LA GRATUITÀ DEI RESILIENTI FA ANCORA MIRACOLI

Come navigare senza bussola e senza stelle nel mare mosso della pandemia? Come attraversare il tempo dello smarrimento?

Antonio ce l’ha fatta, ma mostra alcune cicatrici: ferite della psiche messa a dura prova. Ancora qualche contraccolpo, nonostante il lieto fine. Lascia intravedere anche le sue risorse.

Ecco un’incursione nel mondo del contagio. Una fra le tante, ma non insignificante. Perché una cosa sono i numeri propinati quotidianamente, altra cosa i vissuti, le storie fatte di respiro corto e di pensieri interminabili: il crono che non passa, l’angoscia che ti prende, la vita in bilico: “Mi sentivo come in una barca senza motore nel mare in burrasca. Solo, in un contesto drammatico e oscillante”.

Si racconta così, Antonio Vitagliano. “Sentivo il covid addosso e non riuscivo a liberarmene, come fossi posseduto. Un incubo durato quasi un mese, in ospedale dal 21 marzo al 18 aprile”.

È un contagiato della prima ora. Narra la sua esperienza comprensibilmente nella seconda ondata. Curato al Policlinico di Bari in un clima surreale: “Medici e infermieri bravi ma equipaggiati come marziani: impossibile riconoscerne il volto com’erano bardati, impossibile una mano tesa, una carezza, una parola di conforto nell’allerta momentanea. Facevano capolino raramente, nella camera attrezzata vasta 15 metri quadri, affollata di dubbi e di pensieri”. Lì Antonio ha bevuto a lungo ossigeno e lacrime amare.

È felicemente sposato. Due figli ragazzi. Immobiliarista preparato e serio, tanti i suoi incontri quotidiani: la via anzi l’autostrada su cui ha viaggiato il covid insinuatosi nel suo corpo.

Si badi bene: Antonio non è anziano. Non accusa patologie a livello fisico. È anzi giovane e sano, persino provvisto di un fisico atletico. Segno che il covid può colpire chiunque.

Preparava la Maratona di Roma alla sua quattordicesima edizione, quando ha cominciato a sentirsi male. Nella fase più intensa degli allenamenti, le difese immunitarie si abbassano per effetto dello stress: ecco il fiato corto, la febbre, le accentuate difficoltà respiratorie, i tamponi molecolari, la polmonite interstiziale, l’ossigeno erogato, la sensazione di aver perso la memoria breve, l’isolamento prolungato… Poi, uscito dall’ospedale, lo stigma sociale, “la gente che ti scansa”…

Si commuove Antonio, durante il racconto. Dopo sei mesi è ancora scosso. Infiniti flashback gli attraversano la mente. In alcuni inciampa, e sosta dolorosamente. In silenzio. Versando lacrime. Poi chiede scusa per la debolezza, lui che dispone di un senso umano a dir poco fine.

Incontrarlo, per me ha rappresentato una grazia. Vissuta in punta di piedi per cogliere tutti gli elementi di forza ed entrare al cospetto delle sue fragilità. Disponibilissimo Antonio a manifestarli. Comunica volentieri la sua esperienza perché sia di monito ai negazionisti, a chi disdegna la mascherina e altri semplici comportamenti che invece possono fare la differenza. Lascia intendere con poche parole che la responsabilità è rigenerativa del rapporto sociale, come la tenerezza è rigenerativa del rapporto interpersonale: “Se mancano, invece…”

Ho incontrato la lucidità, la razionalità di Antonio, come il suo cuore grande. Ora, ripresa la vita familiare, l’attività di lavoro e quella sportiva, pensa al momento in cui donare il suo plasma sanguigno. Da trasfondere: “È ormai ricco, anzi ricchissimo di anticorpi, ed io perfettamente negativizzato: una selva di anticorpi per salvare altre vite! E pare che funzioni”.

La gratuità dei resilienti fa ancora miracoli.


FontePhotocredits: Renato Brucoli
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Renato Brucoli (Terlizzi, 1954) è editore e giornalista pubblicista. Attivo in ambito ecclesiale, ha collaborato con don Tonino Bello dirigendo il settimanale d’informazione religiosa della diocesi di Molfetta e il Settore emerge della Caritas, in coincidenza con il primo e secondo esodo dall’Albania in Italia (marzo-agosto 1991) e per alcune microrealizzazioni di ambito sanitario nel “Paese delle Aquile”. Nella sfera civile ha espresso particolare attenzione al mancato sviluppo delle periferie urbane e fondato un’associazione politica di cittadinanza attiva. Ha anche operato nella Murgia barese per la demilitarizzazione del territorio. Autore e curatore di saggi biografici su don Tonino Bello e altre personalità del Novecento pugliese, dirige la collana Alfabeti per le Edizioni Messaggero Padova. Direttore responsabile della rivista Tracce, collabora mensilmente con il periodico La Nuova Città. È addetto stampa per l’associazione Accoglienza Senza Confini Terlizzi che favorisce l’ospitalità di minori bielorussi in Italia nel dopo Chernobyl. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la quale ha pubblicato una collana di Quaderni a carattere pedagogico sul rapporto adulto-adolescente, gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito culturale. L’Ordine dei Giornalisti di Puglia gli ha attribuito il Premio “Michele Campione”: nel 2013 per l’inchiesta sul danno ambientale procurato da un’industria di laterizi; nel 2015 per la narrazione della vicenda umana e sportiva di Luca Mazzone, campione del mondo di paraciclismo.