Proprio in Italia, in provincia di Bergamo, per la precisione, l’ultimo caso di femminicidio avvenuto a Cologno al Serio
I concetti di eros e thanatos, soprattutto in questo momento storico, in Turchia, assumono un valore ben più ampio di quanto si possa immaginare. Al di là della questione curda in Siria, infatti, ci sono numeri sconcertanti che tracciano una realtà difficile da raccontare, è la realtà di vite spezzate, donne uccise intramoenia.
Partiamo da dati incontrovertibili legati al femminicidio: solo nel mese di agosto del corrente anno, 49 donne sono state uccise dai loro mariti e compagni, e se in tutto il Mondo si stima che il 58% degli omicidi sia di responsabilità di familiari, in Turchia si calcola, nello specifico, che il 38% delle donne fra i 15 e i 60 anni viene aggredito, almeno una volta nella vita, dal proprio partner.
Ispirandosi ad un’antica tradizione turca, secondo cui quando qualcuno muore, i parenti espongono le scarpe del defunto sull’uscio della sua abitazione, l’artista Vahit Tuna ha riempito la parete esterna di 260 metri di un edificio al centro di Istanbul con 440 paia di scarpe a tacco alto, uno per ogni donna uccisa in Turchia nel 2018.
880 simboli di sfida e indipendenza, insomma, un’installazione catartica che rimarrà esposta nella capitale per sei mesi affinchè tutti i passanti si fermino a pensare un istante alle tragiche conseguenze della violenza domestica, ferita aperta e sanguinante che non conosce confini.
Proprio in Italia, in provincia di Bergamo, per la precisione, l’ultimo caso di femminicidio avvenuto a Cologno al Serio, ha fatto scattare nuovamente l’allarme. La criminologa e vicepresidente di Aispis, Antonella Cortese ha evidenziato come ” l’aspetto preventivo è fondamentale per ridurre episodi del genere. Abbiamo il dovere di contribuire a rimuovere tutti quegli ostacoli, culturali, sociali, economici e giuridici, che impediscono alla donna vittima di violenza di vedere riconosciuto il diritto alla ricostruzione di una vita vera e dignitosa. La concezione di donna oggetto è una devianza mentale che riguarda molti uomini, indipendentemente dal grado di cultura o dalla posizione sociale“. “Questo – precisa ancora – ci fa capire quanto il lavoro del Governo, della politica in generale, e di tutti coloro che si occupano della difesa delle donne sia indispensabile per sradicare questi principi malati e ricominciare a costruire una società sana, basata sul rispetto dell’altro“.
La soluzione a questa indicibile mattanza potrebbe essere un intervento puntuale e attento delle Istituzioni, finanziando, magari, centri antiviolenza di periferia, quelli che, per intenderci, più di tutti, offrono accoglienza a ragazze disagiate. E se il caso della Turchia può apparire sui generis, il nostro Paese deve farsi portatore di buoni esempi e importanti modelli nel miglioramento delle politiche sociali, supportando, legalmente e psicologicamente, le vittime di violenza per restituire orgoglio e sicurezza a donne che le scarpe meritano di indossarle e non di appenderle fuori di casa.