L’amore non è una cosa che puoi insegnare, ma la cosa più importante che puoi imparare.  Non sempre ciò che ci provoca dolore è male. Troppo facile dire: “non sento più nulla nei confronti dell’altra persona; quindi ho diritto a lasciarla!”. L’ amore è innanzitutto una scelta, non dipende da ciò che senti o non senti. A spiegarcelo è Leonardo Trione nella sua opera  “La guarigione della famiglia ferita – un libro e un metodo per salvare i matrimoni in crisi” (Shalom Editrice), un vademecum che avvicina la vita dei coniugi al rapporto con Dio

Ciao, Leonardo. Quali sono le più laceranti ferite della famiglia moderna?

Prendere consapevolezza delle ferite che portano spesso alla separazione di una coppia è uno dei problemi della società moderna, caratterizzata dall’ immediato, dal “tutto e subito “. A mio modo di vedere, una delle fatiche più grandi che sperimenta una coppia in crisi è quella di lasciarsi aiutare in un percorso di “ricostruzione” che conduce innanzitutto i coniugi a prendere consapevolezza dei propri “mali” a livello personale e coniugale. A volte, di fronte ai problemi che la vita coniugale presenta, si fa prima a “mollare tutto” invece di affrontare le difficoltà. Nel mio libro, sottolineo tre dimensioni tra le radici delle ferite familiari: quella spirituale, quella psicologico-affettiva e infine quella sociale. Una delle più grandi piaghe della società contemporanea è, appunto, la perdita della dimensione spirituale e trascendentale dell’essere umano. Quindi, una delle conseguenze è la quasi completa “ignoranza” della grazia del sacramento nuziale. Ci si ritrova ad affrontare i problemi senza l’aiuto di Dio, senza alimentare quella vita virtuosa che si nutre di fede, di speranza, di carità. Un’altra radice è quella psicologico-affettiva, intesa come la scarsa educazione all’amore. Oggi è dominante la cultura della sensitività, la quale esalta i sensi e la sensualità quasi come valori morali assoluti: ciò che mi dona piacere, si afferma, è bene; ciò che mi provoca dolore è male. La mentalità di oggi è: “non sento più nulla nei confronti di mia moglie; quindi ho diritto a lasciarla!”. L’amore va oltre i sentimenti! L’ amore è innanzitutto una scelta, non dipende da ciò che senti o non senti. Ecco perché come affermava  Giovanni Paolo II: “L’amore non è una cosa che puoi insegnare, ma è la cosa più importante da imparare“. In sostanza, l’amore coniugale, non lo puoi improvvisare.  Ecco perché è necessaria un’educazione all’amore. Ultima è la dimensione sociale. Non si può negare che oggi più che mai la famiglia è sola! Manca una rete di riferimenti importanti, che siano le istituzioni o gruppi famiglia di aiuto reciproco. Mancano, o sono troppo pochi, i supporti alla genitorialità, e se non si è forti si giunge ben presto alla separazione.

Come mai la nascita dei figli finisce, paradossalmente, per allontanare piuttosto che unire la coppia?

Quando all’interno di una famiglia i genitori si separano, tutto il nucleo familiare (anche allargato, quindi nonni, zii, ecc..) viene fortemente coinvolto, sul versante sia organizzativo che emotivo. Si può quindi dire che non sono solo i coniugi a separarsi, ma tutti nella famiglia, devono affrontare questo processo. Comunque sia, ritengo che i figli non siano il vero problema. Forse è necessario riflettere sul ruolo educativo dei genitori. Quando una coppia attraversa un momento di crisi, inevitabilmente questo disagio, si riflette anche sui figli. L’amore nella sua natura è “diffusivo”. Quando c’è, si riflette in modo naturale sui figli; quando non c’è non lo puoi “inventare”. Nessuno può dare ciò che non ha! A mio avviso, in questo quadro generale vi è, inoltre, un elemento molto forte che riguarda tutti gli uomini e donne, quali vittime potenziali o effettive di un dilagante individualismo egoista: il declino dell’autorità e la quasi estinzione del ruolo paterno. Oggi, molti sociologi affermano che viviamo in un contesto sociale dove, “il padre è assente”. Pertanto questo è un discorso che va approfondito anche sul piano sociologico.

Il compromesso è la condicio sine qua non di un matrimonio felice?

Non parlerei di compromesso, ma come sottolineo nel libro, nei momenti di crisi è fondamentale: “trovare un punto di pace nella tempesta”. È un passo importante nella ricostruzione del rapporto coniugale. Nel libro c’è un capitolo dedicato a questo argomento. Di tanto in tanto, bisogna fermarsi per fare il punto della situazione, una sorta di  check-up della vita coniugale. Per esempio la maggior parte delle coppie, prese dal trambusto quotidiano, tende a  concentrarsi sulle cose che non vanno, e con il tempo entra in crisi. Più ti concentri su ciò che non va nell’altro e più non riesci a vedere ciò che c’è di buono. È una dinamica psicologica che spesso riscontro nel mio lavoro di consulente familiare. Si dimenticano, così tutte le qualità e i pregi dell’altro coniuge, i suoi aspetti belli, positivi dei quali ci si è innamorati. Nei momenti di crisi è importante “liberarsi” da quella propensione che spinge a segnalare ogni minima negatività e a dare per scontata ogni positività.

Quante donne e quanti uomini danno ancora profonda importanza al sacramento quale iter di fede dovremmo percorrere per non perderci?

Credo che sul piano sacramentale il primo passo da compiere per  salvare il matrimonio è quello di fare risuonare il “kerigma” nel cuore di ogni famiglia. Il rapporto con Dio ridona senso alla vita dei coniugi, li avvia verso un cammino di conversione del cuore. Ecco perché è importante prima “riscoprire” la fede, per poi comprendere la bellezza del sacramento ricevuto. Tale “riscoperta” costituisce un  passo fondamentale nel percorso di “ricostruzione e di guarigione”. Senza la fede, il valore del sacramento del matrimonio, resta un perfetto sconosciuto.

A chi dedichi il tuo libro?

Dedico questo libro a tutte le coppie ferite che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino coniugale e comunitario. Come afferma Papa Francesco, nell’Amoris Laetitia: “La Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta “.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.