
Il volto pentito di Elodie
”Ti mangio il cuore” di Pippo Mezzapesa porta con sé nel titolo la crudeltà che nella pellicola va crescendo in maniera esponenziale, lo stile è quello del gangster movie, uno stile violento ed efferato che prende in prestito da Saviano le atmosfere gomorriane, nuances bianche e nere che la fotografia di Michele D’Attanasio, pur appunto in assenza di colori, riesce a mettere in scena avvalendosi di particolari come la Venere di Botticelli dipinta sulla parete di un ristorante.
In un tempo che pare sospeso, lo spazio conteso è quello del Gargano, terra di conquista, lotta di mafia che diventa scontro fratricida come nella più drammatica delle tragedie greche o nella più shakespeariana delle memorie, dove i Montecchi e i Capuleti sono rappresentati dalle famiglie Malatesta e Camporeale, un quadro scandito da note anacronistiche di “Tu si na cosa grande”, ”Calma e sangue freddo”, ”Dragostea din tei” o ”El talisman”, alle quali si aggiunge la sonorità di “Proiettili”, un affresco in cui i protagonisti sono i rottami, le macerie tra cui i bambini scorrazzano felici, un regno nel quale ad interpretare il ruolo di regina è Marilena Camporeale con il volto e le fattezze segnate di Elodie, co-autrice con Elisa del soubdtrack, alla prima esperienza cinematografica.
Eros e tànatos nel film si concentrano nella furia omicida di Andrea Malatesta (Francesco Patanè) e si condensano nel concetto di pentimento che fa il paio con la fierezza dello sguardo di Marilena, spigolosa, segnata nel dolore, nonostante il sole pugliese, costretta agli occhi velati ed alla fuga, ma mai con il capo abbassato, vitalità impossibile da ingabbiare, ostinatamente forte nel tentativo di percorrere controcorrente la strada del proprio destino.