La follia di Putin e i nuovi equilibri militanti

Il dolore ci lambisce. Entra attraverso le immagini dei tg e dei notiziari speciali di guerra. Una guerra russa, tutta putiniana, con conseguente resistenza armata del popolo ucraino che tenta con onore di difende la propria dignità.

Il dolore ci sfiora. Di fronte alle richieste di pace di una comunità internazionale stretta in un interventismo ovattato da cautele e tanti se.

Il dolore ci tocca. Ad essere toccata, sfrattata e violata è la nostra idea di sicurezza transnazionale, ad essere caduto in un tragico insensato letargo sono i diritti umani di autodeterminazione e di democrazia liberale dei popoli. Ad essere preso a morsi è il nostro senso di umanità, di fronte agli imperialismi novecenteschi che pensavamo ormai desueti nelle forme della guerra a tutto campo, ma che purtroppo nell’imminenza sono tornati in pista. Questa tragedia imperialista puzza di un anacronismo che, come un vulcano ritenuto quasi spento, si è riattivato per minare il modello di sviluppo economico liberale degli Occidenti, in uno alla relativizzazione dei valori civili, politici e umani del diritto internazionale pubblico.

Togliere alla Russia putiniana ogni veto negli organismi internazionali di codecisione sarebbe il minimo, e occorrerebbe trovare il modo per far ciò anche all’interno della compagine istituzionale dell’ONU.

Putin, dittatore rimasto solo, fiancheggiato silentemente da una Cina che schizza il proprio interesse tra silenzi e assensi di comodo in sordina, non potrà continuare a rimanere al potere di un impero post-sovietico – repressivo ed anticollettivo – da non ripetere mai più.

Se il modello occidentalista della NATO ai tempi dei Bush non aveva più un senso, oggi ci siamo ritrovati un sistema statunitense e conseguentemente transatlantico un bel po’ più corretto, con Obama e Biden (togliendo certamente l’irrazionalismo internazionale di Trump).

Il conflitto russo-ucraino ci insegna ancora una volta il valore della pace, ma ci fa un ripasso tragico e necessario anche sul diritto innato di un popolo o di una comunità pacifica e produttiva a resistere, di fronte agli attacchi nonché ai soprusi delle tirannie anacronistiche che ritornano a intermittenza, nella storia dell’umano.

Allora si elevi un grido urgente di pace, nell’onore e nell’odore del sangue versato ingiustamente sul popolo ucraino, che porta per porta e focolare per focolare resiste col fine necessitato di poter respirare una propria primavera sociale, democratica e libertaria.

Il dolore ci coinvolge. Nei nuovi equilibri italo-UE-NATO (ai tempi di Draghi e Biden), non si avrà certamente un’evoluzione sociale preferita, ma potrà mantenersi una sorta di stabilità di comodo comune che in un minimo comun denominatore liberale ci garantisca libertà e diritti già acquisiti nel corso della storia.

Non sono i russi ma è Putin il problema, quindi la Russia putiniana. Una polveriera di guerra economica e di export-import prima, una guerra di armi distruttive di vite e città: ce l’abbiamo a due passi, in una Europa più estesa, se vogliamo. Dobbiamo utilizzare ogni strumento diplomatico per ristabilire la pace, per le vite e per l’economia delle materie prima da importare ed esportare, ma gli equilibri internazionali dovranno essere chiariti d’ora in poi.

Da un lato i libertari transnazionali della democrazia, a diverse gradazioni tra il sociale ed il liberale tradizionale; dall’altro lato i dissacratori della pace e dei diritti ribaditi dal sistema pattizio dell’ONU. Da un lato UE e USA, con tutti i popoli che raminghi da una situazione di tenaglia dittatoriale novecentesca vogliono rifiorire in una nuova primavera di libertà. Dall’altro lato dei tavoli globali quelle potenze da tenere sempre d’occhio, come la potenza ex sovietica putiniana e la potenza cinese (quest’ultima abbastanza machiavellica in tema di supporti belligeranti, sia per le armi che per l’economia ed i diritti umani).

Il dolore ucraino ci invita a partecipare, nelle piazze della partigianeria culturale per la libertà, l’indipendenza e la pace. Per degli Stati uniti di diritto umano, nel segno dell’ONU, all’insegna della giustizia.


FontePhoto by Jordan McDonald on Unsplash
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Luigi Trisolino, nato l’11 ottobre 1989 in Puglia, è giurista e giornalista, saggista e poeta, vive a Roma dove lavora a tempo indeterminato come specialista legale della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’interno del Dipartimento per le riforme istituzionali. È avvocato, dottore di ricerca in “Discipline giuridiche storico-filosofiche, sovranazionali, internazionali e comparate”, più volte cultore di materie giuridiche e politologiche, è scrittore e ha pubblicato articoli, saggi, monografie, romanzistica, poesie. Ha lavorato presso l’ufficio Affari generali, organizzazione e metodo dell’Avvocatura Generale dello Stato, presso la direzione amministrativa del Comune di Firenze, presso università, licei, studi legali, testate giornalistiche e case editrici. Appassionato di politica, difende le libertà e i diritti fondamentali delle persone, nonché il rispetto dei doveri inderogabili, con un attivismo indipendente e diplomatico, ponendo sempre al centro di ogni battaglia o dossier la cura per gli aspetti socioculturali e produttivi dell’esistere.

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