I giudici vivono l’Italia di oggi

La faccenda del Csm, la caduta di Palamara e il contorno politico di Lotti non sono frutto della stravaganza del destino, ma conseguenza delle debolezze umane. Ci sta che il potere dia alla testa e rompa gli argini delle regole. Lo vediamo tutti i giorni, non dovremmo meravigliarci e invece restiamo sgomenti. Credo che la ragione risieda nell’idea che la Giustizia con la g maiuscola sia sacra. Ma questa è una speranza che si mescola di illusione e di ideologia. La giustizia è fatta dagli uomini, dunque è costretta nel bene e nel male nel solco dell’umano.

Questa premessa aiuta, a parer mio, ad affrontare correttamente lo stupore che nasce dai retroscena, dalle intercettazioni, dai dialoghi scapestrati dei protagonisti. I quali non sono altro che specchio dell’oggi sbracato. La politica dacché esiste ha sempre curato le cose della giustizia con particolare attenzione. Solo gli ingenui si sorprendono all’idea che i partiti storici non mettessero becco nella nomina del Capo della Procura romana, cioè dell’ufficio giudiziario più importante del Paese. Ma c’erano i modi che salvavano l’autonomia dei magistrati e la primazia della politica che regola la vita di un Paese. Come ha detto Ciriaco De Mita, parlando d’altro, la politica deve pensare prima di agire. Ecco, nel caso Palamara, nessuno sembra aver pensato, pare che ognuno si sia preoccupato di fare partendo non dal pensiero ma dal tornaconto. Il risultato è questo pasticcio, che ha poco di penale e molto di incivile. Una sagra che mette a rischio non solo il totem dell’indipendenza, ma rovescia la percezione comune. I giudici da nostri angeli custodi diventano diavoli.

In realtà, i giudici non sono né angeli né diavoli. Sono uomini con le loro debolezze che diventano disastrose se ammantate di retorica togata. Forse è giunto il tempo di mettere le cose al loro posto. Forse è bene che chi amministra la giustizia non rincorra i modelli della cattiva politica del fare senza pensare, fra strafottenza e incompetenza. Oggi i politici che ci governano suggeriscono questo come chiave del successo. Ecco se anche i giudici si adeguano all’andazzo, al regime dello sfascio non manca più nulla.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).