Una chiacchierata con Emanuel Pietrobon sulla geopolitica

Putin è un politico serio, non come in Italia … “; “La Cina ha causato il virus per diventare la prima potenza mondiale … “; “Trump non è un politico adatto all’America … “; “L’Europa non sarà mai davvero unita… “; “Erdogan poteva dare una sedia alla Van Der Layden … “

Quante affermazioni simili nelle nostre discussioni di politica tra amici durante la pausa caffè? Tante.

Ecco perché ho deciso di scrivere di geopolitica, coinvolgendo un esperto che si occupa di questo quotidianamente, a cui ho rivolto una serie di domande.

Ciao, come ti chiami, cosa hai studiato e di cosa ti occupi ora?

Mi chiamo Emanuel Pietrobon, mi sono formato in relazioni internazionali tra Italia (università di Torino), Russia (HSE), Polonia (AHE) e Portogallo (università Lusiada) e sono un politologo, scrittore e consulente per il rischio geopolitico. Le mie aree di specializzazione sono lo spazio post-sovietico, l’Europa centro-orientale, il mondo turco e le guerre ibride, sullo sfondo di un forte interesse verso demografia politica, terrorismo e religioni.

Cos’è la geopolitica e quali sono le sue aree di interesse?                        

La geopolitica è una disciplina che si dovrebbe insegnare nelle scuole, sin dalla prima infanzia, per quanto mi riguarda. La geopolitica è la geografia applicata alla realtà delle relazioni internazionali, ovvero è quella disciplina che, se studiata accuratamente e presa sul serio, può aiutare le persone a capire quanti e quali legami vi siano e intercorrano tra posizioni geografiche e politiche estere.

Perché ogni Stato modella la propria visione del mondo sulla base di elementi fissi (la propria geografia) e variabili (interessi economici, ideologia, ecc.), e capire questa verità è l’unico modo per comprendere le relazioni internazionali del passato, del presente e del futuro.

L’Italia è importante geopoliticamente? Perché?

L’Italia è uno dei Paesi più geopoliticamente rilevanti del pianeta, non è un caso che la Cina abbia approfittato del paragrafo Conte per portarci nella Nuova via della seta. L’Italia ha una posizione unica in Europa: legata al Mediterraneo (e quindi all’Africa) dalla geografia, legata alla Germania dalla catena produttiva e di valore europea, collegata ai Balcani dall’Adriatico e collegata al mondo dal Vaticano. La menzione al Vaticano è voluta: una parte significativa della nostra centralità è legata al fatto di ospitare sul nostro territorio il trono petrino. Mirabili le opere concepite in politica estera negli anni della Prima Repubblica grazie alla collaborazione tra Italia e Vaticano; oggi, però, complici la secolarizzazione e la “terzomondizzazione” del cattolicesimo, questo prezioso legame va indebolendosi.

Non indebolisce, ma anzi si rafforza, la nostra rilevanza geostrategica, che è immutabile – appunto perché siamo il centro del Mediterraneo -, e questo è vero più che mai oggi, epoca della cosiddetta “competizione tra grandi potenze”

Come si traduce dal punto di vista geopolitico la condizione attuale di globalizzazione in ambito commerciale?

Partiamo dal presupposto che la globalizzazione, così come la conosciamo, non è un fenomeno naturale, ma è un’invenzione degli Stati Uniti (sistema di Bretton Woods) che ha contribuito al benessere dell’Occidente dal secondo dopoguerra ai primi anni Duemila, quando, poi, per un concatenamento di fattori (finanziarizzazione del capitalismo, aumento critico delle delocalizzazioni, ascesa di nuove potenze che hanno messo in discussione le regole del commercio liberista, crisi cicliche della finanza euroamericana, ecc.) ha iniziato a lavorare a nostro detrimento.

Oggi, non a caso, il mantenimento in essere della globalizzazione è voluto più dalla Cina che dagli Stati Uniti. Biden, a questo proposito, sta mantenendo la stessa linea di Trump per quanto riguarda disaccoppiamento, protezionismo, nazionalismo economico e ritorno in patria di denaro e cervelli.

Quale futuro per l’Italia e per l’Europa?

