Il Tour de Trump: dall’Arizona fino ai Simpsons…

Il successo di Donald Trump ha suscitato clamore e sorpresa, una vittoria da “underdog” per il 45esimo Presidente degli Stati Uniti che, da sfavorito, ha conquistato 310 “Grandi Elettori”, la soglia del trionfo, ben oltre il quorum da raggiungere anche a discapito di chi, almeno pubblicamente, faceva endorsement a favore di Hillary Clinton. Che il tycoon stesse, vertiginosamente, scalando il gradimento della critica era palese a tutti, ma il vero ago della bilancia, in questo testa a testa, è stato il consenso di alcuni territori considerati in bilico, zone di stallo che hanno fatto la differenza, trasformando il repubblicano semplicemente nell’uomo più potente al Mondo.

Stiamo parlando, in particolare, del cosiddetto “mormon cordon”, l’ipotetico filo che unisce Stati dell’Ovest Americano, fugando i loro dubbi in un unico voto, quello pro Donald.

In Arizona, per esempio, l’unico sostegno offerto ad un candidato democratico è datato 1996, si trattava, guarda caso, proprio di Bill Clinton. Oggi, nella Capitale, Phoenix, i Latinos hanno rappresentato il 22% dell’elettorato e l’influenza del Senatore John McCain è stata decisiva per il sorpasso repubblicano.

Spostandoci più a Nord arriviamo nel contraddittorio Nevada, piccoli centri abitati che si alternano alla viziosa e desertica Las Vegas. Nella terra dei vecchi saloon, a preoccupare è proprio l’incalzante crisi immobiliare accompagnata da una strenua difesa del Secondo Emendamento, quello, per intenderci, legato ai princìpi di libertà, economia ma, soprattutto, leggi appannaggio dell’utilizzo delle armi. Il Nevada è uno Stato Repubblicano perché prevalentemente “bianco”.

Ma è lo Utah il vero epicentro del terremoto politico. Fondato, a metà Ottocento, dalla comunità cristiana dei Mormoni, lo Stato è repubblicano da più di cinquant’anni. Fervidi sostenitori della poligamia, i Mormoni occuparono il grande fiume salato, costruendo, nel tempo, la città, appunto, di Salt Lake City. Più moderati nell’approccio politico, gli abitanti dello Utah anelano ad un repentino ritorno alle origini. Il candidato nazionale Evan McMullin incarna, in questo senso, il giusto compromesso tra le proposte di Trump e le ideologie democratiche. Il 60% della popolazione mormone favorisce un’importante attitudine all’accoglienza che lo scrutinio si spera non vanifichi.

Non sarà, di certo, vanificato neppure l’isolazionismo di uno Stato tradizionalmente repubblicano come il Wyoming, il cinematografico e vetusto Far West, luogo dove è nato Buffalo Bill, set de “I segreti di Brokeback Mountain”. Con appena 500mila anime, il Wyoming è la superficie meno popolosa degli USA. C’è aria di recessione in una fascia occupata da dodici miniere di carbonio, gas, uranio e petrolio, l’energia rappresenta il 70% del PIL e l’indole conservatrice della popolazione è dedita, per lo più, all’allevamento di bufali. Un carattere piuttosto istrionico, il loro, fanatici che non perdono occasione di andare in giro con una maglietta che recita testualmente: “Ci è permesso possedere armi dal 1791, e questo diritto non scadrà mai!”

Il North Dakota è la riserva naturale dei Nativi Americani, i Sioux, teatro delle scorribande di Toro Seduto. Con un tasso di disoccupazione vicino all’80%, il North Dakota porta avanti alacremente la propria battaglia contro la costruzione di un oleodotto che trasporterebbe petrolio fino ai confini dell’Illinois, invadendo la terra sacra di indigeni la cui acqua sarebbe, irrimediabilmente, contaminata.

Ed è proprio a Chicago che termina il nostro Tour de Trump. Capitale dell’Illinois, Chicago è tra le città più importanti degli Stati Uniti. È la città di Hillary e Obama, ma anche la città delle minoranze, dei neri, della violenza. Negli ultimi dieci anni, Chicago ha fatto registrare più morti delle guerra in Iraq e Afghanistan. Nel 2016 sono state addirittura 600 le vittime degli scontri a fuoco, favoriti dall’irrisoria facilità di procurarsi armi nel limitrofo Stato dell’Indiana. Benché sia stata la Pennsylvania a sancire la sicurezza della Presidenza al parrucchino di Donald, è indubbio che sia stato il tradimento dell’Illinois a spiazzare tutti, o quasi.

Già, perché, qualche tempo fa, infatti, qualcuno aveva già previsto tutto: