
A partire dal 13 gennaio 2017, un ciclo di incontri incentrati sulla metafora del viaggio, presso la Casa Circondariale di Trani
Da Rosa del Giudice e Marianna Matera, riceviamo e pubblichiamo:
Antefatto
Il Centro di orientamento “don Bosco”, a partire dal 2006 fino al 2015, nell’ambito europeo dell’LLP (Lifelong Learning Program-Grundtvig), ha realizzato presso gli Istituti Penitenziari di Trani tre progetti, i primi due presso la Casa Circondariale Maschile, l’ultimo presso la Casa di Reclusione Femminile.
Il primo, V.I.P., (+Visiting in prison), ha perseguito l’obiettivo di sostenere psicologicamente le mogli/compagne e i figli, particolarmente quelli di minore età, dei reclusi durante le visite in carcere ai loro congiunti.
Il secondo, InES, (Instruction, Education, Securty), è stato finalizzato ad operare un raccordo tra l’area educativa, in cui si collocano educatori, psicologi, assistenti sociali, impegnati nel recupero dei ristretti, e l’ambito della sicurezza, nel quale operano gli agenti di polizia penitenziaria, preoccupati soprattutto di tutelare il sistema carcerario e quanti in esso lavorano.
Il terzo, I.S.I, (Inmates Social Inclusion), ha mirato al reinserimento delle detenute fine/pena nel contesto familiare, sociale e lavorativo.
Tra tutti i partner europei, che hanno condiviso i percorsi, calibrandoli e modulandoli in base all’area geografica, alla legislazione carceraria, alle necessità operative di ciascun paese e ciascuna istituzione partecipanti, il Centro è stato l’unica agenzia esterna al carcere.
Rosa Del Giudice
Il progetto “Caffè Ristretto”
Il Centro di Orientamento “Don Bosco” propone, in prosecuzione con il progetto europeo ISI (Inmates Social Inclusion), il percorso formativo intitolato “Caffè Ristretto”. L’iniziativa progettuale, approvata dallo staff direttivo degli Istituti Penitenziari di Trani e dal Provveditorato Regionale, nasce dal desiderio di promuovere interventi di sostegno psicologico a favore delle detenute della Casa di Reclusione Femminile di Trani, nell’ottica di un’atmosfera comunitaria il più possibile accogliente.
In un contesto particolarmente critico come quello carcerario, talvolta inadeguato a promuovere e favorire relazioni serene e costruttive, il concetto di benessere può coincidere con una maggiore consapevolezza e conoscenza di sé e con la fiducia in un cambiamento personale ancora possibile. La persona “ristretta” vive un periodo, più o meno lungo, in una condizione che la limita in diversi aspetti significativi ed emotivamente rilevanti. Il carcere si configura come prova e spesso rappresenta l’unica opportunità di costruire significati di speranza e fiducia. Se si ha la possibilità di parlare e ascoltare, raccontarsi e ascoltarsi, il carcere può essere anche uno spazio di umanità, di presa di coscienza delle proprie difficoltà esistenziali e di ricostruzione della propria identità e dignità, quali requisiti preziosi per ripartire instancabilmente verso la pienezza dell’essere. Il racconto del proprio punto di vista sul mondo passa attraverso la lettura del mondo fuori dal carcere e diventa strumento di autoformazione ed educazione al dialogo, allo scambio (interpersonale e interculturale) e all’accoglienza del diverso.
Pertanto, a partire dal 13 gennaio, sarà avviato presso il suddetto Istituto un ciclo di incontri incentrati sulla metafora del viaggio, per esplorare ed entrare in contatto con sogni e bisogni, paure, desideri e speranze delle donne. Tale percorso, come ogni esperienza di viaggio, ha di per sé una valenza psico-educativa. Attraverso momenti conversazionali e attività di lettura e scrittura, l’itinerario sarà scandito da una serie di parole-chiave, immagini e video, scelti come stimolo per dialogare su vari risvolti inerenti alla sfera emotivo-affettiva e su temi di attualità, considerati degni di approfondimento.
Un “caffè ristretto”, che dà il titolo al progetto, sarà il rituale di apertura di ogni incontro. In un clima domestico e informale, davanti ad una tazza di caffè da bere insieme, verranno affrontate e discusse, in particolare, tematiche afferenti all’universo femminile e alle diverse età della donna (femminilità, bellezza, maternità, rapporto con i figli, matrimonio, rapporto con gli uomini, tradimento, coppie di fatto e loro diritti, omosessualità, libertà, ma anche tradizioni, riti e superstizioni, trasmissione di valori). Discutere e confrontarsi su argomenti, che sembrerebbero esulare dal contesto carcerario, ma che sono in realtà vicini ad ogni donna, diventa un’occasione di “evasione mentale” e reciproco arricchimento.
Obiettivo generale del percorso è quello di offrire alle partecipanti, “mentre scontano la pena”, uno spazio di riflessione e confronto, ma anche un momento di libera espressione e condivisione di pensieri, sensazioni ed emozioni nell’hic et nunc dell’incontro di gruppo. La scelta del gruppo, piuttosto che dei colloqui individuali, di per sé contrasta con la logica dell’isolamento. Inoltre il gruppo costituisce un veicolo di apprendimento reciproco e, grazie al rispecchiamento con l’altro, può favorire lo sviluppo di consapevolezze e di abilità relazionali.
Al centro degli incontri, in conclusione, ci sarà la donna, non il reato commesso o la vicenda giudiziaria che la riguarda. Il mondo degli affetti costituirà il serbatoio da cui attingere, di volta in volta, spunti di riflessione e discussione collettiva. Il percorso prevede la produzione di testi scritti che, una volta revisionati, costituiranno materiale per la realizzazione di un Emozionario, ovvero una sorta di dizionario suddiviso per temi (sentimenti, percezione del corpo, dolore, scorrere del tempo). Il gruppo, composto da dieci detenute, sarà condotto dalla dott.ssa Marianna Matera, coordinatrice del progetto, e dalla dott.ssa Emanuella Cannone.
Marianna Matera