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Il contributo del penalista Enrico Pessina
Il penalista Enrico Pessina nel 1882 pubblicò gli “Elementi di diritto penale”, in più volumi. Nell’ultima parte dei “Prolegomeni” del primo volume dell’opera il professore Pessina delineava i fondamenti del suo pensiero in tema di diritto e punibilità, in sei sintetici punti.
Egli ha scritto infatti quanto segue:
“1° Sono da incriminare e tutte e sole le manifestazioni dell’attività libera dell’uomo che infrangono i dettati del Diritto.
2° La pena per riaffermare il Diritto negato dee far soffrire alcun dolore al delinquente, proporzionato alla quantità e qualità del suo delitto, ed estirpare in lui per quanto è possibile le radici del delinquere.
3° L’organo della giustizia punitrice è lo Stato, non l’individuo.
4° La legge debbe essere la norma direttrice della potestà civile nella punizione dei delinquenti.
5° Niun individuo può soggiacere a pena se non dietro irrevocabile giudicato che mostri esser convincimento della coscienza sociale la reità di lui.
6° Nella esecuzione dei giudicati penali sta il compimento della giustizia punitrice, salvo i casi, prevedibili dalla legge stessa, in cui non si debba proseguire il reato o punirne l’autore”.
Il Pessina è stato un luminare del diritto e della riflessione sulla funzione della pena. I suoi studi sono arrivati a coinvolgere una diversa concezione della sfera punitiva pubblica, una concezione che coinvolgeva già l’orizzonte rieducativo e non solo quello afflittivo. Questo suo progressismo era pionieristico, soprattutto se si pensa che l’opera di cui sopra era del 1882 e quindi precedente all’illuminato codice penale Zanardelli del 1889.
Il terzo punto sottolineava l’esigenza di evitare l’autotutela penalistica, negando ogni possibilità di farsi giustizia da sé per evitare di far scadere i rapporti intersoggettivi in società in una irrazionale vendetta.
Il ruolo della razionalità diventava sempre più un valore. Oggi è un principio ben chiaro ed affermato, ma i tanti salotti che si organizzano e su cui il mondo dello spettacolo investe tende a prendere il posto che solo la giustizia istituzionale nei tribunali e nelle corti giudiziarie può occupare funzionalmente.
Il Pessina aveva anche scritto che “Niun individuo può soggiacere a pena se non dietro irrevocabile giudicato che mostri esser convincimento della coscienza sociale la reità di lui”. Malgrado vi sia un riferimento vago alla coscienza sociale, la posizione assunta dal Pessina verso la fine dell’Ottocento risultava una posizione brillantemente progressista, aderente ad una scuola di pensiero già molto garantista, a tutela – se non ancora della dimensione evolutivamente personologica – almeno dell’individualità umana.
L’individualismo liberale ottocentesco è stato poi tradito dall’organicismo corporativista del regime illiberale e dittatoriale come il fascismo in Italia. In Europa anche il comunismo sovietico ha martoriato ogni luce individualistica e garantistica, nel settore penale, in nome di vaghezze irrazionali che si contrapponevano all’esercizio delle libertà realizzative del soggetto di diritto.
Forti delle coscienze sul passato, possiamo scartavetrare le retoriche imposteci da una parte dei mass–media sulle questioni della giustizia penale odierna.