Capita spesso che mi chiedano quali siano le mie competenze, quale il mio ambito di lavoro o addirittura quanti esami debba sostenere per diventare geometra…

Ebbene sì, in pochi conoscono veramente la figura dell’architetto. C’è tanta disinformazione a riguardo, per questo ho pensato di presentarvi la mia professione.

Non è solo una questione di conoscenza, si tratta di qualcosa di più importante, di un’operazione culturale che è diventata la mia missione. In un periodo storico come quello in cui stiamo vivendo, è ancora più importante fare chiarezza e chiamare le cose con il loro nome per poter dare il giusto valore a quello che si fa.

In uno scenario animato da arredatori, interior designer, falsi architetti, consulenti d’arredo, artisti, disegnatori, autodidatti ecc… ormai tutti si improvvisano professionisti senza esserlo di diritto ma, a giudicare dalle parcelle, essendolo di fatto.

L’architetto è colui che ha conseguito una laurea (se triennale è detto architetto junior, se quinquennale è detto architetto senior) in architettura, possiede l’abilitazione professionale ed è iscritto all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia in cui esercita la professione. Chi non ha fatto questo percorso non è architetto, anche se si fa chiamare con questo titolo.

A tal proposito, emblematica di questa confusione è la definizione riportata nell’enciclopedia Wikipedia:

L’architetto è la figura professionale massimamente esperta della progettazione architettonica a qualsiasi scala, del restauro dei monumenti, della progettazione del paesaggio, dell’allestimento, dell’estimo immobiliare e del disegno. È storicamente tra gli attori principali della trasformazione dell’ambiente costruito. Gli architetti trovano impiego non solo nel campo dell’edilizia, ma anche in settori più o meno affini all’architettura, come designergonomia e grafica.

Il termine deriva dal greco ἀρχιτέκτων (arkhitekton), parola composta da arkhi (capo), particella prepositiva che serve a denotare “superiorità”, autorità, ma soprattutto pensiero, ossia responsabilità e consapevolezza di colui che si accinge a costruire, e tékton particella che riguarda l’azione, l’operatività (tecnico, ingegnere). Dal termine “architetto” è derivato quello di “architettura” (non il contrario).

Malgrado quello di architetto sia un termine specifico riferito a un professionista laureato e abilitato, il termine è spesso usato impropriamente in un senso più generico per definire chi viene incaricato di progettare l’edificazione (o demolizione) di un ambiente attraverso gli strumenti della ragione (per esempio alcuni ideatori di software o i designer talvolta chiamano se stessi architetti). Il titolo di architetto è tutelato dalla legge, in Italia come in molti altri paesi europei, ed è reato fregiarsi di tale titolo senza possederne le caratteristiche legali, quali titoli accademici o iscrizione all’ordine professionale”.

Dunque, l’architetto crea gli spazi, progetta le visuali, delinea uno stile di vita all’interno delle sue creazioni, suggerisce e provoca emozioni, sensazioni, contrasti. È il regista che coordina la creazione di tutte le parti di cui si compone uno spazio, fa delle scelte importanti che rispondono alle singole esigenze seguendo un unico filo conduttore che è l’idea progettuale.

L’arredatore (o figure simili) è colui che, con o senza titolo di studio, con o senza aver eseguito un corso specifico, con – o quasi sempre senza – partita IVA, dà consigli sull’arredo, l’illuminazione, le finiture interne, l’uso dei colori e dei materiali. Risulta facile per tutti, con i mezzi di comunicazione e informazione di cui disponiamo, cogliere e lasciarsi affascinare da un dettaglio, da una lampada, un arredo o un materiale particolare. Questo non fa di noi degli architetti.

Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo. Il progetto non è il risultato di scelte casuali dettate dalla moda del momento, bensì deriva dall’assimilazione e rielaborazione di proporzioni, forme e figure ereditate dalle tradizioni passate.

Ciò che fa la differenza e detta l’esigenza di affidarsi alla consulenza di un professionista è la genialità che sovrintende il progetto, l’idea generatrice che porta alla scelta di determinati materiali, colori, arredi. Il gusto e lo stile di un architetto possono essere discutibili o non condivisibili ma la qualità del risultato è garantita dalla professionalità della figura.

