L’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, inaugurerà Casa Freedom e l’attiguo Centro di sostegno alla genitorialità intitolato a don Tonino Bello, sabato 19 marzo 2016, alle ore 11, in Loseto. Dove, nella lotta fra il bene e il male, spunta la misericordia e la speranza. Con esiti di vita nuova. In libertà.
Avviene in una “frazione dormitorio” come Loseto, alla periferia della città metropolitana di Bari. Due le chiese parrocchiali: l’una settecentesca, dedicata a san Giorgio martire; l’altra moderna e quasi avveniristica, intitolata al Salvatore. Luoghi dello spirito. Separati dalla strada a scorrimento veloce che corre pericolosa e taglia in due il borgo antico dall’agglomerato urbano postmoderno. Una strada come fosse un muro.
Coesa, invece, la comunità dei credenti. Ruota intorno al parroco don Lino Modesto, sacerdote giovane, dinamico, colto, fervente, ispirato.
Da anni s’interroga con i parrocchiani sulla destinazione da dare alla canonica posta nel centro storico. Comunità e parroco vorrebbero trasformarla in un luogo di carità operosa nel nome di don Tonino Bello.
Con l’aiuto della Caritas diocesana, diretta da don Vito Piccinonna, e del Servizio di pastorale carceraria della Provincia dei Frati Minori di Puglia e Molise, animato da fra’ Mimmo Scardigno, viene varato il progetto “Convivialità delle differenze”. Due le evidenze nate dall’unico utero, legate da un robusto cordone ombelicale: Casa Freedom, luogo di accoglienza per detenuti in permesso premio, e il Centro di sostegno alla genitorialità, che intende favorire processi di ricongiungimento e ricostruzione delle relazioni familiari e affettive durante la pena detentiva. Due “porte sante” per un parto gemellare sul versante dell’inclusione.
“Visitare i carcerati” è opera di misericordia. L’accoglienza temporanea di chi vive abitualmente dietro le sbarre è un modo attuale per incarnarla. Valorizza la relazione familiare (coniugale, genitoriale) e la socialità, cioè la vita oltre l’errore e lo stigma. Secondo l’auspicio della legge Gozzini (la 663/86), che tuttavia rimarrebbe lettera morta se oltre le sbarre non ci fosse una comunità disposta ad accogliere il detenuto che ha buona volontà di recuperare e ricostruire la vita.
Ecco che nell’anno giubilare, a metà Quaresima di fraternità, gemma nel profondo Sud la Chiesa dal volto umano: che perdona e, pur di rigenerare esistenze alla deriva, impegna risorse, attiva competenze, mobilita il volontariato. Per significare che amare si può, anche nel più difficile degli approcci e dei contesti.
La salvezza muove dalle periferie. Da Loseto, ad esempio. Tutt’altro che “frazione dormitorio”!