”Il regno di Dio è dentro di te è tutto intorno a te… non in templi di legno e pietra. Solleva una pietra ed io ci sarò, spezza un legno e mi troverai“. (Vangelo di San Tommaso)

Andiamo in chiesa, prendo le mani dei miei figli Francesco, Sofia e Lorenzo: è vuota, ci sediamo. Gli spiego il sacrificio di un uomo, ci provo ma un sentimento strano mi trafigge, mi attraversa, una lama. Mi guardo dentro in cerca di sporco che non ho pulito, chi non ne ha?

In verità, Padre della luce che protegge i miei figli mentre dormono, nel tragitto dalla notte al giorno, quella croce è solo un pezzo di legno abitata da un dolore che non si dovrebbe vedere ma solo sentire perché ciò che cerchiamo da millenni, è invisibile. Sguardi tristi, occhi che fissano il vuoto, mani in tasca, cuore in tumulto.

Gente affannata, disillusa, tenta per salvarsi, un segno della croce al di fuori della propria vita interiore e lo trasforma solo in un urlo inutile che spaventa. Nel cielo ci sono solo nuvole, non serve cercare una presenza, guardiamo invece di fronte noi, l’altro uomo senza cui non può esistere un dio.

Prima dei miracoli c’è l’amore, la parola, l’abbraccio, la mano, il silenzio che impara. L’amore che si è smarrito nel tentativo di farsi comprendere, lui che vuole soltanto essere accolto per riempire. E invece quando è a qualche centimetro da noi, gli chiediamo un documento, è un estraneo, non ci fidiamo. Noi siamo stranieri ed estranei al gioco della vita, nascosti mentre qualcuno conta e poi ci cerca per vincere il premio di un tempo della gioia. È una corsa, è la velocità di esseri umani che non riconoscono più la bellezza, non ne hanno il tempo, non possono fermarsi, si sentono derubati di trofei materiali.