L’Olimpiade del mondo nuovo

Alle volte gli slogan sono più eloquenti ed efficaci di quanto sembrino. “A new world”, “Um mundo novo”, fu il manifesto olimpico con il quale il Brasile si presentò al mondo, non solo come punto di raccolta dello sport, ma come potenza economica, espressione di quei Paesi che vengono semplicemente catalogati come BRICS, artefici di nuova economia, chiacchierata perchè inquinante, e di una politica che vuole slegarsi dai vincoli e dal potere dell’Occidente opprimente ed egemonizzante. Soltanto due anni dopo il mondiale di calcio FIFA, il Brasile ospitò la XXXI edizione dei Giochi Olimpici non senza critiche e difficoltà. Il Paese sudamericano era riuscito ad ottenere le Olimpiadi con relativa facilità, dopo un primo turno di voti favorevole a Madrid, che ci aveva riprovato ancora. Così, all’ultimo giro, Rio de Janeiro aveva ottenuto 66 voti contro i 32 della candidata spagnola, che ancora una volta doveva rinunciare ai Giochi.

Tuttavia la vigilia meno immediata  dell’edizione brasiliana non fu delle più semplici.

Ancor prima del mondiale di calcio del 2014, durante la Confederation Cup del 2013 , erano scoppiate proteste e sommosse popolari a causa del numero elevato di investimenti che avevano comportato il rincaro dei prezzi. A un anno dall’inizio dei Giochi, solo il 60% delle strutture necessarie era stato portato a termine, così la protesta montò fino a pochi giorni dall’inizio della rassegna a cinque cerchi. A questo si aggiunsero le preoccupazioni per il tasso elevato di omicidi nella città carioca e la comparsa del virus Zika, malattia trasmessa dalle zanzare che mise in discussione la stessa manifestazione, un presagio di quello che avverrà effettivamente in Giappone quattro anni dopo. Alla fine le Olimpiadi ebbero inizio il 5 agosto 2016 e a dichiarare aperti i Giochi della XXXI edizione non fu Dilma Rousseff, decaduta dalla carica di Presidente del Brasile, ma Michel Temer, quasi a voler completare un quadro di incertezze e disorganizzazione generale che riguardava tutta la società brasiliana, finanche la politica. Ma quando Vanderlei de Lima accese il tripode, le polemiche e le incertezze del cammino di avvicinamento a Rio 2016 furono bruciate dal sacro fuoco di Olimpia che consacrò all’immortalità vecchi campioni e fece conoscere nuove icone dello sport mondiale.

A Rio de Janeiro si chiuse l’era Usain Bolt, un pò più umano del passato ma non per questo raggiungibile, che vinse 100, 200 metri e la 4×100, raggiungendo le otto medaglie d’oro. Restando all’atletica, a Rio si consegnò alla leggenda Mo Farah. Nativo del Somaliland ma vissuto in Gibuti, in tenera età arrivò in maniera rocambolesca a Londra dove scoprì il suo talento. Passato da atroci delusioni e da grandi rivincite, nel 2012 vinse i 5000 e 10000 e lo stesso fece a Rio de Janeiro, doppietta in due olimpiadi differenti, un’impresa riuscita solo al filandese Lasse Viren nel 1972 e nel 1976. Chi si riconfermò fu Rudisha che bissò la vittoria di Londra sugli 800. Al femminile Elaine Thompson fece doppietta 100 e 200 metri, portando ancora la Giamaica sul podio più alto della velocità, mentre Caster Semenya emulò Rudisha al femminile.

Michael Phelps si congedò dai Giochi con sei medaglie, cinque del metallo più prezioso, raggiungendo la cifra di ventitré medaglie d’oro, tre argenti e due bronzi in quattro edizioni dei Giochi. La vasca carioca si tinse di azzurro per l’impresa di un ragazzo emiliano che nel cuore della notte italiana vinse l’oro nei 1500: Gregorio Paltrinieri. Primo davanti a Connor Jaeger fu accompagnato sul podio da Gabriele Detti, che aggiunse a questo piazzamento anche il bronzo dei 400 sl. Parlando di leggende, Adam Peaty vinse i 100 m farfalla e al femminile stupirono le prestazioni dell’americana Ledecky e dell’ungherese Hosszú.

