
I rischi, le conseguenze, ed i costi contenuti in una ricerca che sarà pubblicata nel 2022 dall’OCSE
Se il turismo spaziale rappresenta l’ultima frontiera commerciale di quella che resta oggi l’esplorazione spaziale – a parte le missioni scientifiche su Marte- è anche vero che in tutti questi anni, per essere più esatti dal secondo dopoguerra ad oggi, il moltiplicarsi dei satelliti o di quello che resta di loro sulle orbite terrestri ha creato un pericoloso affollamento di detriti. Non è fantascienza immaginare che tra poco tempo vi sia un rischio sempre maggiore di arrivare ad un punto di non ritorno, in cui intere regioni dello spazio potrebbero diventare inutilizzabili data la congestione troppo elevata dovuta dalla presenza di satelliti e di detriti.
L’OCSE, l’Organizzazione internazionale per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è tra quegli organismi mondiali che si stanno impegnando a coordinare e a definire un piano d’azione su questa problematica. Da ciò è nato uno specifico progetto, denominato “OECD Project on the Value and Sustainability of Space-Based Infrastructure”, (letteralmente “Progetto OCSE sul valore e la sostenibilità delle infrastrutture spaziali”) nel quale è stato inviato un vero e proprio appello ad Enti di ricerca ed università di tutto il mondo, per trovare delle soluzioni idonee.
Non è “rimasto a guardare” il Politecnico di Bari, che con un gruppo di lavoro formato dai dottorandi in “Ingegneria e Scienze Aerospaziali”, Davide Vittori ed Elena Ancona, e dal dottorando in “Ingegneria Gestionale” Claudio Loporcaro, con il supporto dei proff. Antonio Messeni Petruzzelli e Angelo Natalicchio del Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management del Poliba, e da Pierluigi Righetti, Flight Dynamics Manager presso l’organizzazione EUMETSAT, ha voluto partecipare a questo invito mondiale.
La ricerca che ne è scaturita, dal titolo “Space Debris Impacts Assessment: Identifying the Costs Caused by an Irreversible Deterioration of the Orbital Regimes”, (letteralmente “Valutazione degli impatti dei detriti spaziali: identificazione dei costi causati da un deterioramento irreversibile dei regimi orbitali”) ha visto svilupparsi un lavoro specifico proprio sulla congestione nelle orbite terrestri.
Questo studio si è sviluppato con una duplice analisi, ovvero sia di tipo qualitativo e quantitativo. A livello qualitativo, sono state vagliate le conseguenze dirette e indirette collegate alla presenza di detriti ed al rischio da essi posto, rappresentate come sistema dinamico di causa ed effetto. Questa metodologia innovativa ha evidenziato i rischi a lungo termine dovuti ai detriti spaziali, che vanno ben oltre le ricadute immediate – come la probabilità più alta di collisione per i satelliti operativi – capaci di innescare quindi una reazione a catena che potrebbe causare ingenti costi socio-economici.
Invece, a livello quantitativo i costi sono stati determinati con un modello economico basato sulla tecnica del VAN – acronimo che sta per Valore Attuale Netto. Il lavoro ha dapprima identificato le attività economiche che dipendono dalle infrastrutture spaziali, andando a specificare il totale valore economico che dipende dai satelliti. In seguito, è stato possibile calcolare il valore totale stimato dell’economia spaziale. La ricerca del Poliba, ampia ed approfondita, è arrivata a prevedere, pur con le dovute approssimazioni, come il risultato finale indica che circa 1.3 mila miliardi di dollari di valore economico potrebbero essere persi se la congestione delle orbite non dovesse essere risolta rapidamente. Come infatti volevasi dimostrare, tale strabiliante valore economico, indica l’importanza del tema e della necessità di un’azione tempestiva nel contrastare l’attuale andamento.
Il lavoro condotto dai dottorandi è stato valutato positivamente dall’OCSE e da varie agenzie spaziali nazionali e sarà pubblicato nel 2022 in un report dell’OCSE su “Space Sustainability”.