Con gli occhi della mente si può vedere di tutto

C’era  una ninfa che girava lieve e soave pei boschi. Era vestita di ali di farfalle, ramoscelli teneri come fermagli nei lunghi capelli di seta e ragnatele alla cintura. Aveva nome Dipse.

A passare nel bosco si trovò per caso, sempre bravo chi ci crede al caso, un giovane principe in ricognizione, andava a raggiungere la sua futura sposa e non aveva particolare fretta. In fondo essere solo e libero valeva più dei doveri noiosi a cui era obbligato, degli scorni di suo padre il re e degli occhi languidi  e tristi di sua madre.

Così vagava e pensava, si vedeva tra vent’anni, vedeva la sua pur giovane sposa che assumeva volto antico, le rughe ad intrappolare le pozze profonde dell’anima.

Era giovane il principe, le scorribande nei boschi erano aria e piccole evasioni.

Fu allora che la vide. Si nascose in fretta dietro il tronco monco in riva e lo scroscio della cascata mascherò i suoi passi.

Dipse cantava e danzava con una grazia che non aveva rivali, faceva piccoli voli, sorrideva, si inchinava ad accarezzare un fiore che ricambiava e poi ancora, entrava in acqua che non la bagnava. Mai visto niente di simile. Il principe si alzò di scatto e Dipse si dileguò.

Tornò al suo castello e sposò come doveva la giovane che la famiglia aveva scelto per lui: mai per un attimo pensò che poteva avere Dipse, mai che potevano stare assieme.

Disubbidire a suo padre? Deludere i suoi sudditi? Non era nato per questo

Ma sempre, ogni giorno, ogni notte, finché ebbe memoria, pensò a lei. Alla sua bellezza non terrena, al modo che aveva di ridere con gli occhi socchiusi, alle dolci mani che davano vita.

Dipse ebbe timore del giovane perché lo riconobbe all’istante, per questo tornò ogni giorno alla fonte.

Ballava da sempre ma continuò imperterrita e adesso sapeva perché.

Della sua grazia si sperse voce nei boschi vicini e negli altri regni. Mai perse musica, mai pioggia la scoraggiò, diventò magia pura.

Magia che nessun uomo, elfo o centauro poteva toglierle. La sua danza attraversò i boschi e arrivò nei cortili dei castelli, entrò nelle cucine, strisciò nelle alcove.

Unì i mondi che da sempre sono scissi. Perché l’amore è una liana tra la realtà e la magia, tra la magia e il sogno.

C’è un trono nella foresta, vicino alla cascata piccola, ha un mantello di edera e muschio. Fiori attorcigliati creano spesso corone bellissime. Io l’ho visto.