moderatamente ottimista: i tipi come lui più che dire ciò che pensano, si concentrano su cosa la gente su cui scommette la propria candidatura vuol farsi sentir dire. Quindi più pericoloso in quanto rappresenta un grosso punto interrogativo, piuttosto che le sue dichiarazioni prese alla lettera.

    Ma il lavoro più importante e che manca, è come ostacolare e superare queste derive, visto che le “sinistre” storiche fanno di tutto per sembrare staccate dalla realtà, schiacciate tra la paura di perdere antichi dogmi (poi comunque persi, con un abbandono mai affrontato criticamente) e la tentazione di inseguire un po’ a naso e in maniera poco chiara un certo liberismo. Anche qua senza avere un reale contatto con le realtà, cioè con le paure e i problemi della gente; la storia c’insegna quanto sia pericoloso non adattarsi ai cambiamenti che si verificano in tempi di crisi.

    Eppure sono convinto che le idee, non saprei bene come definirle: liberal, progressiste ma non marxiste, possano essere maggioritarie. Cioè quelle dei valori illuministici, di difesa della modernità, della laicità dell’organizzazione della Repubblica, di giustizia anche sociale, che vogliono puntare sulla cultura, sulla meritocrazia, senza estremizzazioni.

    Ma, almeno in Italia, questi ideali non sono mai riusciti ad avere una significativa rappresentanza elettorale. Schiacciati (la sinistra radicale non marxista e non classista di Medici, Bertani, Cattaneo…) nell’800 dalla monarchia, falciati dal fascismo (i fratelli Rosselli, Gobetti…) e infine incapaci di ritagliarsi uno spazio (Partito d’Azione con Parri, Leo Valiani e tanti altri) tra comunisti e democristiani in un Italia divisa in due dalla guerra fredda.
    Neppure il crollo del muro è riuscito nel miracolo, c’è sempre la paura di infrangere vecchi dogmi.

    Pepper ti faccio un esempio: la questione dei migranti. Una volta stabilito un paletto invalicabile sulla pericolosità delle posizioni xenofobe e razziste (i discorsi deprecabili stile le tende ai terremotati e gli alberghi agli extracomunitari) si deve poter analizzare seriamente un fenomeno che, piaccia o meno, delle problematiche serie le pone. La risposta: “sono una risorsa” non la capisce quasi nessuno e azzera qualsiasi possibilità di ragionamento (perché colpisce emotivamente molto di più di qualsiasi discorso razionale) su cose ben più serie: come il fatto che molti vengano sfruttati con paghe da fame, dei quasi-schiavi, per non parlare della mostruosa possibilità che alcuni di questi bambini possano sparire nelle maglie del traffico di organi, o della possibilità di fare un’analisi seria sulle cause di questo fenomeno, unico modo per iniziare a ragionare su come affrontare seriamente e non con la pancia questo problema. Ricordo una discussione di alcuni anni fa con una cara amica, sosteneva che l’arrivo degli extracomunitari non avrebbe portato problemi, perché gli italiani non sono razzisti, anzi ne avrebbe risolti alcuni perché avrebbero fatto lavori che gli italiani non avrebbero più voluto fare; io le dicevo, inascoltato, che ero preoccupato, perché avrebbe scatenato presto o tardi un’ondata di razzismo, il fatto che ancora non ci fosse dipendeva solo dal numero; nel momento in cui ci fosse stata la “sensazione di ondata” anche gli italiani sarebbero diventati razzisti. Per non parlare delle possibili tensioni sociali nel momento in cui ci sarebbe stata una crisi economica seria (eravamo ancora ai tempi di prima della crisi).
    Non lo riesci a spiegare che la gente che arriva non ti ruba il posto quando le persone sono preoccupate, perché iniziano a ragionare con la pancia e in Italia la mia sensazione è che la classe media si sia impoverita ancor di più di quella americana.
    A questo si associa, con effetto esponenziale, la rinuncia al più irrinunciabile dei valori: la laicità, perché da questa discendono tutti gli altri. Per la paura di agevolare pensieri razzisti siamo stati costretti ad assistere a una marea di distinguo e di equilibrismi sull’islamismo, anche di fronte a fatti particolarmente gravi. Si è preferito attaccare, additandoli come razzisti, personaggi che hanno cercato di difendere questo valore; il risultato è che è stato reso “più ascoltabile” e meno tabù, la voce dei nazionalismi xenofobi, e rendendo più orfani quelli che nonostante tutto non sentono il richiamo di quelle sirene.

    Da fare ci sarebbe quindi tanto, il problema è che non si vede nessuno che sappia o voglia farlo.

    • Marco grazie per le belle parole e per il tuo commento che vale un articolo. Se solo la metà di quello che dici fosse realizzato o semplicemente analizzato in profondità, si troverebbero molte più soluzioni a tutte le domande legittime che poni. Speriamo accada presto.

  2. Forse è ora di capire che la realtà non coincide con quello che i media ci vogliono far credere che sia. Ad ogni buon conto la responsabilità di governare l’ America non è solo di Trump, se ciascuno facesse la sua parte in nome del bene comune , forse la deriva democratica a cui ci stiamo abituando ci farebbe rimboccare le maniche, buon lavoro a tutti di comprensione e di manipolazione della realtà in nome di un pezzetto di mondo migliore per quelli che ci sono vicini e non ideologicamente perfetto per tutti i lontani !

    • Salve Grazia,
      non credo alla manipolazione della realtà. Credo che ogni storia sia raccontata in base a quello che è il proprio retaggio, credendo nella libertà di espressione del proprio punto di vista. La mia analisi resta a disposizione di tutti indipendentemente dalle idee di ciascuno. Al lettore, in questo caso lei, preferisco lasciare la libertà di attingere ai concetti, con gli stessi principi che mi hanno spinta a raccontarla.

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