
La parola rivela sensibilità, o insensibilità, rivela essenza
Dei fantasmi s’aggirano per l’Europa. Sono dei poveri cristi; per lo più, lo si legge nei volti delle loro storie. Le ONG ne parlano senza filtri, andando oltre le narrative neonazionaliste ormai di moda negli ambienti politico-decisionali.
Il ministro dell’Interno Piantedosi del governo Meloni, a Milano, rispondendo alle domande sull’approccio del suo esecutivo di destra per la questione degli sbarchi delle navi umanitarie delle ONG, le quali chiedevano all’Italia di sbarcare, ha utilizzato nel proprio linguaggio i concetti di carico residuale e di sbarco selettivo.
Sono arrivate presto le indignazioni da più parti, dal centrosinistra al mondo cattolico solidalista, al mondo dei moderati fino a quello dei radicali.
Il linguaggio che utilizziamo per i migranti, come per i non migranti, è importante. La parola come sostanza, e non solo come forma o pro-forma, rivela sensibilità; rivela essenza.
L’Unione europea non ha la competenza a stabilire che un certo richiedente-asilo sia destinato ad una sistemazione in un determinato Paese eurounionale; ed infatti le cosiddette redistribuzioni che sono state fatte un po’ di tempo fa erano state sostenute sulla base di normative dei Trattati che consentivano alla U.E., su base temporanea nonché in situazioni di forte emergenza, di agire in tal senso. La Commissione europea, dal canto suo, sonda la situazione pratica in ogni caso eclatante venuto alla sua attenzione e richiede disponibilità a quei diciotto Paesi eurounionali che si sono dichiarati disposti a fare qualcosa su base volontaria. È bene ricordare l’iniziativa normativa di matrice popolare denominata “Welcoming Europe”, per una legalizzazione e regolarizzazione dei flussi migratori che possa partire dalla abrogazione delle sanzioni a carico di chi si trova ad aiutare l’emigrazione alle frontiere, per poi passare ad una strutturale conciliazione tra il rispetto dei diritti umani ed il rispetto dell’ordine pubblico (di tipo securitario-umanitario, e non di tipo meramente autoritaristico-neonazionalistico). Su questi aspetti sarebbe bello avere un esercito europeo, che possa contribuire a garantire sul campo i diritti umani degli aventi diritto, ed al contempo dispiegare forze e mezzi per la prevenzione dei rischi terroristici.
I numeri aiutano a riflettere sulla realtà al di là delle narrative ideologicizzate o ideologicizzabili: le domande d’asilo presentate nel territorio U.E. durante gli ultimi dieci anni – dal 2012 al 2021 – sono state 6.511.970; il numero delle domande d’asilo presentate in Italia nel medesimo arco cronologico si registra sulla cifra di 628.200, pari al 9,1 per cento del totale. Qualche anno fa anche le forze della cosiddetta sinistra radicale (più a sinistra del PD), con la eurodeputata rifondazionista Eleonora Forenza, in Parlamento europeo, hanno sostenuto una visione utile a distribuire i migranti in base al PIL dei vari Paesi eurounionali. Se vi fosse stata una normativa U.E. di questo tipo, l’Italia avrebbe comunque dovuto accettare un numero maggiore di profughi, rispetto al numero registrato tra quelli che sono effettivamente arrivati nella nostra penisola.
I numeri sono importanti. Ed anche le parole di fronte ai numeri, soprattutto le parole – che di quei numeri dovrebbero avere coscienza – utilizzate da chi riveste ruoli ministeriali e politici importanti, peculiari.
Il linguaggio che utilizziamo per i migranti, come per i non migranti, è indicativo. La parola come sostanza può rivelare sensibilità, o insensibilità; può rivelare essenza costruttiva, o disgregativa.
[…] Migrazioni, politica e decisioni: la forza della parola […]