In Brasile Simone Biles incantò il mondo con i suoi quattro ori. La diciannovenne fu tra le indiscusse protagoniste dell’edizione sudamericana.

Si parlava di imprese leggendarie e può rientrare tra queste quella di Andy Murray che nel tennis colse il suo secondo oro consecutivo contro Juan Martin Del Potro. Non si può non fare riferimento alla vittoria sofferta ma catartica del Brasile del calcio, che riscattò in parte l’umiliazione subita dalla Germania due anni prima nel mondiale di casa, un 7 a 1 passato alla storia come il Mineirazo. Guidati da Neymar, i verdeoro batterono ai rigori proprio i tedeschi e vinsero quell’oro che da sempre inseguivano. Gli Stati Uniti furono implacabili nella pallacanestro e il sogno olimpico della nostra nazionale italiana di volley sbatté contro la forza e superiorità dei padroni di casa, che pure avevamo battuto nel gruppo di qualificazione.

L’Italia si piazzò al nono posto del medagliere con otto ori, dodici argenti e otto bronzi e almeno un doppio rimpianto. Il primo ci parla di un infortunio che valse un’assenza dolorosa, una medaglia probabile, quello di Gianmarco Tamberi, che nel meeting di Montecarlo stabilì il record italiano, ma che riportò la lesione del 50% del legamento deltoideo della caviglia sinistra. Il secondo colpì Vincenzo Nibali che cadde e si fratturò la clavicola mentre era in fuga solitaria nella gara in linea di ciclismo e non poté vincere una medaglia che avrebbe meritato e che avrebbe coronato la carriera del più forte ciclista italiano degli ultimi vent’anni.

Ma le otto medaglie ci ripagarono di tanta sfortuna.

Già detto dell’oro straordinario di Super Greg Paltrinieri, il nostro inno fu intonato per ben quattro volte nel tiro a segno con gli ori di Niccolò Campriani dai 10 metri e nella carabina da 50 metri, con Gabriele Rossetti nello skeet maschile e con Diana Bacosi nello skeet femminile. Daniele Garozzo vinse il concorso del fioretto individuale maschile e Fabio Basile fu primo nella categoria 66 kg di judo. Elia Viviani fece conoscere agli italiani l’omnium, specialità di ciclismo su pista entrata nel programma olimpico solo quattro anni prima. Un argento che valse oro fu quello di Tania Cagnotto e di Francesca Dallapè nel trampolino da tre metri sincro femminile. La figlia d’arte riuscì poi a strappare un bronzo nell’individuale dal trampolino 3 metri riscattando la beffa di Londra dove non finì sul podio per soli venti centesimi. Anche Tania si consegnò alla storia e alla leggenda dello sport italiano in una disciplina dura e alle volte tremenda nei verdetti. Tra i bronzi ancora da segnalare quello della Elisa Longo Borghini nella prova di ciclismo in linea e della pallanuoto nel torneo maschile.

Nonostante tante difficoltà i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, i primi disputati in Sudamerica, andarono in archivio con gli Stati Uniti a dominare il medagliere davanti alla Gran Bretagna e alla Cina. Il Giappone chiuse sesto con dodici ori e quarantuno medaglie complessive, un buon viatico in vista di Tokyo.

Nel gennaio 2020 un virus si stava diffondendo non molto lontano dal Giappone. Il COVID-19 stava silenziosamente invadendo i confini nazionali e sconvolgendo le vite di tutto il pianeta. Lo sport ne subirà le conseguenze e anche i Giochi della XXXII Olimpiade non ne resteranno incolumi.

Il Presidente Sergio Mattarella nel corso dell’incontro con gli atleti dei Campionati del Mondo di Nuoto di Gwangju 2019
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Rio de Janeiro – Simone Biles, ginasta dos Estados Unidos, durante final em que levou medalha de ouro na disputa por equipes feminina nos Jogos Olímpicos Rio 2016. (Fernando Frazão/Agência Brasil)

Rio de Janeiro – O jamaicano Usain Bolt, garantiu o ouro e fez história ao conquistar pela terceira vez o título de homem mais rápido do mundo nos 100 metros rasos em uma Olimpíada (Fernando Frazão/Agência Brasil)

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