
«Qualsiasi cosa facciano le donne devono farla due volte meglio degli uomini per essere apprezzate la metà. Per fortuna non è una cosa difficile!»
(Charlotte Witton, sindaco di Ottawa)
Per certe cose, occorrerebbe l’oggettiva forza fisica e la presunta mente logico-geometrica di tre uomini. Letterale, testuale, evidentemente necessaria.
In alternativa, quando l’alternativa è indispensabile, può esserci qualcuno in piedi, in un androne già riempito di bagagli per un peso ed un volume non meglio specificati, ma obiettivamente esagerati, che senza presunzione, ma con paurosa convinzione, mette le mani sui fianchi, si immobilizza, fissa la scenografia e dice:
«Quando due donne si mettono in testa una cosa, non c’è niente che possa impedire che quella cosa riesca».
La foto che correda queste poche righe è esattamente il racconto di tutto quanto non sarà necessario descrivere, laddove la narrazione è moto più umana, che meccanica.
Un’auto nera, sinuosa, aumentata negli spazi con l’aggiunta di un baule, all’esterno perfettamente ordinata, il cui contenuto è assolutamente invisibile: che si tratti di oggetti, bagagli, cibo o persone.
Che siano o meno incasellati in ogni dove o che abbiano conservato angoli alla rinfusa con un disordinato ordine.
Potrebbe esserci tutto, o il suo contrario, ma guardando dall’esterno, non è dato vedere niente.
Solo un’idea, che come ogni faccenda resa evidente, corrisponde a verità: siamo in viaggio con quello che c’è dietro, sopra, dentro e pure di lato.
Ci mancavano solo le ruote, ma quelle l’auto ce le mette a disposizione. Per il resto: abbiamo il volante e la scelta della direzione.
22 agosto 2019, ore 10:36.
Per chi ha pensato fosse tutto, è tutto.
Per chi, invece, sa e soprattutto vuole ancora vedere orizzonti, dove l’ostinazione non fa che imporre solo confini, un invito che è universale e vale per chiunque lo voglia leggere: andiamo, vuoi?