Esecutori, mandanti e complici di un delitto (quasi) perfetto: “Le grandi case di moda dal Nord Italia la Cina ce l’hanno in casa, a Barletta, Andria, Trani, come in tutto il Mezzogiorno: comprano a cottimo per pochi euro e rivendono con un ricarico anche del duecento per cento”
Carlo Puca è un giornalista di Panorama. È anche uno scrittore e un autore di teatro. Negli ultimi mesi ha viaggiato per l’intero Sud Italia percorrendo 3000 chilometri. Dal lungo giro è nato un libro inchiesta che ha chiamato Il Sud deve morire, pubblicato poi, il mese scorso, da Marsilio editore.
Il titolo, per stessa ammissione dell’autore, è volutamente provocatorio. Puca non si augura la morte di nessuno in realtà. A spiegarne il senso c’è un sottotitolo particolarmente esplicativo: “Esecutori, mandanti e complici di un delitto (quasi) perfetto”. Si tratta dunque di un testo in cui s’indagano le cause del persistere dello stato comatoso del Mezzogiorno d’Italia, giunto ad essere una delle aree più povere e disagiate d’Europa.
“Facciamo morire il Sud” continua l’autore nella sua provocazione, “così muoiono anche i cattivi, a quel punto l’intero sistema italiano ed europeo si accorge che quella regione esiste. Muore il Nord, perché la Lombardia esporta il 60% di beni e servizi al Sud. Muoiono le mafie che così non hanno più interesse e vanno da un’altra parte. Gli industriali che arrivano al Sud solo per prendere le prebende di Stato non vengono più. I sindacalisti che difendono solo i posti di lavoro garantiti e non guardano dove vivono le sartine che abitano e lavorano nei sottani”.
Puca non sembra intenzionato a risparmiare nessuno: politici, mafiosi, imprenditori, sindacalisti, Europa, burocrati. Tutti colpevoli e complici di una morte annunciata. Può dirlo perché prima di farlo esamina bene la scena del delitto. “Il Sud deve morire” si apre con il diario di viaggio del cronista che tocca posti come Lampedusa, Castel Volturno, Viaggiano, L’Aquila. Per trattare di Puglia sceglie Barletta che diventa città emblematica della provincia di cui è capoluogo insieme ad Andria e Trani.
Il 3 ottobre 2011, quando una palazzina crollando uccise 5 donne che lavoravano a nero nel seminterrato, Puca fu l’inviato sul posto per il suo giornale. Ammette egli stesso che fra tutte quelle raccolte nel libro “questa è la storia che più mi ha coinvolto emotivamente”. Così ci è tornato negli anni successivi a Barletta, quasi ad ogni commemorazione di quel tragico accaduto. Di qui le consapevolezze maturate.
“Il fatto che questo rito del lavoro nero, sottopagato, si ripeta mi colpisce tanto” spiega il giornalista. “Mentre tu a Lampedusa hai l’idea che forse, se da domani ci si mette a lavorare, magari si può avere l’acqua potabile o qualche altro servizio che migliori la vita dei residenti, […] a Barletta no, non hai questa sensazione: in molti, di quelle donne, dicono solo che sono state sfortunate. Parlavo con dei colleghi del posto che mi dicevano che il problema non fosse il lavoro nero di quelle sartine, ma i problemi strutturali della palazzina che crollò”.
Quello allora su cui l’autore tiene a porre l’accento è l’immobilismo della città e dell’area che le sta attorno. A farla da padrone, ad esempio, ora come allora, è ancora il “lavoro grigio”: la gente viene assunta solo il tempo necessario per maturare il diritto all’indennità di disoccupazione, dopodiché il soggetto resta in azienda a lavorare in nero. Dai controlli poi, ogni anno, emerge che in ambito edile, agricolo e tessile, due aziende su tre sono fuori legge.
Eppure negli anni ’80 in Europa si parlava del “caso Barletta”, la città sperduta del Sud che deteneva il quinto reddito pro capite d’Italia. “Poi il sistema produttivo asiatico ha contagiato la nostra terra. Così la straordinarietà dell’occupazione irregolare è diventata quotidianità” spiega il sociologo Luigi Pannarale citato da Puca nel suo libro.
Ad approfittare della cinesizzazione del sistema produttivo della zona sono poi soprattutto le grandi case di moda dal Nord Italia. “Loro la Cina ce l’hanno in casa, a Barletta, Andria, Trani, come in tutto il Mezzogiorno: comprano a cottimo per pochi euro e rivendono con un ricarico anche del duecento per cento. Tutto legale, per carità. Però l’etica è un’altra cosa”.
Sembra d’intuire allora che lo snodo di tutto, il problema dei problemi, sia proprio il lavoro. Nella provincia Bat la disoccupazione femminile ufficiale è al 50%, mentre il dato per il Sud è del 30%. Ed è forse per questo che gli uomini che ti offrono un impiego con paghe da fame, a Barletta, non puoi chiamarli sfruttatori. “Gli sfruttati si arrabbiano” nota Puca. “Il lavoro è lavoro, punto e basta”. Perché c’è così poco lavoro? Qui il discorso si fa più complesso, e qualche risposta la si trova nella seconda parte del libro. Conviene leggerlo, studiare, informarsi, che allora a morire può essere solo un certo Sud. Perché ce ne sono tanti, che sia chiaro.