
Il 30 maggio scorso, ad Andria, parrocchia S.S. Sacramento, si è tenuto un incontro dal titolo: Povertà e Legalità – Menti Raffinatissime. Si è trattato delsesto appuntamento del percorso formativo ed informativo, Povertà e Legalità: ho un debole per i deboli, organizzato, da Ottobre 2013, dalla Casa di Accoglienza“S. Maria Goretti”.
Nell’incontro in questione i presenti hanno potuto ascoltare l’emozionante testimonianza di due uomini che, seppur con ruoli diversi e nonostante le molteplici difficoltà, cercano di combattere ogni forma di connivenza tra sanguinari criminali e “pezzi deviati delle Istituzioni”: mi riferisco a Salvatore Borsellino (fratello del Giudice Paolo) e al Maresciallo dei Carabinieri Saverio Masi (attuale caposcorta del Dott. Nino Di Matteo, pubblico ministero impegnato nel processo sulla trattativa Stato-Mafia).
Nell’occasione, tra le tante emozioni vissute, ho avuto il grade onore di poter chiacchierare amichevolmente con Salvatore Borsellino che ci ha anche concesso la seguente intervista.
Il 6 Maggio 2014 hai partecipato ad un incontro organizzato da un movimento politico a Palermo. La tua presenza su quel palco – e ad onor del vero anche la tua presenza nella città di Andria – ha innescato una serie infinita di polemiche miranti a ricondurre la tua persona in un ben preciso recinto ideologico. A tal proposito, mi ha colpito molto una frase che hai pronunciato in quell’occasione: “Io non posso fare diventare il cognome Borsellino una cosa di parte”.
Ricordo un episodio che avvenne dopo la morte di Paolo, quando un senatore del Movimento Sociale Italiano mi disse: “Il nostro sangue è stato versato in Via d’Amelio”.
Mi disse il “nostro sangue” perché Paolo era politicamente vicino alla destra storica, alla destra del Movimento Sociale Italiano. Dire oggi che Paolo era una persona di destra può essere forviante, perché mio fratello credeva in una destra che oggi non esiste più: una destra storica, ma anche una sinistra storica che ormai in Italia sono forze estinte.
Già all’epoca, quindi, ci furono dei ripetuti tentativi della Destra di allora di appropriarsi della figura di Paolo.
Ascoltare le parole di quel Senatore suscitò in me una reazione violenta perché volevo, e voglio, impedire che qualcuno tentasse di appropriarsi della figura di Paolo. Quel sangue versato era di Paolo e di nessun altro.
In molte occasioni mi è stato proposto di candidarmi per diversi partiti politici ma ho sempre rifiutato, perché credo fermamente che il cognome “Borsellino” non appartenga a nessuno; PAOLO ha sacrificato la sua vita per il bene comune: è morto per tutti gli Italiani e quindi è morto PER L’ITALIA.
Se io partecipassi a una competizione politica, farei inevitabilmente diventare il cognome Borsellino, un cognome di parte; anche se ovviamente io, Salvatore Borsellino, posso avere le mie idee politiche e posso esprimerle ma spesso, purtroppo, qualcuno tende a volermi negare il diritto di esprimerle, dicendo che mio fratello si rivolterebbe nella tomba. Ecco, non lo so neppure io quello che farebbe mio fratello: come fanno persone, che magari non lo hanno neanche conosciuto o che in ogni caso non hanno nessun titolo per parlare, a dire che cosa farebbe mio fratello?
Credo che mio fratello lo abbiano ammazzato forse anche per potergli fare dire quello che vogliono loro.
(Continua)