Non si progetta solo lo spazio come entità fisica ma anche la vita che si svolgerà all’interno di esso. Non basta realizzare un edificio da copertina se poi questo non rispecchia le esigenze e la personalità dei committenti. Sarebbe superficiale pensare di riprendere qualche idea copiata da una rivista o un particolare rubato da internet per creare un progetto di valore (indipendentemente dal budget speso). È l’armonia fra i volumi, lo studio dei percorsi, il ruolo della luce, il contrasto o la combinazione di colori e materiali che fanno di un progetto un’opera architettonica.

Un’opera unica, perché unica è l’idea e il professionista che l’hanno generata. Perciò, se volete un architetto, “diffidate dalle imitazioni”.


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Sono nata a Terlizzi (BA) il 27 maggio 1980, vivo e lavoro ad Andria (BT). L'amore per l'arte ha segnato il mio percorso di studi: diploma d'Arte Applicata presso l'Istituto d'arte di Corato, laurea in Architettura presso il Politecnico di Bari, iscritta all'Ordine degli Architetti della provincia di Bari e successivamente di Barletta – Andria - Trani. Ho sempre svolto il mio lavoro con passione come libero professionista, sia in modo individuale che in collaborazione con colleghi e altri studi tecnici, approfondendo diversi ambiti di progetto: dalla progettazione urbanistica a quella architettonica, dal progetto di interni a quello di elementi d'arredo e dell'illuminazione. Ciò che anima la passione per il mio lavoro è la volontà di indagare la realtà e rappresentarla in rapporto alle reali esigenze ed ai bisogni delle persone, cercando di farlo in modo critico, tecnico ed emozionale. Un mio grande desiderio è quello di aprire un dialogo costruttivo con il mondo esterno, per far comprendere a pieno l'importanza e il senso più profondo della professione di architetto.

15 COMMENTI

  1. Interessante punto di vista, è il medesimo che io ed altri colleghi lighting designer, più o meno anziani, portiamo avanti da svariati anni. Lighting designer non arredatore attenzione! Ovvero professionisti indipendenti che si occupano solo esclusivamente di progettazione della luce (e tra questi laureati in architettura, laureati in design, ecc) che ogni giorno si trovano a lottare contro architetti, o professionisti in genere che si credono onniscenti, e che si improvvisano lighting designer confondendo progettazione della luce (nella situazione più limpida ) con l’azione di sfogliare un catalogo e scegliere una “lampada” carina. O ancora che confondono il termine progettazione con il servzio commerciale offerto “gratuitamente” da un azienda che magari è così generosa da offrire anche un compenso, perchè sono stati scelti i suoi prodotti. Chiedo scusa ma dagli anni in cui è stata data quella definizione che lei cita le cose sono andate avanti. L’architetto factotum non esiste più, per fortuna, e lo dimostrano le specializzazioni che esistono all’interno della facoltà. Con questo articolo mi sembra di essere tornato indietro di 20 anni, nel mondo sono anni che si applica il concetto di progettazione multidisciplinare, qua da noi ci nascondiamo dietro a definizioni date decine di anni fa e ormai obsolete e ci nascondiamo dietro ad ordini professionali che non ci rappresentano. Detto questo, per maggiori informazioni su chi è e cosa fa un lighting designer la invito a visitare il mio blog (lo trova cliccando in alto sul mio nome). Avrei una domanda, ma nei suoi progetti ha mai pensato di rivolgersi ad un professionista della luce? Buona giornata.

