L’italiano nel mondo e… in Italia!
Nonostante l’Enciclopedia Treccani abbia deciso di inserire il neologismo “Ferragnez” nel dizionario, la lingua italiana ha una storia millenaria che, nel tempo, appunto, ha conosciuto evoluzioni in ambito di accenti e slang.
Una recente ricerca di Ethnologue, pubblicazione cartacea ed elettronica di SIL International, ha stabilito, infatti, che l’italiano è la quarta lingua più studiata al Mondo. La classifica, stilata a fine 2018, vede primeggiare l’inglese, seguito da spagnolo e cinese mandarino. Secondo dati forniti anche dal Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, l’italiano ha scalzato nel gusto degli studenti persino il francese che perde, così, almeno nel parlato comune, il cosiddetto fascino chic della sua caratteristica “erre moscia”. Dibattiti politici, Gioconde, testate e calci di rigore a parte, il sorpasso comunicativo sui transalpini non può che suscitarci un orgoglio che, però, adesso, va sicuramente caldeggiato con approfondimenti e nozioni da non dimenticare.
È, altresì, vero che, in questo, l’Accademia della Crusca non ci è certamente d’aiuto, anzi. A generare confusione sono state le ultime correzioni, poi riviste, relative all’utilizzo di verbi intransitivi divenuti, di colpo, portatori sani di complemento oggetto.
Per un paio di giorni dello scorso gennaio si stava sviluppando un morbo virale. La Rete, infatti, pullulava di esempi quali “scendi il bambino” o “esci la macchina”, strafalcioni lessicali da far invidia al miglior Massimo Giurato.
E che dire del caso “petaloso”? Ad inventare il termine fu un bimbo e da allora tutti si arrogavano il diritto di dire la propria, sbugiardati, più tardi, dalla caustica ironia del compianto Umberto Eco.
L’italiano occupa, invece, il 21esimo posto della classifica delle lingue più parlate, dove a trionfare, assiologicamente, è sempre l’inglese con un bacino d’utenza che sfiora il 17% della popolazione. A completare il podio, con lo scontato cinese, c’è la sorpresa hindi-urdu, parlato da quasi 700 milioni di persone.
Insomma, quella che fu la sonorità poetica di Dante e Petrarca, la penna che ha smosso i tumulti emotivi del Manzoni, i testi soavi che hanno fatto vibrare le ugole di Mario Del Monaco e Pavarotti, oggi si prende una piccola rivincita. Già, perché, in fondo, l’italiano è l’unica lingua al Mondo che annovera parole che finiscono in vocale ed è una delle poche che si legge così come si scrive.
Guai a gongolare, però, perché il refuso è dietro l’angolo e tra un “se avrei” ed un “voglio che tu vieni” ad andarsene potrebbe essere l’analisi logica di una situazione sempre più …grammatica!