Il futuro dell’Italia è cupo, ma quello dell’Europa potrebbe non esserlo – consideriamo soltanto che oltre alle Alpi vi sono personaggi lungimiranti e reali statisti del calibro di Emmanuel Macron, Angela Merkel, Viktor Orban (quest’ultimo può non piacere, ma qui il focus è esclusivamente sulla sua politica estera, che ha condotto l’Ungheria in Asia centrale, Giappone, Cina e Sud-est asiatico). Il futuro dell’Italia è cupo perché non abbiamo scuole di formazione per la classe dirigente, non abbiamo una “weltanschauung” (visione del mondo) e abbiamo paura di fare politica estera. Dilettantismo e mala-politica sono semplici conseguenze dell’assenza di quei tre elementi: non puoi aspettarti prodotti di alta qualità da una catena di montaggio arrugginita e gestita da operai di ultimo ordine.

Abbiamo le capacità, abbiamo le risorse, abbiamo un potenziale di potere morbido (soft power) tanto incredibile quanto inespresso, abbiamo le infrastrutture: ma non abbiamo la voglia, non abbiamo la meritocrazia e, soprattutto, non abbiamo il coraggio. Qualcuno direbbe che sono pessimista, io preferisco dirmi realista – e la situazione in cui siamo ne è la dimostrazione.

Nei tuoi articoli più recenti scrivi della Turchia. Qual è brevemente la politica di Erdogan sul fronte interno ed estero? È un personaggio buono o cattivo?

Non esiste il buono o il cattivo in politica: sono tutti cattivi.

La politica è amorale, anche in Vaticano, non conosce né regole né remore. Questo ci viene insegnato sui testi che studiamo noi politologi, e che studiano anche i politici e i diplomatici, firmati da Machiavelli, Morgenthau, Kissinger e compagnia. Detto questo: Erdogan è uno dei più grandi statisti in circolazione, piaccia o meno, e possiamo facilmente constatarlo da come ha messo sotto scacco l’intera Ue facendo leva sull’arma della migrazione, da come riesce ad altalenarsi tra Occidente e Russia e da come ha ricostruito una sfera d’influenza di rilievo nello spazio ex ottomano (Balcani, Medio Oriente), nel mondo turcico (Balcani, Asia centrale, Russia) e in Africa (da Nord a Sud). A livello interno mira a decostruire le fondamenta repubblicane, riducendo l’impronta kemalista e nazionalizzando le masse in senso religioso (islamizzazione), mentre a livello esterno cerca di trasformare la Turchia in una grande potenza, ergo di emanciparla dalla condizione di dipendenza dall’Occidente e di renderla un negoziatore imprescindibile presente in ogni tavolo che conta.

In qualche articolo disponibile sul web si è letto recentemente di un’alleanza commerciale ma anche geopolitica tra la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping. Quali sono le conseguenze per l’unione europea storicamente membro della Nato?

-Russia e Cina sono due partner strategici che hanno messo (temporaneamente) da parte una rivalità antica per ragioni di necessità: confrontare l’Occidente nel quadro della competizione tra grandi potenze, colmando le rispettive lacune e creando un asse adamantino che sta minando realmente le fondamenta dell’ordine internazionale liberale americano-centrico. In gioco c’è la transizione multipolare.

L’Ue, in questo contesto, non esiste. Esistono i membri dell’Ue, ciascuno con una propria visione a riguardo (Francia e Germania riluttanti a “muovere guerra” all’asse russo-cinese, Polonia che cerca di diventare una potenza di mezzo tra Germania e Russia con il beneplacito statunitense, ecc.).

BELT AND ROAD, il programma di politica e sviluppo economico a lungo termine finanziato dalla Cina che consiste in grandi investimenti in infrastrutture per collegare la Nazione con l’Europa, l’Asia, l’Africa e l’Oceania. Qual è la linea europea? L’Italia dovrebbe cogliere questa occasione o rispettare la linea NATO-Americana?

L’Italia ha già colto l’occasione della BRI, firmando un memorandum d’intesa a tal proposito, ma i memoranda non sono documenti giuridicamente vincolanti: possono essere stracciati da un momento all’altro. Mario Draghi è stato eletto nell’ambito di un più vasto riallineamento intra-europeo in direzione degli Stati Uniti, da qui gli attacchi alla Russia (caso Walter Biot), l’impiego del “Golden Power” contro le acquisizioni cinesi nei settori strategici e il viaggio di Luigi di Maio a Washington (fare ammenda della linea estera durante il Conte I e II).

Io credo che con la Cina si possa fare cooperare profittevolmente, ovvero avere introiti e ottenere investimenti tangibili, e vi sono diversi casi che lo confermano (Germania, Francia, Russia, Azerbaigian, ecc.).