  2. Caro Giacomo,
    sono felice che il mio articolo ti abbia portato indietro solo di 20 anni (all’epoca frequentavo ancora la scuola dell’obbligo) perché la figura dell’architetto risale a più di 2000 anni fa e penso che, tuo malgrado, continuerà ad esistere per molto tempo ancora. Non mi sembra il caso di ripetere quali sono le competenze della mia figura professionale e non spetta di certo a te stabilirle, perché tanti anni a sgobbare sui libri (anche di illuminotecnica) non avranno valore per chi si è inventato un titolo o un lavoro ma ti assicuro che hanno molta importanza per chi si è sudato una laurea e ha tutto il diritto di esercitare la sua professione a 360° o scegliere di specializzarsi in un ambito. E’ questa la differenza fra un professionista (vedi definizione giuridica della parola) e una persona, anche senza titolo o abilitazione, che ha deciso di specializzarsi in un settore e fa solo quello.
    In risposta alla tua domanda vorrei dirti che non ho mai ritenuto necessario rivolgermi alla figura del lighting designer per la progettazione della luce ma sono aperta al confronto e, soprattutto, posso scegliere di farlo oppure no. Tu, invece, puoi scegliere di non rivolgerti a un architetto per la progettazione architettonica?
    Mariasilvana

    • Mariasilvana, tu scrivi “anni passati sui libri di illuminotecnica” ma qua ti sbagli. Tu confondi l’illuminotecnica cioè in generale la materia, spesso integrata al corso di fisica tecnica del secondo anno, legata esclusivamente al fenomeno fisico della luce, che non c’entra nulla con Lighting Design. Il LD è una materia complessa che si articola in così tante porzioni che un profesisonista, in una vita passata a studiare solo questa materia, non credo riesca a comprenderne appieno ogni sfumatura.
      Luce non significa solo fisicia tecnica o tencnica in generale, ma design, arte , vita, ecc.
      Io sono laureato in architettura, ma lungi da me dal considerarmi tuttologo, (anzi io non mi definisco proprio architetto) le facoltà stesse si stanno specializzando, dai un occhio ai piani di studio! Testimonianza che la figura di architetto è cambiata dai tempi di Leonbattista Alberti.
      Parlando di Politecnico di Milano, sono 20 anni che esiste una facoltà di design che forma professionisti dediti al disegno industriale. Dimmi, i professionisti laureati in questo corso di studio sono forse inferiori ad un architetto perchè non iscritti ad un album? O ancora, un architetto laureato siamo sicuri che abbia davvero le competenze per dedicarsi a 360° all’attività di designer?
      Ritornando ai libri di illuminotecnica, ti assicuro che, conoscere (se va bene) la differenza tra illuminamento e luminanza o saper scegliere un “faretto” da un catalogo, non fa di un laureato in architettura un lighting desinger o in generale un esperto in materia di illuminazione.
      Rispondendo alla tua domanda, no non ho mai pensato di non rivolgermi ad un architetto per un lavoro da architetto, quelli che si rivolgono ad un arredatore o (all’Ikea) aspettandosi un servizio da architetto d’interni sono uguali a quelli (e tra questi molti colleghi profesionisti architetti e ingengeri) che si rivolgono ad un’azienda d’illuminazione aspettandosi GRATUITAMENTE il servizio offerto da un professionista. o, cambiando materia, che si rivolgono alla ditta che vende impianti per il progetto meccanico ecc. solo perchè così è conveniente.
      Apertissimo ad un confornto!
      ci aggiorniamo
      Giacomo Rossi

      • Gentile Mariasilvana, i tuoi toni si sono inutilmente accesi. Le osservazioni di Giacomo erano legittime e sensate. Dal canto mio, ritengo la definizione di architetto come colui che è “massimamente esperto anche in design, grafica, allestimenti” decisamente obsoleta (o quantomeno, storicamente e cronologicamente, precedente alla nascita della facoltà di disegno industriale – che non puoi ignorare e non può non cambiare radicalmente le cose).
        L’architetto non è onniscente. I laureati in disegno industriale non sono laureati di secondo livello, anzi. A ciascuno il suo campo d’azione. L’architetto si occupa del macro (edifici, piazze, etc), il designer del micro (allestimenti, lighting, grafica, prodotto). Troppo facile chiedere che venga riconosciuta la propria professione e non rispettare o riconoscere quella degli altri. Anch’io all’università ho studiato fisica, costruzioni, materiali, etc etc (la metà dei nostri esami sono comuni a quelli della facoltà di architettura, l’altra metà a quella di ingegneria…e per non farmi mancare niente ho frequentato un corso sperimentale a numero chiuso di due anni in bocconi), ma non per questo ritengo di avere le stesse conoscenze e competenze di un architetto, un ingegnere o un laureato in economia e commercio. Detto ciò, concordo con te: il lavoro dell’architetto dev’essere svolto da un architetto (e non dal geometra di turno); così come il lavoro del designer dev’essere svolto da un designer (e non da una figura qualsiasi – architetto, arredatore o autodidatta che sia). Saluti, Claudia.

