«Le nostre sono antitesi integrali: restiamo storici, al di sopra della cronaca, anche senza essere profeti, in quanto lavoriamo per il futuro, per un’altra rivoluzione»

(Piero Gobetti)

Politici e politicanti del mainstream sono ormai, per lo più, lontani dalle estreme illiberalità dei regimi nazifascista per le destre e sovietico per le sinistre. Le dure lotte condotte verso la metà del secolo scorso hanno messo in moto meccanismi di protezione dalle nefandezze degli estremismi dittatoriali neri e rossi.

Questi meccanismi di protezione delle individualità e conseguentemente delle comunità, avendo iniziato il proprio corso storico in una dimensione socioculturale ed essendo stati poi formalizzati in diritto oggettivo di livello costituzionale, rappresentano le coordinate-madri da seguire ed attuare su tutti i piani della normazione e della interpretazione normativa. Lasciando perdere i partitini che si collocano in una posizione antagonistica nei confronti degli equilibri compositivi e dinamici della Costituzione italiana repubblicana – liberale e sociale, democratico-rappresentativa e antifascista – il mainstream politico e politichese si dichiara, almeno formalmente, liberale.

I liberali puri in realtà non sono mai stati numericamente “troppi”; tuttavia il sano rigore del loro metodo e la loro capacità di contemperare esigenze, stili di vita e realtà socioeconomiche strutturalmente e talvolta anche ideologicamente contrapposte, ha permesso alla purezza liberaldemocratica di raggiungere lodevoli risultati storici. Così Luigi Einaudi, che l’11 maggio 1948 divenne Presidente della Repubblica italiana, ricordava l’importanza di “garantire la persona umana contro l’onnipotenza dello Stato e la prepotenza dei privati”.

Se i liberali puri spesso hanno governato le necessità storiche con buoni e ferrei ideali aperti e con sapiente pragmaticità, affrontando situazioni ardue nelle funzioni di ammortizzatore politico delle proposte eccessivamente radicali, e di sintesi e cura delle antitesi ideologiche fra categorie socioeconomiche, la loro carica valoriale non ha mai dismesso di stringere con il pugno destro delle libertà la missione della rivoluzione liberale. In una visione figlia del suo tempo – come tutte le visioni – ma al contempo paradigmatica e sistematica e quindi capace di ispirare anche i contemporanei di questo tempo in divenire, scriveva Piero Gobetti che “Le nostre sono antitesi integrali: restiamo storici, al di sopra della cronaca, anche senza essere profeti, in quanto lavoriamo per il futuro, per un’altra rivoluzione”.

Quell’altra rivoluzione – liberale – potrà realizzarsi senza eccessivi impeti e senza barricate, senza lacrime ma con tanto sudore della mente, attraverso il progressivo esercizio delle coscienze cittadine nei diversi e complementari ruoli sociali, civici ed istituzionali. Le dialettiche ragioni di quell’altra rivoluzione hanno il dovere attuale di estromettere il rischio stesso che possa entrare l’estremismo di ogni colore nelle istituzioni. I liberali hanno la coscienza metodologica per comprendere come sia labile ogni confine tra gli analfabetismi e i populismi, e tra gli incalcolabili neopopulismi e gli aliberali disfattismi delle conquiste costituzionali.

Il mainstream della politica odierna, tanto di destra quanto di sinistra e non solo, pur lontano dagli orrori degli estremismi novecenteschi, deve avere la dignità e il coraggio di non allearsi e non chiedere appoggi elettorali alle liste e ai simboli che hanno simpatie ideologiche estreme ed illiberali, nemmeno nei periodi di magrezza percentualistica.

Corriamo il rischio di vedere un Parlamento italiano sfibrato numericamente, con un numero di rappresentanti del popolo vertiginosamente in diminuzione e con soli candidati notabili cari ai giuochi delle segreterie dei partiti, qualora non dovesse vincere il NO nell’imminente consultazione referendaria di carattere costituzionale-strutturale. Per ragioni di risparmio di meno di un caffè all’anno – e i tagli agli sprechi si possono realizzare diminuendo i privilegi delle realtà che circolano intorno alla politica – si rischia di svendere la rappresentatività delle eterogenee anime sociali della popolazione italiana: questa è la tendenza, e non per garantire la governabilità, che si garantisce invece con apposite disposizioni regolamentari interne alle Camere.

I partitini illiberali non staranno a guardare, e potrebbero inviare nelle listone dei grossi partiti i propri militanti o simpatizzanti, per assicurarsi un posto al sole nel ristretto Olimpo dei bottoni.


Fontehttps://flic.kr/p/SXAduN
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Luigi Trisolino, nato l’11 ottobre 1989 in Puglia, è giurista e giornalista, saggista e poeta, vive a Roma dove lavora a tempo indeterminato come specialista legale della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’interno del Dipartimento per le riforme istituzionali. È avvocato, dottore di ricerca in “Discipline giuridiche storico-filosofiche, sovranazionali, internazionali e comparate”, più volte cultore di materie giuridiche e politologiche, è scrittore e ha pubblicato articoli, saggi, monografie, romanzistica, poesie. Ha lavorato presso l’ufficio Affari generali, organizzazione e metodo dell’Avvocatura Generale dello Stato, presso la direzione amministrativa del Comune di Firenze, presso università, licei, studi legali, testate giornalistiche e case editrici. Appassionato di politica, difende le libertà e i diritti fondamentali delle persone, nonché il rispetto dei doveri inderogabili, con un attivismo indipendente e diplomatico, ponendo sempre al centro di ogni battaglia o dossier la cura per gli aspetti socioculturali e produttivi dell’esistere.

1 COMMENTO

  1. Apprezzo molto questo articolo e, le sue seguenti parole, ne sono la perla:

    “Corriamo il rischio di vedere un Parlamento italiano sfibrato numericamente, con un numero di rappresentanti del popolo vertiginosamente in diminuzione e con soli candidati notabili cari ai giuochi delle segreterie dei partiti, qualora non dovesse vincere il NO nell’imminente consultazione referendaria di carattere costituzionale-strutturale. Per ragioni di risparmio di meno di un caffè all’anno – e i tagli agli sprechi si possono realizzare diminuendo i privilegi delle realtà che circolano intorno alla politica – si rischia di svendere la rappresentatività delle eterogenee anime sociali della popolazione italiana: questa è la tendenza, e non per garantire la governabilità, che si garantisce invece con apposite disposizioni regolamentari interne alle Camere.”

    Complimenti.

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