Dopo la debacle agli ultimi Mondiali di calcio, l’Italia calcistica aveva, forse, bisogno di un restyling, un rinnovamento che solo una gioventù armata di passione, determinazione e carattere poteva regalargli. Ed invece il nulla. L’elezione di Carlo Tavecchio alla presidenza della Federcalcio simboleggia la staticità di una nazione che, da anni ormai, fa dell’immobilismo sociale la sua caratteristica predominante. Le frasi, a dir poco infelici, dell’attuale ‘’Capo del pallone’’ Tavecchio riguardo gli extracomunitari del calcio, ci hanno messo in una posizione di totale imbarazzo di fronte al resto del Mondo. Quel ‘’Opti Poba che prima mangiava le banane’’ non può essere in alcun modo giustificato nemmeno dai più freudiani dei lapsus.

Già, le banane. Quelle lanciate al giocatore del Barcellona, Dani Alves, durante una partita contro il Villareal. Quel frutto dell’amor che, in fondo, nasconde discriminazione, razzismo ed ignoranza. Ma, pensandoci bene, vista dalla giusta prospettiva, una banana può anche rappresentare un sorriso, il sorriso di Gianluca Sgaramella detto Furia. Ventisette anni, andriese, Luca decide un giorno di lasciare la sua Città e andare in Australia per lavorare in una fattoria di banane! Avete capito bene, un luogo dove poter riscoprire i piaceri della terra ed i sapori della vita.

Ciao Luca, cosa ti ha spinto ad andare così lontano?
L’idea dell’assoluta libertà. Sentivo la necessità di un’esperienza nuova che potesse darmi coscienza di quello che sono. Questo l’ho scoperto non solo in Australia ma soprattutto in Birmania.

Spiegaci meglio, come ti sei spostato da una parte all’altra del Mondo?
Semplice, vivevo con i proventi dei più disparati lavori che ho svolto. Essere cinque mesi in quella fattoria, lavorando sporadicamente anche come idraulico, mi ha garantito il sostentamento sufficiente per i miei viaggi. Visitare la Birmania è sempre stato un mio sogno e devo dire che mi è piaciuto molto.

Cosa hai trovato di tanto straordinario nell’ Est asiatico?
L’assenza di paura e pregiudizio verso una parte del Mondo, spesso denigrata, ma che può insegnarci veramente tanto. In Birmania ci sono rimasto per quasi un mese. Vagavo tra Yangon Bagan ed il lago Inle, erravo alla ricerca di un quid indefinito, finchè, finalmente, l’ho trovato.

E qual era?
Me stesso, era un viaggio interiore. L’emozione più grande è stata accettare l’invito di una signora del posto che ci ospitò in ‘’casa’’ sua. Si trattava di una capanna fatta di paglia e rami dispersa in una vallata di risaie. Credetemi, la superficialità che aleggia dalle nostre parti, qui si dissolve nell’umiltà di gente che ha tanto da chiedere alla vita.

E tu dalla vita cosa vuoi?
Continuare a sperimentare per poter dare ad Andria un contributo concreto. Estendere i confini di una mentalità che, pur radicata, è capace di accogliere nuove culture. In fondo, se ci pensate bene, le nostre tradizioni sono arabe, e ad un ‘’ciobbà’’ o ad un ‘’what’s’’ potremmo rispondere con un linguaggio universale, la lingua dell’amore, dell’emancipazione e della solidarietà.