  3. Gentilissimi Giacomo e Claudia, lungi da me voler offendere o sottovalutare un collega. La mia polemica è rivolta a chi si improvvisa designer o arredatore spacciandosi per architetto senza avere alcun titolo. Non ho mai affermato né pensato che un laureato in disegno industriale o un architetto specializzato in lighting design non siano all’altezza del loro lavoro. Nel mio articolo cerco di chiarire che la laurea in architettura fa la differenza quindi mi dispiace che vi siate sentiti offesi pur essendo architetti. Ritengo normale che ci sia una commistione e sovrapposizione di competenze fra architetti con specializzazioni diverse perché la figura è unica ed è importante ricordarlo, altrimenti si rischia di confondere il cliente sulle nostre competenze. In ogni caso, siamo tutti d’accordo: ognuno faccia quello che è titolato a fare e nel miglior modo possibile.
    Buona serata
    Mariasilvana

  4. Gentile Mariasilvana, sono un ragazzo di 20 anni iscritto al secondo anno di D.A.M.S, la cui carriera è stata intralciata da diversi e gravi problemi famigliari, che al quarto anno di Liceo Classico, sentiva in un periodo di crescente maturità derivata dal rapporto con il mondo esterno e il mondo del lavoro l’esigenza di fare e studiare arte. Avendo voluto fortemente iscrivermi al Liceo Classico ho conseguito la maturità due anni fa con il massimo dei voti e non avendo colmato questa effettiva mancanza, convinto precedentemente di proseguire gli studi iscrivendomi ad architettura, ho scelto di studiare D.A.M.S., su consiglio del mio professore di storia dell’arte che mi ha informato sulla situazione dell’architettura in Italia, cosa di cui soffro non poco. Nonostante tutto ho studiato la storia dell’arte e materie letterarie a cui è stato dato un taglio più estetico ma durante la preparazione dell’esame di storia dell’architettura contemporanea sui testi di M. Biraghi ho capito , cosa di cui cercavo di deconvincermi al liceo dati gli esami di matematica e fisica, di voler fare architettura, d’accordo con ciò che ha scritto lei, che l’architetto sia anche pensatore e che a ragione progetti non solo con conoscenze e tecnica di composizione e progettazione ma anche tenendo conto di soluzioni abitative logico-artistiche e formali tenendo conto della personalità e delle esigenze del committente.
    Al di là delle altre specializzazioni, dall’interior al lighting design, alla facoltà di architettura, oggi, si dà questa impronta di architettura come ricerca volumetrica, tecnica, ma anche concettuale e critica?
    Riguardo al dibattito creatosi posso dire che ho visto allestimenti di mostre di architetti sorprendenti (da vedere quella di Van Gogh a Milano nel gennaio 2013 dell’Archistar giapponese Kengo Kuma).
    Voglio essere e diventare prima di tutto architetto, per cui necessito della laurea in architettura, consapevole delle difficoltà del corso e della presenza di altri corsi simili a quelli di architettura che in facoltà potrebbero sviarmi. Avete consigli e potreste riportarmi l’entusiasmo degli studi in facoltà, della libera professione, degli approcci, delle collaborazioni e la realtà dell’architettura italiana e internazionale?

