Resisti. Fra non molto, il problema verrà radicalmente risolto. Ormai, il cielo è solcato dai droni, ne compri uno, di seconda mano, e potrai liberamente muoverti per la suggestiva Barletta, volando ad altezza della testa di Eraclio.

Storpio. In bicicletta! Ma quando lo capirai che è una follia circolare con la bicicletta, per Barletta? Eppure di anni ne hai accumulato un bel po’, i capelli, quei pochi sopravvissuti, sono inconsistenti ed incanutiti, ed i tuoi miopi occhi vedono distintamente i cipressi del…!

Deciditi ad usare, anche per i più piccoli spostamenti, la tua vetusta e sgangherata “Passat”, come fa, saggiamente, la maggior parte della gente. Che sa bene come va il mondo, il migliore di quelli possibili, quello di Candido, figlio di Voltaire.

Non ti bastano ancora gli incidenti stradali in cui sei incorso?  Non è stato sufficiente rivolgerti per anni alle cure dei chirurghi e degli ortopedici? Di usare scarpe ortopediche su misura? Di ricorrere al patrocinio degli avvocati, perché venissi risarcito?

Ti ricordi quella volta in cui finisti sotto la gigantesca ruota di un carro, che trasportava “tufi”, trainato da un cavallo, ed il polpaccio della sinistra venne letteralmente spappolato?  Avevi appena undici anni. Un lago di sangue. Rosso. Palpitante. Le tue urla disumane. I rantoli dello stallone.

Passò un pediatra, gettonatissimo, quello che a casa tua si lavava le mani in un catino di ceramica con l’acqua prelevata di notte da tua madre alla fontana pubblica, dissetante muli, asini e… bambini.

Venne sollecitato, caldamente, dai curiosi, accalcatisi numerosi intorno a te ed al cavallo, subito stramazzato, a soccorrerti. L’acceleratore fu sordo alla pietà, e la macchina impennandosi, si dileguò.

Un emigrante staccò momentaneamente il piede dall’acceleratore, frenò bruscamente, misericordioso, raccattò te, cucciolo umano, sanguinante ed impaurito, e con rabbia premette il pedale di destra, come se stesse su un circuito di formula uno, per bruciare la distanza che vi separava dall’ospedale. La vettura nel contempo si abbeverava del sangue tuo, sconosciuto bambino, figlio di un operaio. Assidua fu, poi, la presenza del generoso soccorritore all’ospedale. Portò dei doni, e ti brillarono gli occhi.

Sarà morto. Precocemente. Non per il cuore…, gonfio d’amore, ma per i polmoni stracolmi di antracite belga! Ma nei tuoi pensieri vive alla grande, il tuo eroe, di cui non ricordi i lineamenti del volto, ma solo la dimensione dell’animo.

Da allora, zoppo. Per tutta la vita. O, più precisamente “storpio” come ti urlò, bavosa e livorosa, con inusitato disprezzo una professoressa della Scuola Media “R. Moro”, perché eri refrattario alle illegalità perpetrate contro gli alunni e, senza remore, le denunciavi, dopo civili tentativi di induzione al rispetto della legge, alla Procura di Trani.

Non è stata condannata, per oltraggio perpetrato alla tua dignità ed a quella di tutti gli handicappati del mondo. Perché le colleghe, educatrici, omertose come i politici ed i criminali, hanno avuto un vuoto di memoria, un pieno di “non ricordo”. Quindi, cornuto e mazziato, condannato, a pagare l’avvocato, il fraterno amico Pasquale, che, per tua fortuna-sfortuna rifiuta, nonostante le insistenze, di comunicarti ed esigere la parcella che gli spetta.

I soldi dell’eventuale risarcimento non sarebbero finiti nelle tue tasche, ma nelle mani di Gino Strada, l’unica strada del mondo sulla quale le persone non muoiono, ma vengono ricucite e salvate, senza guardare il colore e la condizione sociale. Rischiando la propria vita. Sotto le bombe.

Sterminato è l’elenco di incidenti che ti ha visto vittima. Rammenti quell’altra volta che finisti con la testa in prossimità del pneumatico di un camion col motore acceso? L’angoscia di quell’attimo infinito perdura e ti perseguita. E quando la ruota anteriore della tua bicicletta venne azzannata da un cane lupo senza guinzaglio? Ruzzolasti sulle sue calde deiezioni e ricorresti alla fontana pubblica, per non raccontare l’accaduto a tua madre, perennemente in angoscia per te. Faceva freddo, poi, quel giorno che travolto da una vettura, la giacca si lacerò orrendamente. Fortunatamente venisti risarcito, e l’assicurazione si tenne l’indumento ridotto a brandelli. …

Di biciclette, poi, ne hai cambiate tante, ma non sai rinunciarvi. Specialmente ora che per timore di altri furti hai comprato una catena ed un lucchetto…?!  Te li invidiano anche i direttori di Sing Sing e Guantanamo.

