Si vis pacem, para bellum. Sembra essere questo il leitmotiv che agita Angelina Jolie in ”Maleficent – La Signora del Male”, sequel di ”Maleficent”, film Walt Disney Pictures del 2014, diretto da Robert Stromberg, spin-off de ”La bella addormentata nel bosco” (1959). Regista di questa nuova, magica avventura è stavolta Joachim Ronning che, mettendo insieme soggetto e sceneggiatura di Linda Woolverton, Noah Harpster e Micah Fitzerman-Blue, sfrutta la produzione della stessa Jolie, di Joe Roth e di Duncan Henderson, e gli effetti speciali di Hayley J. Williams, per dar vita ad un mondo fantastico che tocca le emozioni più radicate dell’aspetto umanamente incantato dei protagonisti.

Nei tratti caratteriali di Malefica nulla è come appare. Le sembianze da strega cattiva sono pensate per trarre in inganno, vergogne celate dietro un velo che copre corna di disprezzo, poteri soprannaturali che, inizialmente, innalzano il muro della diversità, scavalcato per amore di Aurora (Elle Fanning) e di Filippo (Harris Dickinson), suo futuro sposo e Principe di Ulstead, nonché figlio della regina Ingrid (una magistrale Michelle Pfeiffer) e di re Giovanni (Robert Lindsay), vittima del sortilegio machiavellico di sua madre, calunniatrice e intessitrice di trame subdole, piani apotropaici e malvagi che mirano alla distruzione di massa, il fumus persecutionis che spaventa le esistenze delle fate della Brughiera, intrappolate dall’elfo traditore, e poi pentito, Sicofante.

Dal plot volutamente incalzante, Maleficent pone l’accento sulle fragilità di tutte le creature, persino quelle alate simili al personaggio interpretato dalla Jolie che si ritrova, ex abrupto, vulnerabile di fronte a pozioni di ferro, ruggine sciolta da lacrime humus di passione e mancanza, genitrice putativa che sa accogliere e proteggere, lei, guerriera ferita e curata da Conall (Chiwetel Ejiofor), in guerra con i propri dèmoni piuttosto che contro gli umani, a cui si sente, per motivi di cuore, di appartenere.

Gli aneliti pugnaci di Borra (Ed Skrein) non smuovono Malefica dai suoi intenti pacifisti, desiderosa di rinascere, ancora una volta, dalle proprie ceneri, come la Fenice nietzschiana, oracolo di un destino preannunciato, lo Zarathustra che anticipa il lieto fine, un crescendo reso perfettamente noto dalle musiche di Geoff Zanelli, un volo nel cielo infinito come la speranza di bambini che imparano a camminare fra le nuvole, la pace dei sensi che ogni spettatore avvertirà dopo la proiezione.