Certamente è uno slogan abusato recentemente in molto ambiti, ecclesiali e non, con ricadute piacevolmente immediati e altisonanti; segno che le sacrestie forse sono ancora piene di dame e cavalieri con vestiti variopinti, frutto più di una fantasia irrefrenabile che di genialità propositiva là dove si inorridisce quando si parla di problemi esistenziali e sociali, pronti però a sfilare in processione con divise scintillanti … già … “divise” – termine derivante da “dividere” – sperando che non costituisca un impegno a dividere ma a unire. P. Leone Dehon, un prete francese (1843-1925), utilizzò questa frase per spronare i preti della sua diocesi a interessarsi della crescente questione operaia causata dalla rivoluzione industriale, piuttosto che dedicarsi unicamente ad una pastorale “vecchio stampo”, purtroppo ancora non tramontata, fatta di sacramentalizzazioni e processioni più che di condivisioni. P. Leone Dehon, figura di spicco del cattolicesimo sociale di fine ‘800, di cui il 12 agosto ricorre l’anniversario della morte, rimane impressionato dal dramma sociale dello sfruttamento degli operai, con donne e bambini che venivano sottopagati e schiavizzati in un estenuante lavoro di 16 ore al giorno! Comprende come i preti “debbano uscire dalle sacrestie e andare al popolo”, e per questo metterà la sua intelligenza a servizio della riflessione culturale:scriverà il “Catechismo sociale”, ma soprattutto diverrà uno dei più convinti diffusori della prima enciclica sociale della Chiesa, la di Leone XIII (1891). È singolare come tutte le dottrine politiche, di qualsiasi estrazione, si siano sempre proposte sfide per debellare povertà, fame, ingiustizia, disagio estremo, seminando promesse e proclami virtuosi e persino rivoluzioni, per ritrovarsi poi nel tempo a contare sconfitte e fallimenti. Se la politica da anni è insensibile a causa di corporativismi e lobby, allora sono le comunità che dalla base alzano la loro voce … consci che l’uomo non è un catalogo di bisogni da fronteggiare burocraticamente con le cosiddette “risorse sostenibili”, ma occorre ravvisare in lui un “volto” con cui condividere prima di tutto una presenza e poi le risorse umane comuni; la politica, poi, diventi il luogo dove non devono esserci più favori da concedere, bensì diritti da rispettare. Elia Ercolino