“akulawi ingane nge dyslexia ongafuni kodwabengafi”
Chi di voi è in grado di leggere queste parole? Non Rossana.
Interminabili secondi seduta accanto a lei. Un tempo infinito di attesa aspettando che lei mettesse insieme quelle poche lettere per farne una parola, una sola parola. E quando riusciva a leggerla c’era sempre qualche lettera sbagliata e dovevamo ricominciare, perché per lei le parole “ballavano”.
“akulawi ingane nge dyslexia ongafuni kodwabengafi”
Ho sviluppato una pazienza infinita che non sapevo di avere. Chissà dove sei oggi, Rossana! Mi guardavi con quegli occhi nerissimi che mi chiedevano aiuto, ed io ero impotente; a volte evitavo di incrociare il tuo sguardo perché sapevo che nonostante i nostri sforzi, i tuoi, i mei, forse non saremmo riuscite nel nostro obiettivo, che tu imparassi a leggere e poi a studiare. Chissà dove sei oggi, Rossana! Ti immagino mamma, seduta accanto al tuo bimbo, sorridente mentre lo aiuti nei compiti. I tuoi occhi brillano perché ce l’hai fatta! Hai imparato finalmente a guardare le ore sul quadrante dell’orologio, a fare le operazioni nelle tua mente, a leggere da sola, ricordi anche i giorni della settimana.
Era il 2004. Quell’anno non c’era ancora la legge 170. Non c’erano gli strumenti compensativi, le misure dispensative, ed io, insegnante di sostegno alle prime armi, mi sono inventata di tutto per aiutarti. Ero io il tuo software di sintesi vocale: leggevo a voce alta per te, preparavo con te gli schemi e le mappe concettuali. Ogni giorno c’era un piccolissimo progresso. Il più delle volte era una sconfitta. I tuoi occhi si intristivano. Osservavi le tue compagne così sicure, così spedite, così veloci in tutto. E ti sentivi a disagio, inadeguata. Ma noi due non ci arrendevamo.
I DSA esistono. I disturbi specifici di apprendimento non sono dovuti a un ritardo cognitivo, anzi i bambini con DSA hanno un quoziente intellettivo pari a non meno di 85; né a un cattivo insegnamento, sebbene un bravo insegnante svolga un ruolo importante; neppure dipendono da genitori che non seguono il proprio figlio nello studio a casa.
Lo studente con difficoltà di apprendimento non è che non “vuole” studiare, non può perché non riesce in alcune attività in modo “tipico” (può svolgerle diversamente con alcuni aiuti), proprio perché ha un DSA. E l’insuccesso provoca disagio, senso di inadeguatezza, disistima, emarginazione.
E allora la legge n. 170 del 2010 ha riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), che si manifestano “in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali”, e possono compromettere in modo importante alcune attività della vita quotidiana.
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L’intento della legge è stato quello di offrire a quanti manifestano il disturbo gli strumenti (strategie compensative e dispensative) per affrontare le difficoltà ad esso correlate nell’ottica, però, di una didattica inclusiva, una didattica che si declina alla personalizzazione attraverso metodologie partecipative, costruttive e affettive, e che vede il docente e l’intero gruppo classe come protagonisti attivi del processo di apprendimento dello studente con DSA.
Eppure a volte sembra di brancolare nel buio. E proprio a scuola, luogo di formazione primaria e di promozione dello sviluppo e della crescita. Perché ci sono scuole che si sono attivate per comprendere il disagio degli studenti con DSA, recependo la legge 170 e impegnandosi per l’inclusione di questi studenti e per il loro successo formativo attraverso il dialogo con le famiglie e l’offerta di risposte idonee e personalizzate. Ma ci sono ancora scuole che non riescono a tutelare i diritti dei dislessici.
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Alcuni insegnanti sembrano aver capito: intervento didattico adattato, più tempo per le prove, misure particolari. Si mostrano accondiscendenti. Peccato che poi, in classe, durante le lezioni, lo dimenticano e si aspettano che sia il referente DSA o il coordinatore di classe a suggerire metodi e strategie.
Ben vengano allora iniziative come quella inaugurata dal Comune di Trani che ha attivato per la provincia BAT uno sportello AID (Associazione Italiana Dislessici) gratuito di ascolto e consulenza rivolto ai genitori, ai ragazzi e ai giovani con DSA e agli insegnanti. Si propone di offrire un punto di riferimento sicuro e qualificato per ricevere informazioni, suggerimenti e aiuto per l’identificazione del problema e per l’approccio riabilitativo e scolastico.
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“Perché i disturbi specifici dell’apprendimento non sono un problema insuperabile, non creano barriere, non precludono possibilità e percorsi scolastici e lavorativi di successo” ha sottolineato Mara Lentini Graziano, Presidente della sezione provinciale AID per la Bat, inaugurando lo sportello a Trani.
Un convegno è anche previsto presso il Liceo Scientifico “Nuzzi”, di Andria: finalmente, parlare di DSA, incomincia a non essere più un tabù.
I disturbi dell’apprendimento: per molti, potrebbe essere un tema banale, per altri è una difficoltà insormontabile. Aiutiamoli a superarla!
Angela Di Franco