Mi hanno fatto sentire in colpa per essermi ammalato“. Sono parole di Antonio Attianese, soldato italiano scomparso lo scorso 24 giugno a causa di un carcinoma alla vescica contratto a seguito dell’esposizione all’uranio impoverito, durante la campagna a Kabul a cui prese parte nel 2002. Questa la sua assurda storia.

Generalmente scelgo alla fine il titolo da dare al mio articolo. Lo faccio per essere onesto nei confronti dei miei 25 lettori e, soprattutto, per tener fede a quanto scritto. Stavolta, però, il titolo è stata la prima cosa a cui ho pensato, perchè quell’espressione pronunciata da Antonio Attianese l’ho stampata nella mia mente, l’ho marchiata a fuoco, incisa nei pensieri che sento il dovere di buttar giù su questo immacolato foglio bianco.

Mi hanno fatto sentire in colpa per essermi ammalato“. A dirlo è stato un militare degli Alpini paracadutisti che ha condotto due missioni in Afghanistan. Oggi, purtroppo, Antonio Attianese non c’è più, è scomparso lo scorso 24 giugno dopo aver subìto, in tutti questi anni, ben trentacinque interventi chirurgici, a causa di un carcinoma alla vescica contratto a seguito dell’esposizione all’uranio impoverito, durante la campagna a Kabul da maggio a settembre 2002, e a Khost da febbraio a maggio 2003.

I rintocchi delle campane della Parrocchia di Sant’Egidio del Monte Albino, nel salernitano, hanno salutato un uomo che, attraverso le associazioni “Assoranger” e “Assomilitari”, da lui presiedute, ha lottato fino alla fine per salvaguardare il diritto agli indennizzi economici per le vittime di guerra.

L’ex Caporal Maggiore Attianese, in una deposizione davanti alla Commissione Parlamentare, aveva ammesso di non essere a conoscenza dei pericoli provocati dall’uranio impoverito in quelle particolari zone, un nemico invisibile sminuito dai suoi superiori che etichettavano queste voci come “infondate sciocchezze”.

Quando, invece, nel 2005, decise di adire le vie legali, chiedendo perlomeno un rimborso spese per il trattamento di chemioterapia sperimentale a cui si era sottoposto, venne convocato a rapporto da un Capitano e da altri Ufficiali che, da quanto ha dichiarato Attianese, lo minacciarono “con intimidazioni registrate sul telefonino“.

In una nota delle ass. Assoranger e Assomilitari, pubblicata dopo la dipartita del soldato, si precisa che: “Nonostante la battaglia condotta nelle sedi legali coinvolgendo la pubblica opinione per chiedere i legittimi riconoscimenti e le indennità dallo Stato, Antonio non ha ancora ricevuto le risposte dovute. Al momento del decesso e’ ancora abbandonato dallo Stato e dalle Istituzioni, dalle quali ha ricevuto dodici anni di inspiegabili omissioni e assordanti silenzi. I colleghi annunciano che “il caso Attianese” non si chiude con il decesso del collega, ma che la battaglia, che è anzitutto di civiltà e umanità, continuerà nutrita dalla partecipazione dei moltissimi militari che, in tutta Italia, hanno risposto all’appello.”

Il cordoglio unanime per la vittima di una guerra che, purtroppo, sembra continuare…