Da 4 portate a 3. Da cibi elaborati e all’avanguardia, alla riscoperta delle nostre tradizioni culinarie. Come è cambiato il mondo della ristorazione.
La storia ci insegna che il mondo è in continua crisi e in continua evoluzione. Per vivere bene in società siamo costretti dunque a progressivi cambiamenti e adattamenti. Succede da sempre e in tutti i settori: edilizia, industria, comunicazioni ed anche gastronomia!
Mi riferisco in modo particolare al mondo della ristorazione. È un modo anch’esso che si evoluto velocemente, si pensi alle attrezzature usate per la preparazione come forni, macchinari per le cotture lente o in sottovuoto; o si pensi al modo di scegliere e procurarsi il cibo: possiamo ordinare non più al cameriere e restando comodamente al tavolo, o addirittura da casa nostra scaricando una semplice app sul nostro smartphone.
Anche il modo di mangiare al ristorante è cambiato.
Negli anni ’70, ad esempio, quando il nostro Paese si ritrovò in pieno boom economico, nelle persone maturò l’esigenza di non accontentarsi più dei piatti unici completi, quelli tipici consumati dai contadini poveri. I consumatori ebbero la possibilità di trattarsi meglio e iniziarono a scoprire nuovi cibi, pietanze e abbinamenti.
Nacque l’esigenza di nuove portate e una cena standard ne prevedeva solitamente ben 4:
- Antipasto
- Primo piatto
- Secondo piatto con contorno
- Dessert ed eventuali digestivi
Pensiamo invece ad oggi. Il menu tipico in un ristorante (eccetto le cerimonie) prevede al massimo 3 portate:
- Entrèe (spesso condiviso da più persone)
- Piatto principale (o un primo o un secondo)
- Dessert e digestivo
Cosa è avvenuto in questi 50 anni?
I motivi che hanno portato a una tale evoluzione sono diversi. Proviamo ad indicarne qualcuno.
Sicuramente sono cambiate le condizioni economiche. La crisi degli ultimi anni ci ha portato ad una riduzione del potere d’acquisto e di conseguenza, in ambito ristorativo, ad una diminuzione del numero di portate.
Ancora, la famigerata globalizzazione, ossia un graduale “appiattimento” delle abitudini. Oggi al cibo si destinano sempre meno soldi. Si preferisce investire in altri settori dedicando sempre meno attenzione all’educazione e alla condotta alimentare. Ecco che i cibi consumati sono via via più scadenti. S’ignora la qualità degli alimenti e la tracciabilità del prodotto.
C’è poi la questione del fabbisogno energetico. Fare una cena con 4 portate e al contempo non fare sport né lavori pesanti, significa accumulare peso, e nella società in cui viviamo essere sovrappeso è quasi un crimine.
Infine c’è l’esigenza del ritorno alle tradizioni e del recupero delle abitudini alimentari dei nostri nonni. Sempre più emerge il desiderio di piatti unici e genuini ormai dimenticati (fave e cicorie, porri arrosto e legumi). Per questo motivo molte antiche masserie abbandonate sono state rinnovate in agriturismo con posti letto. È questo ciò che chiede il commensale oggi!
Possiamo continuare a proporre menù a 4 portate ma una bella fetta di clienti continuerà ad ordinare 3 portate e spesso anche 2 evitando il dessert. E se il menù non risponde a queste “nuove abitudini” c’è il rischio di perdere clienti.
In che modo districarsi allora?
Essere innanzitutto consapevoli della realtà in cui viviamo. Provare a leggere le nuove abitudini e creare così i nostri cavalli di battaglia: una serie di entrèe centrali della casa, a seguire il primo o il secondo, infine il dessert. Oppure puntare su piatti unici e completi tradizionali. Il tutto, se servito in una location autentica e caratteristica, tale da suscitare nel consumatore la curiosità, emozionandolo prima con gli occhi e poi con la gola, porterà a una fidelizzazione certa del cliente, e al nostro successo come ristoratori.
Concordo pienamente sia nell’adeguarsi ai cambiamenti sia nel rispettare le nostre tradizioni con novitá migliorative!