La grande festa per Sua Maestà
Le Olimpiadi tornarono in Europa per celebrare il Diamond Jubilee, i sessant’anni di regno della Regina Elisabetta II, divenuta sovrana del Regno Unito nel 1952, non a caso durante un anno olimpico. Anniversari tondi da ricordare, dunque, con gli stessi Giochi che erano giunti alla loro edizione numero trenta, con l’intenzione di ispirare le generazioni, così almeno recitava lo slogan. L’assegnazione vide la competizione tra due grandi città europee, Londra e Parigi, che riuscirono a superare la concorrenza importante di Madrid e a giungere all’ultimo turno di voto per stabilire a chi spettasse l’organizzazione dell’evento. Fu una vera e propria battaglia, anche verbale, che si risolse a favore della città inglese.
I britannici organizzarono per Sua Maestà una festa grandiosa, un festival delle nazioni celebrato con una punta, o forse qualcosa di più, di British pride in una delle più belle cerimonie d’apertura della storia. E non basterebbe un articolo per raccontare quello strabiliante party che vide la stessa Elisabetta parteciparvi attivamente, non solo nella protocollare dichiarazione d’apertura, ma in uno dei camei più noti della storia recente, quello con Daniel Craig, in una rivisitazione tutta olimpica di 007. Fu un omaggio alla storia del glorioso Impero e alla cultura britannica, con tanti altri altri protagonisti del cinema e dello spettacolo, tra cui Rowan Atkinson, alias Mister Bean, David Beckham e il gruppo rock degli Arctic Monkeys che omaggiarono i Beatles con Come Together. Questa festa di mezza estate aprì un’edizione straordinaria dei Giochi Olimpici.
Fu ancora l’Olimpiade di Lightning Bolt.
Era attesa la sfida con il connazionale Yohan Blake, campione del mondo in carica, ma non ci fu gara. Bolt vinse i 100 in 9”63 davanti all’altro giamaicano, mentre terzo fu il trentenne Gatlin.
Sui 200 metri si rinnovò la sfida.
L’esito fu lo stesso, primo Bolt e secondo Blake. Il terzo posto fu di Warren Weir per un podio tutto giamaicano. Questa volta i giamaicani vinsero l’oro nella staffetta 4×100 con relativo record del mondo. Nel 2017 il titolo di Pechino era stato tolto per la positiva di Nesta Carter. Caraibi ancora protagonisti sui 400 con l’oro di Grenada, ottenuto da Kirani James. A Londra iniziò l’era di Mohamed Muktar Jama Farah, per tutti semplicemente Mo Farah. Doppietta su 5000 e 10000 metri come i grandissimi della storia, due ori preziosi per la Gran Bretagna.
Renaud Lavillenie stabilì il primato olimpico nel salto con l’asta, mentre la maratona andò all’ugandese Kiprotich.
Al femminile ancora Giamaica, con l’oro nei 100 di Fraser Pryce, mentre sui 200 vinse l’americana Allyson Felix. La contestata Caster Semenya vinse l’oro sugli 800, abdicò invece la zarina dell’asta Isinbaeva, solo terza.
Negli altri sport alcune storie stupirono, come quella del kazako Vinokourov che era all’ultima gara della sua carriera. Una carriera, la sua, costellata da trionfi e da cadute umilianti, come la squalifica per doping. Riuscì a vincere davanti al colombiano Rigoberto Uran e al norvegese Alexander Kristoff. Sir Bradley Wiggins, vincitore del Tour di quell’anno, si aggiudicò la prova a cronometro, dopo le vittorie delle precedenti edizioni su pista. Tony Martin e Chris Froome si aggiunsero nell’ordine al Britannico, componendo un podio di altissimo livello. Altra storia da raccontare è quella di Andy Murray, tennista di talento, che fino al 2012 non era riuscito a imporsi sul prato di Wimbledon, il tempio del tennis. In finale battè Sua Maestà Federer e si regalò forse la vittoria più importante della sua carriera, davanti al suo pubblico. Il destino non mancherà di regalargli anche due titoli sul più prestigioso terreno del tennis.
Va ricordata la straordinaria semifinale tra Del Potro e Federer, quattro ore e venticinque minuti di battaglia che premiarono l’elvetico. All’argentino andò comunque un bronzo prestigiosissimo, vinto contro l’altro extraterrestre del tennis mondiale, Novak Đoković. Un giovane Tom Daley, beniamino di casa, accese l’entusiasmo del pubblico e ottenne il bronzo nei tuffi dalla piattaforma 10 metri. Restando in piscina, si segnalò ancora una volta la scorpacciata di medaglie di Phelps e la vittoria della Ledecky negli 800 m.
La nostra Olimpiade in piscina affogò tra polemiche e grandi delusioni, con prestazioni sotto le attese, in particolare quelle di Federica Pellegrini, con un solo bronzo e un barlume di speranza riposta nel giovane Gregorio Paltrinieri che fu ottimo quinto nella finale dei 1500 metri, ma che non riuscì nell’impresa di una storica medaglia.
Nel calcio la sorpresa si chiamò Messico che con una doppietta di Peralta battè il favoritissimo Brasile dei vari Neymar, Juan Jesus, Thiago Silva e Alex Sandro. Deluse la nazionale della Gran Bretagna che sembrò una sorta di esperimento calcistico, ma che aveva giocatori di spessore come Giggs, Bellamy, Ramsey e Sturridge.
Iniziò l’era balcanica nella pallanuoto con la vittoria della Croazia, che ci sconfisse e non ci permise di emulare il successo di Londra 1948. Restò comunque un argento importante.
Gli Stati Uniti tornarono a vincere nella pallacanestro con Kevin Durant, LeBron James e Kobe Bryant e nella pallavolo trionfò la Russia di fronte al Brasile.
Di nuovo otto medaglie d’oro per gli Azzurri dove la parte da leone la fece la scherma con tre ori. Elisa De Francisca e Arianna Errigo si sfidarono in una finale fratricida che si risolse a favore dell’atleta delle Fiamme Oro. Logico pensare che il concorso di fioretto a squadre fosse dominato dalle nostre ragazze, che furono eguagliate dall’oro della squadra maschile. La squadra di tiro con l’arco si aggiudicò l’oro contro gli Stati Uniti. Straordinaria fu la prova di Jessica Rossi nel tiro al volo, una cecchina implacabile capace di fare 99 colpi su 100 in finale. Niccolò Campriani fece lo stesso nel tiro al volo maschile, mentre Carlo Molfetta vinse l’oro nella categoria +80 kg di taekwondo.
Nove gli argenti, tra i quali vanno ricordati quelli dei pugili Clemente Russo e Roberto Cammarelle e di Diego Occhiuzzi nella scherma. Tra gli undici bronzi una menzione particolare meritano quello di Valentina Vezzali nel fioretto e della pallavolo maschile, ancora lontana da quell’oro che ci manca in bacheca.
La cerimonia di chiusura consegnò i Giochi a Rio de Janeiro.
Dopo la Cina, un altro paese del gruppo dei cosiddetti BRICS avrebbe ospitato le Olimpiadi. Il Brasile era ormai pronto per dimostrare la sua crescita al mondo con l’organizzazione delle due massime competizioni mondiali, la Coppa del Mondo FIFA nel 2014 e, per l’appunto, le Olimpiadi del 2016 a Rio de Janeiro, non certo senza malumori e contestazioni.