60mm Mortar Section, Weapons Platoon, Bravo Co, 1st Battalion, 3d Marines on the move in a truck during the Ground War of Operation Desert Storm. Photograph taken in February 1991 somewhere near the 2d minefield belt in the Burgan Oil Field, Kuwait.

Con fare grintoso, con odio latente

si leva nell’aria un grido possente

che invita alla guerra ma senza pudor.

 

La chiede il rabbino pregando i fedeli

i veri nemici sono quelli coi veli

racchiusi in moschee protetti da imam.

 

Si prega il mattino si prega di sera

s’invoca lo scontro che ognuno spera …

si chiede battaglia, e senza esitar.

 

Di fronte a Caino non serve la croce

è cosa ben nota la storia è atroce

non serve la fede la guerra a guarir.

 

Il fiume di bombe cadendo dal cielo

trasforma in deserto e le case in sfacelo

la gente decisa è pronta a morir.

 

Ci sono i dottori di senza frontiera

ci sono malati che arrivano a schiera

ma senza l’orgoglio del tempo che fu.

 

Chi muove la scena chi tiene bacchetta

si sporca coscienza ma non la giacchetta

restando in disparte è pronto a scappar.

 

La prima avvisaglia di dura sconfitta

schiarisce la mente e la rende  afflitta

chiudendo orizzonti che ognuno sperò.

 

Riunito il consiglio di gente possente

si parla di pace ancora latente

si parla e si mangia, si beve a bontà

 

e intanto il popolo soccombe per via

se muore un bambino cosa vuoi che sia?

è solo un disturbo quel suo vociar …

 

Si chiude frontiera difesa sicura

la giusta bandiera per chi non abiura

tenere distante dall’arma la man.

 

Il fuoco tremendo lo scaglia il nemico

arriva lontano io so quel che dico

a mieter le teste degli Hezbollah.

 

Risposta più dura t’arriva dal colle,

dai monti di Siria, dall’aride zolle,

dall’odio antico che giammai cessò.

 

Le grotte scavate da quei derelitti

non sono comode e non pagano affitti

qui manca la luce all’oscurità.

 

Alzarono altari per tempi più amari

scrissero preci per gli antichi lari

levarono canti che l’eco attutì.

 

La voglia sperata di terra promessa

con tante contese non è più la stessa:

è il soffio sul collo che toglie il respir.

 

Dal mare dai monti d’ambedue i fronti

si chiudono vie si tagliano i ponti

si spera la pace si supplica il ciel.

 

Ma il cielo è distante ogni cuore s’è chiuso

persino il buon senso è andato in disuso

nemmeno la fede lascia più sperar.

 

Qui c’è l’arrotino che affila le lame

il boia superbo prepara il legname

per l’uomo più mite che presto morrà.

 

Un dubbio t’assale, rimbomba la mente

le torme d’audaci avanzar si sente

ma più non si vede alcun sole levar

 

e quel che rimane è buio assoluto

poiché il dialogo resta sordo e muto

l’intesa è lungi non vuole arrivar.

 

Avvampa il deserto è un fuoco di dune

di sciiti e sunniti d’ebrei in lacune

tra tanti rancori non serve aspettar.

 

Un colpo di mano degli USA è vicino

si vuole aspettare un nuovo mattino?

ma il prezzo del greggio continua a salir.

 

Così si comprende che è solo la guerra

che tutto ti toglie e poi ti sotterra

in mezzo alla landa o in fondo al mar.

 

Chi salva le capre sbarrando le stalle

e chi al conflitto gli volta le spalle

potrà nella vita ancora sperar?

 

Il prezzo pagato per la propria pelle

non è come un dente che il dottore espelle

ma lascia rancori assai duri a morir.

 

Le mura ridenti son pieni d’arazzi

or sono cadenti a suono di razzi

arrivan dal cielo: si salvi chi può!

 

Nessuno paziente sopporta il vicino

con cieca violenza si fanno il destino

cancellano l’orme se un dio passò.

 

Or questa poi quella è antica novella

potesse parlare almeno una stella

per dire al mondo di questa viltà

 

che l’uomo malvagio non vuole guarire

e lotta per gusto con colpo a ferire

cosciente di farlo e senza pietà

 

che l’esser pietoso ti rende noioso

persino il pregare diventa odioso

dal giorno che fede dal cuore sparì.

 

E pure l’uccello colomba di pace

finisce allo spiedo si cuoce alla brace

e sazia le brame di fama e d’allor.

 

La valle piena di musulmani sciiti

non mancano certo drusi e sunniti

Cattolici e copti in folta Bekaa.

 

Ci sono gli ebrei mandati da poco

nessuno lo vuole quel popolo in loco

ma certo il Messia che lui inchiodò.

 

La vera battaglia è quella interiore

del cuore colpito da tanto furore

dell’animo offeso da trucidità.

 

La grande distesa del mare salato

ha visto passioni e un Ponzio Pilato:

un vero Calvario, Qualcuno perì.

 

Non serve discolpa di chi ha sbagliato

se pur ha tradito il bene agognato

che pur dalla croce al cielo pregò.

 

Ma l’uomo malvagio sua colpa ritrasse

lo fece contento per abolir le tasse

nascose la mano che il sasso lanciò.

 

Ed or che rimane di tanta baldoria?

La guerra acerba e una triste storia

che segna la marcia dell’umanità.

 

Da Salvatore Memeo, L’epilogo, Levante editori 2006


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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.