    • Caro Danilo,
      mi scuso per il ritardo con cui ti rispondo ma ho voluto pensare bene a cosa scrivere perché sento di avere una responsabilità nei confronti di chi, come te, ha il cuore pieno di speranze e di passione per il suo lavoro futuro e non voglio scoraggiare o illudere nessuno. Prima di tutto vorrei ringraziarti perché mi hai fatto rivivere le emozioni che provavo alla tua età, quando il mio sogno era diventare architetto e l’entusiasmo per tutto ciò che riguardava l’architettura mi faceva superare le svariate difficoltà che comportava la scelta di un difficile percorso di studi, provenendo da una formazione artistica e non scientifica e frequentando i corsi obbligatori da pendolare in un Politecnico disorganizzato. Non è stato affatto facile, lo ammetto, ma neanche per un secondo nei cinque anni di studi ho avuto dubbi sulla scelta fatta. Quando senti di avere una propensione, un’attitudine, una “vocazione”, senti una voce che ti guida e ti aiuta a superare tutte le difficoltà. Non devi mai smettere di crederci veramente e non devi permettere a nessuno di dirti che non sei portato per una determinata scelta. Lo sai solo tu, nel profondo del tuo cuore, quale passione anima la tua vita e la tua ambizione lavorativa, devi solo trovare il modo di esternare le tue capacità e fare in modo che possano essere apprezzate. Non ti nascondo che, anche dopo la fine del percorso di studi, le difficoltà non hanno mai smesso di farmi compagnia. In questo periodo di profonda crisi nel campo dell’edilizia bisogna sgomitare non poco per ritagliarsi un posto nella giungla di colleghi (e di chi si definisce tale pur non avendone la qualifica) per cercare di lavorare in modo concreto e produttivo.
      Non voglio smontare il tuo entusiasmo ma neanche illuderti che il lavoro di architetto sia minimamente simile a quello che ci raccontano all’università, però posso dirti una cosa con certezza:
      se vai avanti per la tua strada con convinzione e determinazione svolgendo il tuo lavoro con coscienza e amore, ti assicuro che non passerai inosservato e riuscirai a fare dei piccoli passi che ti porteranno lontano. Io sono laureata da 11 anni e sto ancora muovendo i primi passi nel mondo della libera professione ma da un po’ di tempo a questa parte, pur avendo affrontato periodi bui, sto iniziando ad avere riscontri e a raccogliere ciò che ho seminato.
      Il mio consiglio spassionato è di non dimenticare mai di sentirti architetto durante gli studi e di diventarlo con la laurea, l’abilitazione ma soprattutto con l’esperienza. Non peccare mai di presunzione ma umilmente fai conoscere il tuo valore, vedrai che spiccherai fra i tanti “venditori di fumo” che si definiscono professionisti ma non sono affatto professionali.
      Rimani con i piedi per terra perché la strada è tortuosa e tutta in salita ma, quando arriverai sulla vetta sarà bello guardarsi indietro ed essere orgoglioso del percorso fatto. Non parlo per esperienza perché sto ancora scalando le pendici della montagna ma sono fiduciosa che un giorno raggiungerò la mia vetta e ci guarderemo, ognuno dal suo punto di vista. Un grande in bocca al lupo per il tuo futuro.
      Con affetto
      Mariasilvana

  5. Cara Mariasilvana,
    nonostante il primo anno al D.A.M.S, rimane il mio sogno e visto che le congiunture non mi hanno aiutato, dovendomi trasferire nella mia regione d’origine, non mi convalidano alcun esame dato a Milano, benché il corso appartengano alla stessa classe di laurea, una variante più “organizzativa” quella di Milano, tenterei il test per raggiungere il mio sogno in un Politecnico a non molti chilometri da casa nonostante le mille difficoltà. Potrei anche optare per Ingegneria edile-architettura più vicina a casa ma non demordo nell’autonomia della scelta: architettura “pura”. Grazie per l’entusiasmo che emana. Lo sento!

