E, ahimè, i suoi eredi sono peggiori di lui, molto peggiori…

Il film che si gira in questo giorno ad Arcore rimanda, si parva licet, a “Viale del tramonto”, il film di Billy Wilder che raccontò fasti e orrori della celebrità. Quel film ha quasi settant’anni, e non riguarda solo la gloria dei divi cinematografici, riguarda tutti gli uomini, anche quelli della politica che hanno segnato un’epoca. Giulio Andreotti è stato “Il Divo” di Paolo Sorrentino dieci anni fa, e due anni prima Berlusconi era stato “Il caimano” di Nanni Moretti. In sovrappiù quest’anno c’è stato “Loro”, ancora di Sorrentino, che racconta i vizi privati del Cavaliere, ora ex.

La vita di Berlusconi si è svolta e si svolge tutta su un set, perché lui è uomo di spettacolo e di impresa mediatica. Il primo che ha preteso di farsi politico per farsi Divo della cosa pubblica. Per essere esatti, ha preteso di farsi antipolitico, anticipando di un quarto di secolo i vaffa di Grillo (con più stile) e i costumi che oggi animano il mondo gialloverde. Primo piccolo Trump in sessantaquattresimo, ma pur sempre il leader di un Paese settima potenza industriale del mondo. Il suo virus ci ha messo un po’ di tempo a incubare e, mentre lui veniva disarcionato dalla magistratura, il suo patrimonio di antipolitica scorreva per nuovi rivoli, i grillini pronti ad appropriarsene, Salvini pronto a sfruttare la sua complicità per portare il paese a destra, non quella liberale, quella sovranista e fascista.

Adesso, nella fortezza di Arcore, circondato dai suoi consiglieri fidati, il Cavaliere si arrovella alla ricerca di una fine dignitosa. E forse si rivede il film dei fasti e degli orrori di Billy Wilder. Lo fa col solito piglio, come un generale che conti sulla fedeltà di truppe che si sono ormai squagliate. Salvini ha bisogno degli ultimi voti di Forza Italia, del Cavaliere non sa più che farsene. Non serve più neanche come sponda al Renzi, il Nazzareno è morto da quel dì, da lui stesso seppellito sotto le macerie del referendum.
È il declino di un uomo intelligente e abile, miliardario nato dal nulla e con mezzi opachi, che era sceso in campo contro i comunisti immaginari, aveva sdoganato la memoria “nera” di Fini e convinto anche parte della Curia di essere l’Unto del Signore. Ad Arcore si gira il film della fine che comincia dallo spread a 600 nel 2011, l’arrivo di Monti con tutto quel che segue. A parte qualche nostalgico che si illude, Berlusconi non sarà il nostro Cincinnato. E, ahimè, i suoi eredi sono peggiori di lui, molto peggiori.


Fontehttps://fr.wikipedia.org/wiki/Fichier:Silvio_Berlusconi_Portrait.jpg
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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).