Non è il nostro caso, però: la Cina protende naturalmente verso l’egemonia, quindi risucchia “centrifugamente” tutti quegli attori deboli e senza difese, come l’Italia. Basti pensare che noi per ottenere di vendere qualche tonnellata di arancia nel mercato cinese abbiamo dovuto aderire alla BRI, Macron (uomo formatosi presso la banca Rothschild, il che è tutto dire) nel 2019 ottenne accordi commerciali per 19 miliardi di dollari senza neanche sfiorare l’argomento.

Il problema, per gli Stati Uniti, perché è a loro che dobbiamo rispondere, non è la Cina – chiunque può cooperarvi -, quanto l’adesione alla BRI. L’Italia, siglando quel memorandum (già caduto nel dimenticatoio), ha commesso l’errore di autopubblicizzarsi come ventre molle d’Europa. Non è un caso che siamo stati un teatro di primo livello della battaglia degli aiuti umanitari tra grandi potenze durante la prima fase della pandemia e che continuiamo ad essere, oggi, al centro dello scontro tra Ovest ed Est.

Come la pandemia da Covid-19 ha cambiato e sta cambiando le questioni geopolitiche? Quali scenari futuri?

Le pandemie non creano nulla di nuovo: accelerano cadute già in corso, esacerbano crisi in atto e favoriscono ascese preesistenti. Abbiamo quindi la Cina che terminerà la pandemia come unica potenza al mondo con una crescita positiva del pil, una Russia che ha retto bene all’impatto, un’Italia economicamente a pezzi.

Le più gravi implicazioni saranno nella sfera della sorveglianza di massa – la pandemia ha sveltito tendenze liberticide come uso di droni per il controllo del territorio, tracciamento da remoto, spionaggio preventivo e “telecamerizzazione” intelligente – e della competizione tra grandi potenze, oggi più che mai nel vivo.

Tra i libri che hai scritto vi è L’arte della guerra segreta, di che tratta e perché dovremmo leggerlo?

Il mio libro nasce con l’obiettivo di parlare al pubblico, con un linguaggio scorrevole ed uno stile leggero, di un argomento di stretta attualità e con il quale saremo costretti a fare i conti, sempre di più e sempre più frequentemente: le guerre ibride. Io ho cercato di fare capire come, al giorno d’oggi, tutto sia o possa essere un’arma – una multinazionale, un giornale, un social network, una setta, un’organizzazione criminale, un partito politico, un’organizzazione internazionale – ricorrendo ad un’analisi comparativa di casi storici, ricostruiti attingendo da documenti ufficiali (come rapporti CIA) e ricchi di numeri e date. Ho cercato di far capire la triste realtà che si cela dietro alle rivoluzioni: molto spesso non sono che trame pilotate e destabilizzanti tutt’altro che genuine, sebbene stampa, politici e attivisti possano persuadere l’ingenua opinione pubblica del contrario. Invito i lettori a fare attenzione a ciò che gli viene detto e a ciò che leggono, perché viviamo nell’epoca della postverità, delle intossicazioni ambientali e della manipolazione di massa, mostrando loro come in passato abili strateghi siano riusciti nell’obiettivo di trasformare santi in diavoli e di polarizzare e spingere sull’orlo della guerra civile delle società storicamente coese e prive di trascorsi conflittuali. Insomma, nel mio piccolo, credo e spero di aver prodotto una piccola “opera di bene”: spero che chi legga il mio libro possa guardare alla realtà con occhi diversi, più disincantati, certo, ma anche più consci di ciò che li circonda.

Daniele Lombardi


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Chi siamo? Gente assetata di conoscenza. La nostra sete affonda le radici nella propria terra, ma stende il proprio orizzonte oltre le Colonne d’Ercole. Perché Odysseo? Perché siamo stanchi dei luoghi comuni, di chi si piange addosso, di chi dice che tanto non succede mai niente. Come? I nostri “marinai/autori” sono viaggiatori. Navigano in internet ed esplorano il mondo. Sono navigatori d’esperienza ed esperti navigatori. Non ci parlano degli USA, della Cina, dell’Europa che hanno imparato dai libri. Ci parlano dell’Europa, della Cina, degli USA in cui vivono. Ci portano la loro esperienza e la loro professionalità. Sono espressioni d’eccellenza del nostro territorio e lo interconnettono con il mondo. A chi ci rivolgiamo? Ci interessa tutto ciò che è scoperta. Ciò che ci parla dell’uomo e della sua terra. I nostri lettori sono persone curiose, proprio come noi. Pensano positivo e agiscono come pensano. Amano la loro terra, ma non la vivono come una prigione. Amano la loro terra, ma preferiscono quella di Nessuno, che l’Ulisse di Saba insegna a solcare…