  6. Buon giorno a Voi,mi sono ritrovata a leggere questo dibattito e devo ammettere che c’è ne’ di che parlare. E’vero non bisogna mai usurpare un titolo , ma è bene ricordare che l’arredatore non è solo quello “dell’ikea” senza nulla togliere al ruolo che svolgono. L’arredatore è colui , e ammetto che ce ne sono pochi che lo fanno con questo spirito, che mette insieme l’esigenza del cliente e le indicazioni tecniche dell’architetto del geometra o del professionista che segue il lavoro. E’ colui che conosce il prodotto ( in teoria) melio di chiunque altro e che supporta i professionisti egli indica cio’ che l’azienda che hanno scelta per un alvoro possa fare o meno.
    Nella mia carriera sia scolastica che lavorativa devo ammettere di essere stata fortunata, ho seguito allestimenti di mostre e arredato case di persone non comuni sia che abbiano ville migliardarie e che compaiano in televisione tutti i giorni sia persone che incontro a fare la spesa eche non hanno migliardi nel portafoglio. Hanno sempre apprezzato e stimato il mio lavoro e li ho sempre indirizzati presso professionisti per quello che non era di mia competenza o di mia formazione.
    Ogni lavoro ha il suo perchè sono le persone che lo svolgono che fanno la differenza . Quindi diffidate dei padreterni e affidatevi solo a persone che non hanno mezze misure nel dirvi che una cosa è bene farla o meno. La collaborazione è sempre la scelta migliore .
    Continuero’ a seguirvimi piacete un sacco.

  7. Cara Daniela,
    di Padre Eterno ce n’è uno solo per fortuna ma bisogna ammettere che la presenza di troppe figure professionali può confondere il committente. Raramente esso comprende la specificità delle singole competenze o, più banalmente, non è disposto a retribuire un ingegnere, un geometra, un architetto ed un arredatore per realizzare dei lavori edili dato che, a parte l’arredatore, le altre tre figure sono titolate singolarmente a seguire il progetto dalla fase preliminare a quella esecutiva ed amministrativa senza necessità di altre competenze. Fermo restando che le collaborazioni possono essere un valore aggiunto al progetto, bisogna però ammettere che le persone “non comuni” che hai la fortuna di avere come clienti forse non badano a spese ma la maggior parte dei clienti “comuni” vuole interloquire con meno figure possibili anche perché è inutile retribuire 4 persone per un lavoro che può svolgere una sola persona. Oltre che di un fattore economico, si tratta anche di un fattore pratico, poiché è difficile far interagire più competenze senza creare sovrapposizioni e confusioni, a meno che non si tratti di grandi progetti con un grado di complessità tale da richiedere l’intervento di tanti professionisti. Purtroppo nessun arredatore di mia conoscenza indirizza i propri clienti verso professionisti per ciò che non è di sua competenza, piuttosto si rivolge a questi ultimi solo per far firmare il progetto, non potendolo fare in prima persona, ma sono loro gli effettivi progettisti e direttori dei lavori pur non avendo le competenze e la titolarità per farlo. Spero che questi nostri dibattiti creino più consapevolezza nei clienti e più correttezza fra i tecnici e le altre figure che svolgono il loro lavoro in collaborazione con loro.
    Buona serata e buon lavoro
    Mariasilvana

  8. Buon giorno Marisa,
    mettiamola cosi’ ora consci un arredatore che lascia il lavoro che non gli compete ai professionisti e a loro piace tanto non avere l’incombenza XD
    Comunque il problema fondamentale è che i clienti non sanno distinguere – a Volte – la qualita’ di un lavoro che sia esso svolto da un architetto da un ingegnere da un geometra o ancora di piu’ da un Falegname e questo porta a una confusione estrema, ma questoporterebbe anche a un dibattito piu’ ampio .
    Buona giornata e goodjob
    Daniela

  9. gentile Mariasilvana sono un ARCHITETTO – INGEGNERE, nel senso di laura in ingegneria (geotecnica e strutture) tradizionale e laurea in architettura tradizionale con relative abilitazioni, la puntualizzazione è d’obbligo visto che in giro ci sono in giro figure ibride tipo ingegnere edile-architetto con le quali non ho nulla a che vedere, la domanda è la seguente “ci si può fregiare del titolo di ARCHITETTO DI INTERNI senza essere architetto ??

