Woman in red tracksuit with colored pinwheel in rapeseed field

«Rispetto alle formiche sono grande come Godzilla»

(Lucio Corsi)

Caro lettore, adorata lettrice,

Lucio Corsi non ha vinto Sanremo per colpa mia.

Tranquillo, non intendo tediarti intrattenendoti sulle polemiche post-sanremesi. Sento solo di chiedere scusa a Lucio.

Il fatto è che, quando mi piace davvero una canzone, non vince.

Ritengo “Che sia benedetta” poesia allo stato puro? Arriva seconda dopo l’Orangotango. Volo con “Mariposa”? Finisce quindicesima (e quindi: ti chiedo due volte perdono, adorata Fiorella!). Mi innamoro di “Volevo essere un duro”? Inevitabilmente, finisce al secondo posto – ed è già un miracolo! – dietro un nome che a me, ignorante, ricordava unicamente i manga giapponesi.

Mentre rimuginavo pensieri simili, mi è tornato alla mente un aforisma di Gesualdo Bufalino: «I vincitori non sanno quello che perdono».

E così la mia riflessione si è allargata. Ha ricompreso il buon Simone Cristicchi, finito quinto con un misero 6% di voto, ha adorato le lacrime di Giorgia, ha pensato che è già un evento straordinario che Brunori sia finito sul podio.

Perché evidentemente, in questo mondo, ci sono da sempre vincitori e perdenti, ma io ho la netta sensazione che molti di quelli che oggi vincono, in realtà, non sappiano cosa si perdano. Ritengo ci sia una qualità, un colore, una dimensione della vita che sfuggano ai “falcidiatori” di like e “cuoricini”. E ritengo che ci sia, invece, una poesia dell’esistere profondo che richiede tempo per essere assaporata e navigata: il medesimo tempo che restituisce in eternità, per quanto nulla sia eterno tra noi umani.

Alla fine, è una questione di proporzioni: la formica si ritiene gigante rispetto a un microbo, io mi sento gigante rispetto ad una formica, ma in definitiva nessuno è abbastanza grande e niente è davvero piccolo. Dipende dall’unità di misura, dipende dal bagaglio di relazioni, dipende da quanto ci si scopra amati e capaci di restituire amore.

Io, che sono nato agonista per eccellenza, che mi arrabbio anche se perdo in un qualsiasi gioco di società, sto imparando, da almeno una quarantina di anni a questa parte, il piacere della sconfitta che ti fa crescere. Sto ancora agli inizi, ovviamente, ma conto di gustare ancora questo piacere, quello che taluni vincitori non gusteranno mai: specie quelli che si vendono al voto e televoto del momento.

Passerà il vento favorevole, così come passa il vento ostile. Resta solo ciò che sei: che tu sia una formica o Godzilla.

In fondo in fondo, siamo tutti grandi e piccoli, vincitori e perdenti, certi e insicuri. Tutti alla ricerca di un equilibrio sottile tra sogni e limiti, tra Itaca e le Colonne d’Ercole.

Ogni viaggio, provvisorio. Ogni vittoria, una tappa. Ogni sconfitta, una opportunità.

Questione di proporzioni: e di prospettive.

Ecco perché volevo essere Lucio: un grande che si fa piccolo, un genio strapazzato per far posto a Topo Gigio, un artista a tutto tondo, polistrumentista, creativo allo stato puro, che si presenta come un’umile cintura bianca. E che intanto stende davanti ai nostri occhi un meraviglioso e multicolore arcobaleno.

Martina Navrátilová: «Il momento della vittoria è troppo breve per vivere solo di quello e niente altro».

Lucio Corsi: «Buttando nel vento il lavoro di anni perché neanche da vecchi si sa cosa faremo da grandi»

Lucio Dalla per Ayrton Senna: «E, come uomo, io ci ho messo degli anni /a capire che la colpa era anche mia /a capire che ero stato un poco anch’io / E ho capito che era tutto finto / Ho capito che un vincitore vale quanto un vinto / Ho capito che la gente amava me».


FontePhotocredits: https://elements.envato.com/woman-in-red-tracksuit-with-colored-pinwheel-in-ra-CE8WSZC
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

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