Se, già, nel passato era pericoloso muoversi a Barletta in bicicletta, adesso è come attraversare un campo disseminato di mine, orgogliosamente made in Italy, prodotte generosamente, per amore del PIL, nella civile Brescia. Ne è convinta persino l’Amministrazione, abbarbicata ad uno stollo di Sindaco, che, smantellando e desertificando le postazioni di bike sharing, costate un occhio ai paperoni barlettani, ha decretato di fatto la morte del sogno della mobilità sostenibile.

Barletta, via 3 novembre, invece di “4 novembre”. Giorno in cui il generale Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito, annunciò la vittoria dell’Italia e la disfatta nemica. Fine della prima guerra mondiale, sì, ma inizio dell’attacco spietato delle automobili contro gli inermi ciclisti.

Esiste, là, un moncone di pista ciclabile. L’ultimo miglio. Il solo. Sistematicamente invaso da veicoli di ogni genere, in qualunque ora del giorno e della notte. Percorrilo, se vuoi finire al Cimitero, anzitempo, e non intendi morire nella emancipata Svizzera. Risparmi denaro. Ti mancherà, però, il conforto di Marco Cappato e Mina Welby.

Raggiungi, poi, la pista ciclabile che costeggia la litoranea di ponente. Coni di deiezione sabbiosa rappresentano un’insidia non trascurabile. Quando poi arriva la stagione della balneazione, il rischio di venire travolto da sudate o di scontrarti con una bicicletta proveniente in senso contrario, aumenta sensibilmente.

Nella zona artigianale, infine, le scene sono raccapriccianti, da post diluvio. Una fortissima ondata ha divelto i cordoli di protezione e da tempo, anche le piante spontanee hanno inoltrato una lettera di ringraziamento al Sindaco, per la sua sensibilità ecologica e l’amore della biodiversità.

Le vetture, di ogni tipo e stazza, che la furibonda ondata deposita nella pista pedonale, ogni giorno, non si contano. Sembra che i proprietari siano stati avvisati, ma nessuno di loro si precipita a rimuoverle. Evidentemente sperano nella Protezione civile, nella parata mediatica, nella passerella dei politici e nell’arrivo di risarcimenti pubblici.

Ebbene, benedetto vecchio, rimbambito oltremisura, più volte, “coglionito e rincoglionito” o meglio, prodotto miasmatico del tratto gastro-intestinale, che spesso deliri sui giornali, ti conviene andare a piedi.

“Ma come faccio? Mi piacerebbe, ma le strisce pedonali, ormai, non esistono più in città. Persino davanti alle scuole. Recati, per esempio, davanti alla “Manzoni”, per accertartene.

Evidentemente, la rantolante politica, spera che le nuove generazioni vengano falcidiate per tempo, così i “cialtroni” non avranno bisogno di andare ad insegnare nelle Università straniere, come Anna D. ad Oxford o di produrre ricerche innovative, come quella sensazionale di Tiziana Quarto, che fa il giro del mondo, ma non muove un passo a Barletta.”

Allora, non ti resta che andare in macchina, avvalendoti del pass rilasciatoti dalla rigorosa Commissione attuale. “Ma… come? Gli stalli riservati ai disabili vengono occupati da tanti automobilisti abusivi.”  Probabilmente, si saranno fatti carico della tua disabilità, a loro insaputa, e non lo sai.

Abbi, comunque, pazienza. Fra non molto, il problema verrà radicalmente risolto. Ormai, il cielo è solcato dai droni, ne compri uno, di seconda mano, e potrai liberamente muoverti per la suggestiva Barletta, volando ad altezza della testa di Eraclio.

Non ti guarderà più dall’alto in basso, il gigante, con i suoi cacicchi dalla faccia di bronzo. Finalmente, la democrazia orizzontale entrerà in vigore, con la partecipazione di tutti i cittadini, impugnanti, arma in resta, la Costituzione, nella città che fa le disfide con mercenari. Di ieri e di oggi.


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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.