Forse solo un’arte mistica e profetica ci può salvare

L’istanza “spirituale”, quale linguaggio della crisi, pare che sia tornata di moda: c’è nell’aria un bisogno di trovare solidi agganci, per reperire indica­zioni rassicuranti intorno al difficile mestiere di esistere. In questo c’è chi si rifugia nel razionalismo o in una mentalità tecnico-pratica e chi ricorre a maghi, astrologi, teosofie misteriosofiche… con un grave pericolo: la spiritualità scade nel moralismo e si irrigidisce nel dogmatismo tiranno delle coscienze, creando un quadro arbitrario di credenze da cui far dipendere la propria correttezza e la rovina altrui.

Purtroppo né la politica con i suoi scandali mai interrotti, né la finanza con i vari giochi di borsa, nonostante la “potenza di fuoco mediatico” che possiedono, potranno salvare il mondo dal suo declino economico, finanziario, politico, sociale e morale.

In contrapposizione con questi soggetti utilitaristici e iper-liberisti sarà certamente un artista un po’ originale che, per essere tale, ha intrapreso un percorso interiore, insoddisfatto sia da risposte prefabbricate, sia da verità definite una volta per sempre. Questo cammino personale lo ha condotto là dove l’obbligo etico è vissuto come radicale responsabilità. Qui la spiritualità, intesa come stile di vita, diventa progressivamente cultura e interpretazione globale del proprio mondo quale l’arte, la politica, l’ambiente, l’impegno sociale…: a dimostrazione che tutto ciò non è arida astrazione, ma costituisce un tessuto connettivo di vita che si nutre di esperienze e ricerca di senso alimentata da una serena relazionalità arricchente.

Saranno ancora gli “artisti dello Spirito” capaci di chiamare “amici” o “fratelli” le vittime della storia: gente stanca dei soprusi e della disonestà. In proposito il gesuita spagnolo, naturalizzato salvadoregno, Jon Sobrino ricorda come “le vittime e solo le vittime aprono gli occhi alla realtà”, una realtà spesso ovattata o camuffata da chi vuole difendere privilegi usurpati. Qui nella compassione, intesa come condivisione nel dolore e, quindi, forza generatrice di giustizia e liberazione, si estende il terreno per costruire una spiritualità in vista di un mondo alternativo. L’esperienza storica, anche amara, si spiritualizza per ritornare, purificata, più efficace e più concreta.

Thomas Berry (1914-2009) ha sottolineato che spesso è nei periodi più oscuri della storia che emergono le fasi più creative, passando dalla conoscenza alla sapienza, una evoluzione che solo un reale rinascimento spirituale può effettuare. L’oscurità non deve indurre al pessimismo, ma può essere un invito ad accendere i focolai della creatività e dell’immaginazione sociale.

Si ha bisogno, ora più che mai, di un risveglio interculturale che nasca da una passione profonda per la giustizia e la compassione, in vista di un nuovo sistema economico che funzioni per tutti, di un rinnovo delle forme educative e di una filosofia dell’apprendimento che sottolinei la creatività invece dell’obbedienza, e che ritenga l’eco-giustizia essenziale per la nostra sopravvivenza.

Per un agire corretto occorre il discernimento che, a sua volta, affina l’interiorità e l’interiorità fonda le personalità. La tipica persona spirituale è abituata a frequente introspezione, ma è anche molto presente e vigile a ciò che avviene fuori. Intraprendere quindi dentro e fuori di sé questo tipo di “ricerca”, parola cara alla spiritualità, è decisamente un compito arduo e richiede un duro lavorio personale che avrà due aspetti: quello mistico, cioè di amare la Terra, e quello profetico, cioè di difendere la Terra e tutti i suoi abitanti.

Che non sia proprio vera la bizzarra idea di un “mistico ribelle” secondo il quale la spiritualità salverà il mondo?