    cordiali saluti
    Eliseo Vecchi

  10. Gentile Eliseo, purtroppo sono in tanti a fregiarsi del titolo di architetto, poiché evidentemente non sanno quanto studio e sacrificio ci è costato conquistarlo. Per mia esperienza diretta posso dirti che si spacciano per architetti sia persone con altro titolo, come geometri o periti, sia individui senza un vero titolo quali ex studenti di architettura mai laureati o persone che hanno seguito un corso di arredamento o addirittura molti neanche quello. A tal proposito, è emblematica la nota presente nella definizione di architetto riportata da Wikipedia : “Malgrado quello di architetto sia un termine specifico riferito a un professionista laureato e abilitato, il termine è spesso usato impropriamente in un senso più generico per definire chi viene incaricato di progettare l’edificazione (o demolizione) di un ambiente attraverso gli strumenti della ragione (per esempio alcuni ideatori di software o i designer talvolta chiamano se stessi architetti). Il titolo di architetto è tutelato dalla legge, in Italia come in molti altri paesi europei, ed è reato fregiarsi di tale titolo senza possederne le caratteristiche legali, quali titoli accademici o iscrizione all’ordine professionale.”
    Purtroppo molti non sanno che, oltre ad essere scorretto, fregiarsi impropriamente del titolo di architetto è anche un reato e bisognerebbe ricordarglielo.
    Cordiali saluti
    Mariasilvana Tesoro

  11. Vorrei rispondere all’ architetto Vecchi. Io venti anni fa ho frequentato una scuola , chiamata I.S.A.I. Istituto Superiore di Architettura di interni ( l’ avranno pur chiamata così per qualcosa). La scuola in questione, è nata dalla volontà di un gruppo di architetti, molto competenti! Questa scuola, concepita come una università triennale, rilascia un diploma riconosciuto dalla regione. E’ pur vero che la figura dell’ architetto è tutta un’ altra cosa, ma sono sicura al cento per cento che all’ epoca ( e forse ancora oggi) non esisteva una specializzazione VERA nel settore dell’ arredamento, che nella mia personale esperienza, ho visto snobbare dagli stessi architetti. Ho lavorato nella progettazione di mobili per quindici anni. So perfettamente come devono essere costruiti. So anche che le porte scorrevoli su una stanza mansardata, non possono avere lo scorrimento inclinato con l’ apertura verso l’ apice di quasi quattro metri… Come progettato in un bellissimo prospetto in AUTOCAD proprio da un Architetto!!!E questa è solo uno dei tanti strafalcioni visti nell’ arredamento da laureati in architettura!!
    L’ esperienza di progettazione, composizione e vendita mi hanno permesso di mettere a frutto tutto quello che ho imparato all’ I.S.A.I. Lì ho studiato storia dell’ architettura; disegno e storia del mobile; disegno tecnico e rilievi misure; tecnologia dei materiali; tecnica della rappresentazione grafica; AutoCad; Composizione; psicologia dell’ abitare…. Ma l’ ESPERIENZA sul campo e l’ umiltà di voler capire, imparare, ASCOLTARE anche e soprattutto gli operai, hanno fatto il resto! Ho conseguito il mio diploma con ORGOGLIO e FATICA e Francamente se mi presento come architetto di INTERNI è perché lo sono! L’ unica differenza tra me e un architetto junior o senior è che NON posso tirar su case o ancora… NON posso fare interventi particolari senza il timbro di uno studio di architettura ( CHE DEVO PAGARE SOLO PER QUELLO!) Viceversa a uno che ha conseguito la laurea in architettura è permesso qualsiasi errore di progettazione degli spazi interni, di mobili improbabili… spesso proposti tenendo conto del proprio ego a scapito delle reali esigenze del committente. Detto ciò sono pienamente convinta che i professionisti capaci esistano!! Mi irrita non poco la presunzione di persone convinte che una figura professionale di rispetto si guadagni semplicemente con un titolo di laurea!! E attenzione: io sono sempre chiara con i miei clienti! Specifico SEMPRE quello che posso o non posso fare!! Cordiali saluti a tutti

  12. Gentili signori, cosa mi dite dei seguenti personaggi: Le Corbusier, Mies Van Der Rohe, Frank LLOYD Wright, Carlo Scarpa, Tadao Ando, ecc. Che hanno fatto e fanno la storia dell’architettura pur non avendo conseguito la laurea in architettura?

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