Due uomini, con le loro debolezze: e la loro fede
«La gente ha bisogno di Bergoglio! (…) Sono mesi che penso al mio ritiro. Non posso più interpretare questo ruolo. Cosa succederebbe se al prossimo conclave votassero Bergoglio? Tu non darai le dimissioni da Vescovo finché non vorrò accettarle; io non potrò ritirarmi se ti rifiuti di restare. È un dilemma. Un dilemma teologico. La Chiese deve cambiare, lo farà con te». L’intenso film The two popes, ispirato alla vicenda degli ultimi giorni del pontificato di Benedetto XVI, potrebbe essere riassunto in queste parole che il dimissionario Papa Ratzinger (Anthony Hopkins) rivolge in tono deciso al cardinal Bergoglio (Jonathan Pryce).
Tante sono le suggestioni che il film sollecita. Proverò soltanto a suggerirne qualcuna in maniera del tutto informale e personale. Innanzitutto la grande umanità di Joseph e Jorge. Non siamo davanti a due santi, a due campioni della fede o a dei potenti capi di stato che governano i cattolici di tutto il mondo. Bensì il film trasmette la sensazione di entrare nell’intimo di due persone, con i loro pregi e difetti, soprattutto debolezze. In particolare, Benedetto appare come l’uomo incapace di «assaporare la vita» e che per questo si è nascosto dietro i libri e lo studio. Una lettura, questa, poco generosa nei confronti del Papa emerito che, al contrario, con i suoi libri ha fatto teologia in ginocchio, secondo la celebre definizione di Francesco. E basterebbe leggere qualche suo libro per verificare che davvero Joseph Ratzinger ha gustato la vita trasfigurandola alla luce della fede (lumen fidei è il titolo della sua prima enciclica), virtù che ha tentato di spiegare, riuscendoci magistralmente.
Il film passa in rassegna quasi tutte le problematiche che hanno gravato sulle spalle del Papa emerito, da Vatileaks alla piaga della pedofilia nella Chiesa, la ferita che forse gronda più sangue nell’anima del Papa tedesco, e che egli inizia a risanare con tutte le sue energie e forze. È quanto lo stesso Bergoglio gli riconosce durante la confessione in una deserta cappella Sistina. Egli consola il vecchio Papa, lo invita a rimanere sulla cattedra di Pietro come Gesù è rimasto sulla croce. Ma Ratzinger ha già deciso. Non sente più la voce di Dio e non può più interpretare il ruolo di Papa… Ai peccati del Papa seguono quelli del Cardinale, innanzitutto l’essere sceso a patti con la dittatura argentina, anche solo se per proteggere il suo Ordine religioso di cui era Provinciale. Ora è Ratzinger che consola Bergoglio e lo invita a credere di più nella misericordia di Dio.
Alla fine della lunga confessione, Papa Benedetto appare finalmente sollevato e sempre più convinto di dover dimettersi per lasciare spazio a quel cardinale così diverso da lui, il più indicato per avviare la trasformazione di una Chiesa ormai stanca e inadeguata a vivere le sfide del tempo in cui abita (ma è solo colpa del Papa se la Chiesa è indietro di duecento anni rispetto al mondo?). Se prima della confessione nella Sistina Benedetto aveva schivato i turisti, adesso, dopo il lungo dialogo con Bergoglio, egli va loro incontro, si lascia fotografe e abbracciare, segno dell’avvenuto cambiamento a favore di una Chiesa che va incontro alla gente, che si fa compagna di viaggio degli uomini e delle donne del terzo millennio. Ed è solo l’inizio di una storia che ora tocca a Bergoglio proseguire succedendo a Benedetto.
Ecco allora Bergoglio, interpretato magistralmente da J. Pryce e a lui perfettamente somigliante. Egli appare in tutta la sua umile grandezza, fatta di parole vere e gesti profondi, sempre in mezzo alla gente della sua Buenos Aires. Jorge è tratteggiato come colui che ha una visione statica di Dio e della storia. È questo un concetto fondamentale, che il regista non si stanca di sottolineare lungo tutto il film e che, per pura coincidenza, anche il Papa ha ripreso nel suo ultimo discorso alla Curia romana: «La memoria non è statica, è dinamica. Implica per sua natura movimento. e la tradizione non è statica, è dinamica, come diceva qual grande uomo (J. Jaures): la tradizione è la garanzia del futuro e non la custodia delle ceneri». E quando diventa Papa, il suo primo pensiero è per Ratzinger, oramai diventato suo amico. Joseph guarda con serenità e gioia l’affacciarsi di Jorge su piazza s. Pietro, contento di essersi fatto da parte per il bene della Chiesa.
Si potrebbe scrivere ancora molto di questo film. Ad esempio del delicato tema della notte spirituale e dell’assenza di Dio, esperienze che non mancano nella vita filmica dei due Papi, o il loro rapporto col potere e la politica. Di certo, il regista non si è risparmiato nell’impresa di consegnare agli spettatori una pellicola capace di raccontare con profondità e deliziosa leggerezza la storia che attraversiamo.
La Chiesa non indietro rispetto al mondo. È questo che, supponente, crede di essersi emancipato.
La Chiesa è, saggiamente, una lenta tartaruga e tale deve essere perché ha da discernere e camminare nella storia dell’eternità. Il mondo si muove sul piano bidimensionale, la Chiesa su quello tridimensionale. Non si possono paragonare se non in parte.