
Il referendum costituzionale del 4 dicembre si avvicina sempre più e il Liceo Scientifico “R. Nuzzi” di Andria ha ospitato un dibattito tra un esponente del Comitato per il Sì, il sig. Vito Ballarino, e uno del Comitato per il No, l’avv. Cosimo Matteucci
Sabato 19 novembre, Liceo “Nuzzi” di Andria: va “in scena”, una vera e propria navetta di opinioni, tesi e antitesi, aperta dall’avvocato Matteucci, che ha esposto i punti principali della sua propaganda contro la riforma costituzionale. Secondo lui, i propositori e sostenitori di questo referendum hanno un doppio fine. Infatti, “quando il potere traballa, i politici cambiano le regole”.
La riforma, ha aggiunto, presenta sicuramente degli aspetti positivi, come l’abolizione del CNEL e l’eliminazione dei riferimenti alle province, ma su tutto il resto è ancora necessario trovare una convergenza delle forze politiche.
A giudizio di di Matteucci, le forze di maggioranza, potendo agire solo sulla seconda parte della Costituzione, intendono in realtà cambiare la prima. A suo dire, se il Referundum del 4 dicembre passasse, innanzitutto la sovranità non apparterrebbe più al popolo (primo comma del primo principio fondamentale della nostra Carta Costituzionale), in quanto si andrebbe a creare un premierato fortissimo da parte del Presidente del Consiglio sostenuto dal partito vincitore; in secondo luogo, la popolazione non avrebbe la facoltà di eleggere i propri senatori che, quindi, non sarebbero più rappresentanza della nazione e non riuscirebbero comunque a censurare leggi che violino la prima parte della Costituzione a causa del maggiore potere concesso alla Camera dei Deputati; infine, i soldi che si risparmierebbero non giustificano l’alterazione dei rapporti tra gli organi istituzionali: la modifica della Costituzione non è l’unico modo e nemmeno il più efficace per risparmiare denaro.
Durante la Costituente, ha insistito sempre l’avv. Matteucci, la maggiore preoccupazione era quella di redigere una Carta comprensibile dal popolo, anche attraverso la nomina di una Commissione per la Semplificazione Linguistica. Se leggessimo un articolo della attuale riforma costituzionale, invece, non avremmo la più pallida idea di cosa significhi.
Certo, l’Italia presenta un’ipertrofia legislativa, ma a dirla tutta, la velocità di approvazione di una legge non dipende dall’incessante andirivieni tra Camera e Senato, ma dalla volontà politica. Ecco perché Matteucci ha concluso: “Che c’entra la Costituzione con la pessima qualità dei politici?”
A tutto ciò il giovane rappresentante del Comitato per il Sì, Vito Ballarino, ha replicato affermando che la paura genuflette la nostra propensione al cambiamento e quindi aumenta il potere di chi, con la paura, sottomette gli altri.
A suo dire, il paragone con i grandi Paesi europei mette in luce la lentezza del nostro Stato. Le leggi che vengono approvate rapidamente non sono leggi ordinarie, ma i cosiddetti “decreti convertiti”. Un governo che dura quattro anni non ha la possibilità di legiferare proprio a causa della lentezza del processo legislativo. Con la riforma, invece, si potrebbe accelerare il tutto e abolire la navetta tra Camera e Senato.
Quest’ultimo rimarrebbe una camera elettiva e territoriale poiché i sindaci e i consiglieri regionali verrebbero sempre scelti dai cittadini che esprimono la loro volontà eleggendoli. La sovranità, difatti, rimarrebbe al popolo che la esercita attraverso i partiti, come previsto dall’art 49 della Costituzione. La Camera, ha insistito Ballarino, avrebbe sempre l’ultima parola sulla stesura di una legge proprio perché contenente sia la maggioranza che l’opposizione nel pieno rispetto della rappresentanza democratica. Quindi è vero che il Governo rafforzerebbe il suo potere, ma è altrettanto vero che è il popolo stesso ad eleggere i suoi rappresentanti che ricevono il mandato di governare.
Del resto, anche Don Luigi Sturzo, parte della Costituente, diceva che il bicameralismo italiano era un problema e andava necessariamente cambiato perché rispondente solamente ad un momento storico preciso, quello di un Paese appena affrancato dal fascimo.
Se poi gli articoli della riforma costituzionale sono lunghi e difficili da comprendere, questo è perché sono dettagliati e precisi: “Questa complessità è la nostra tutela democratica”, ha incalzato Ballarino, il quale ha aggiunto che la riforma non risponde solo alla necessità di risparmiare del denaro, ma aiuta ad avere una visione innovativa della macchina dello Stato. La sua conclusione: “Abbiamo bisogno di gente in contatto con il territorio e al servizio della comunità, che ci faccia sentire parte attiva della vita politica”.
Capisco tutto: le ragioni del sì, le ragioni de no, il referendum e la voglia di scrivere. Però gli articoli pubblicati da giornalisti, pubblicisti e non su piattaforme online godono di un privilegio, quello della facile diffusione. Proprio per questa ragione devono cercare di raccontare la verità nel modo più assoluto. Il signor Ballarino non è un “Dott.”, ed è giusto (nel rispetto della verità, del diritto di cronaca e del decalogo dei giornalisti del 1984) che la dicitura venga corretta.