Le ali dell’angelo Riley bruciano come pallottole stanche di causare morte…

L’impronta che il regista Pierre Morel ha dato a “Pappermint – L’angelo della vendetta” è lo stesso de “Io vi troverò”, la sua più celebre pellicola. L’action movie, con protagonista Jennifer Garner, star di “Alias” e “Daredevil”,  è incentrato sulla vita di Riley, Chris, e la loro figlia Carly. Dopo l’uccisione del marito e della bambina, per mano del narcotrafficante Diego Garcia, Riley sopperisce all’assenza di una giustizia corrotta scegliendo di vendicarsi da sola.

Tipici di un consumato blockbuster, i piani sequenza di Pappermint strizzano l’occhio alle già note americanate hollywoodiane, senza tuttavia perdere vis e capacità di catturare l’attenzione dello spettatore. Lo scopo che muove gli omicidi di Riley appare nobile e risulta difficile non schierarsi dalla sua parte. Trattasi, sostanzialmente, di un’eroina buona, di un girl power iperbolica evoluzione di un’emarginata onestà, di un cuore talmente grande da non poter essere distrutto, è la carità nei confronti dei senzatetto che fa da contraltare ad un’esistenza approssimativa impregnata di oculata violenza.

Le ali dell’angelo Riley bruciano come pallottole stanche di causare morte, effetto vitale da cui rinascere, come una fenice nietzschiana convinta che tutto torni indietro, un karma che non si ferma davanti a nulla, o forse sì, l’ennesima vita da salvare, il machiavellico fine che giustifica i mezzi, l’infernale girone dantesco mucido di droga e cattiveria.

Il perdono che la legalità concede a Riley incarna la speranza di un futuro migliore, di un arcobaleno dopo la tempesta, un mix di pacata adrenalina e vivace tranquillità. Un film che scorre piacevolmente fra clichè stantii e argomentazioni sempre attuali.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.