La forza degli studenti contro Aleksandar Vučić

Negli ultimi anni la Serbia ha investito molto nelle infrastrutture. Chi spesso visita Belgrado, avrà assistito al profondo cambiamento che ha coinvolto il centro della città, in particolare nella zona della vecchia stazione ferroviaria, che è stata spostata per consentire la costruzione del Belgrade Waterfront, progetto finanziato dai soldi arabi. Lavori che hanno subito un’accelerazione all’indomani dell’assegnazione dell’Expo 2027 alla città. Questi progetti futuristici che hanno attratto investitori esteri, in modo particolare la Cina e i Paesi Arabi, hanno interessato anche altre città, tra cui Novi Sad, non forse così all’avanguardia come quelli della Capitale, ma pur sempre destinati a riammodernare vecchie strutture, come la linea ferroviaria ad alta velocità e la stazione ferroviaria ristrutturata con fondi cinesi nell’ambito della nuova Via della Seta, affidati ad un consorzio di ditte. I lavori erano iniziati nel 2021 e l’inaugurazione era avvenuta nel 2022 alla presenza dei presidenti Vučić e Orban, entrambi impegnati in quel periodo nella campagna elettorale. Il presidente ungherese non era lì per caso visto che anche l’Ungheria aveva contribuito alla realizzazione dell’opera con una ditta incaricata della supervisione dei lavori. La linea ad alta velocità, oltre a garantire ai passeggeri di raggiungere da Belgrado Novi Sad più o meno in mezz’ora, consentirà di collegare Budapest e la capitale serba in breve tempo, una dimenticanza infrastrutturale che ora può avvicinare la porta dei Balcani all’Europa Centrale. Quelle linee, un tempo costruite grazie al lavoro di russi, svizzeri, tedeschi e cinesi, ora sono state realizzate “da una Serbia ricca e stabile, che sta pagando tutto questo” come aveva detto in termini propagandistici il presidente Vučić. Nubi pesanti si sono addensate sulla qualità di quegli interventi lo scorso 1°novembre quando proprio nella stazione di Novi Sad la tettoia era crollata provocando la morte di quindici persone. Sono seguiti i giorni della commemorazione, poi quelli dell’indignazione e quindi dei sospetti, con l’opinione pubblica che ha iniziato a fare i nomi e a puntare sostanzialmente il dito proprio nei confronti del presidente Aleksandar Vučić, che gode di un elettorato forte ma che da molti è visto come un satrapo arrogante e opportunista. Il malcontento è pian piano cresciuto e ha coinvolto i giovani, gli studenti, che hanno iniziato a protestare con graduale frequenza, come quelli della Facoltà di Arte Drammatica che avevano organizzato una manifestazione commemorativa in ricordo delle vittime della tragedia nella Vojvodina. Alcuni di loro sono stati aggrediti, creando lo sdegno di tanti altri loro colleghi che è sfociata in una serie di manifestazioni studentesche in tutta la Serbia. L’insoddisfazione per la situazione politica ha coinvolto ad un certo punto anche gli agricoltori, delusi per le politiche adottate dal governo, e gli ambientalisti che vogliono preservare la regione dello Jadran che è ricca di litio ed è diventata oggetto del desiderio dell’azienda australiano-britannica Rio Tinto e di Olaf Schulz che potrebbe risollevare la crisi dell’automotive tedesca e contrastare l’ascesa asiatica assicurandosi l’estrazione dell’oro bianco. “Jadran non si dà” è lo slogan degli abitanti della regione e degli ecologisti.

La manifestazione del 22 dicembre scorso ha rappresentato il momento chiave delle proteste che ha visto sfilare decine di migliaia di persone, secondo alcuni centomila, chiedendo sostanzialmente le dimissioni del presidente serbo. Le proteste continuano ancora e le immagini vengono diffuse continuamente sui social.
Il presidente intanto non si fa impressionare da queste manifestazioni di dissenso. Ha l’appoggio del suo elettorato, soprattutto della popolazione più anziana, anche se l’opposizione non ha mancato di accusarlo di brogli elettorali nelle recenti campagne elettorali. Lui, intanto, ha seraficamente invitato alla pace e al dialogo mentre i protestanti non chiedono altro se non di vederlo abdicare dal trono che ha costruito con astuzia machiavellica in questi anni. Il suo habitat naturale è spesso la TV, dove sovente si fa vedere e che utilizza a suo piacimento. Ma guai a sottovalutare gli studenti che in questi mesi di tensione hanno dimostrato di poter scatenare un effetto domino che ha coinvolto prima i professori e i collaboratori scolastici, poi, come abbiamo visto, altri settori della società che sono insoddisfatti delle scelte della politica. Alcuni striscioni esibiti durante le lunghe passeggiate belgradesi richiamavano all’importanza del pensiero critico, indifferenti ai corpi speciali della polizia Kobre e ai servizi segreti che secondo gli studenti hanno interferito sui dispositivi dei dinostranti. Vučić ha risposto con la retorica del complotto, dell’influenza occidentale negli affari serbi. Intanto, è proprio di questi giorni il caso di una ragazza volutamente investita durante un corteo di protesta in uno dei bulevari più importanti della capitale, segno di una tensione crescente che non deve essere sottovalutata perché studenti e insegnanti hanno dimostrato di poter essere i motori del cambiamento, come la storia ha spesso dimostrato, come spesso è accaduto negli  stessi Balcani.


LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here